Misto voci senza panna

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Margherita Reguitti

11 Aprile 2023
Reading Time: 4 minutes

Le sue imitazioni fanno tremare i polsi alla politica e al Vaticano. Dalla radio al teatro, il one man show triestino è sempre sulla cresta dell’onda. “Spero di poter tornare in tv”

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Ama la puntualità, si sente “nel suo” in radio e in teatro, nessuna soggezione davanti a un microfono o a una telecamera. Premio Tomizza nel 2022, ama Trieste, con sentimenti contrastanti. Gli mancano le estati in costiera ma nella “sua tana” di Milano, dove vive e lavora da oltre 10 anni, la scrittura e la musica gli fanno compagnia. Le prime esperienze di attore radiofonico da bambino e non si è più fermato.

Personaggio eclettico, imitatore temuto, irriverente ma garbato, presentatore, autore, one man show e pianista. Stiamo parlando di Andro Merkù, la voce che ha fatto tremare i polsi alla politica, da Berlusconi a Renzi a Conte. Ma anche in Vaticano le sue imitazioni da “ragazzaccio” hanno lasciato il segno.

Laureato al D.A.M.S. di Bologna con una tesi sulla regia lirica di Giorgio Pressburger, è cresciuto in un milieu di intellettuali e artisti, avendo come riferimento il padre Pavle, dal quale ha appreso la passione per la musica mentre la madre Marta, insegnante di inglese e appassionata di letteratura di oltre Manica, lo ha fatto innamorare di Shakespeare.

Dopo aver lavorato a “La Zanzara” su Radio24, dal 2020 è a Radio Monte Carlo, nella “frizzante combriccola” di “Bonjour Bonjour” con Stefano Andreoli, Davide Lentini e Monica Sala, e Mattia Brena alla regia.

Giornalista pubblicista (consigliere nazionale di lungo corso dell’Ordine) è fra i fondatori di un nuovo sindacato che punta a far dialogare giornalisti, operatori della comunicazione ma anche editori in un mondo in continua e significativa evoluzione. A teatro propone one man show di cabaret, parodie e imitazioni, uno spettacolo essenziale, senza barocchismi; la sua voce e un pianoforte: “Mistovoci senza panna”.

Andro, quando le prime imitazioni?

«Giocando con mia sorella Jasna, imitando i parenti, poi a scuola per la “gioia” dei docenti. Fin da bambino ho bazzicato gli studi radiofonici con mio padre, programmista e regista alla sede Rai di Trieste e mi sono stati offerti ruoli di attore caratterista in lingua slovena. Ero la voce di folletti, gnomi e a volte, pensi un po’, vecchietti. Ho capito subito cosa volevo fare: l’attore o l’etologo. Per comodità ho scelto di laurearmi al DAMS di Bologna visto che in Italia, erano gli anni ’80, non esistevano facoltà di etologia».

Cosa serve per essere un bravo imitatore?

«Un grande orecchio, non scherzo. Alcuni pensano che sia questione di corde vocali. Non è così: bisogna saper ascoltare, osservare ed essere molto curioso. In questo mi aiuta l’essere giornalista, avere il senso della notizia, presa e trasformata in uno sketch. Mio padre, musicista e compositore, “orecchio assoluto”, mi ha iniziato all’ascolto della musica e, anche se non mi definisco “musicista”, mi piace accompagnarmi al pianoforte durante i miei spettacoli».

Dopo le memorabili imitazioni, politicamente scorrette, a “La Zanzara” come è stato passare a Radio Monte Carlo?

«Bellissimo. Sempre di satira si tratta ma con un mood diverso, direi più elegante rispetto ai precedenti scherzi e imitazioni “più birboni”, ma sempre senza volgarità e con contenuti interessanti per il pubblico. Questo è importante, perché la democrazia di un Paese si valuta dalla libertà di espressione».

Cosa significa per lei avere radici in una città e una regione di confine?

«Una ricchezza in più. Trieste è una città aperta e curiosa verso gli altri, luogo di intreccio di lingue, culture, religioni diverse. Il confine è per me luogo di passaggio e incontro di persone e idee, più punti di vista per avere maggiori opportunità di scelta. Certo una città affascinante che però mi suscita sentimenti anche contrastanti».

Come si trova a Milano, quanto le manca la “costiera”?

«Mi trovo bene e da un punto di vista professionale e personale mi ha offerto opportunità inimmaginabili a Trieste. Certo mi mancano molto la mia famiglia, che mi ha sostenuto in questa scelta, gli amici e il mare, i colori e i sapori di Trieste. Appena posso ci torno».

Perché una tesi su Giorgio Pressburger?

«Due fattori scatenanti: era il 1976 e Giorgio, grande intellettuale curioso e capace di sorprendere come nessuno, mise in scena l’opera lirica di mio padre “La libellula” al Verdi di Trieste. Io scorrazzavo dietro le quinte affascinato. Alcuni anni dopo, alla prova generale del “Macbeth” di Verdi all’Opera di Roma, presenti autorità e artisti, Giorgio all’improvviso fermò la musica e il canto e gridò: “Piccolo Merkù cosa ti sembrano i raggi laser in scena (fu tra i primi a utilizzarli in teatro). Ti piacciono?”. “Certo”, risposi, orgoglioso e sorpreso che lo avesse chiesto proprio a me».

Il suo rapporto con la cultura triestina?

«Una relazione in naturalezza, frequentando gli amici di papà e mamma, intellettuali, artisti, musicisti e attori. Claudio Magris e Marino Voci per citarne un paio. Persone che ho conosciuto e poi ho studiato al liceo e all’università».

Il dono più grande che ha ricevuto dai suoi genitori?

«La libertà di scegliere; non mi hanno mai imposto alcunché e mi hanno donato la loro conoscenza e passione per l’arte e la cultura. Mio padre era la mia “enciclopedia”, quando avevo un dubbio chiamavo lui».

Un sogno da realizzare?

«Mi sono trovato molto bene durante l’esperienza a “Striscia la notizia” e spero dunque, da artigiano della voce quale mi considero, di poter tornate in televisione. Ma anche di proseguire il cammino iniziato in teatro nel 2010 con lo spettacolo “Bravo ma basta” che prosegue con “Mistovoci senza panna”».

In chiusura alcune domande a risposta secca: terra o mare?

«Mare».

Vinile o spotify?

«Vinile».

Libro o film?

«Libro».

Vino o birra?

«Un buon bicchiere di vino».

Jazz o classica?

«Jazz».

Estate o inverno?

«Estate».

Campagna o città?

«Città, con fughe nella natura che amo».

William o Harry?

«Da ribelle: Harry».

 

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