La parabola inversa di Zoran: da film a romanzo

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redazione

14 Maggio 2014
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Scritto dal giornalista Gianmatteo Pellizzari

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Mentre le due recentissime candidature ai David di Donatello arricchiscono un medagliere che include già dodici premi, la commedia più alcolica della stagione è pronta a trasferirsi dal grande schermo alla carta: uscirà infatti il prossimo 21 maggio, per BUR Rizzoli, Zoran il mio nipote scemo, il romanzo che il giornalista e scrittore udinese Gianmatteo Pellizzari ha tratto dalla sceneggiatura del film (firmata dal regista Matteo Oleotto assieme a Daniela Gambaro, Pier Paolo Piciarelli e Marco Pettenello).

Un film e un romanzo che raccontano la provincia, e il Friuli in particolare, senza fervori documentaristici, senza regionalismi e senza oleografie, «con la stessa poetica scontrosità – sono parole di Pellizzari – di cui la terra friulana è fatta». E anche, va detto, con lo stesso umorismo aguzzo. Quell’umorismo che pochi conoscono e che il successo di Zoran ha sicuramente contribuito a svelare.

Chi è, dunque, Zoran Spazapan? È il nipote che Paolo Bressan (interpretato, al cinema, da Giuseppe Battiston), quarantacinque anni buttati tra vino ed egoismo, non sapeva di avere. E cosa può nascere dall’improvvisa collisione tra un uomo alla deriva, ubriacone e misantropo, e un timidissimo sedicenne forbito e occhialuto? Il truce Bressan e il buffo Zoran lo scopriranno insieme di fronte a un bersaglio per le freccette, grazie al talento nascosto, quasi magico, del ragazzo. Un irresistibile gioco delle parti, ambientato dove il Friuli sfuma nella Slovenia e la Slovenia nel Friuli, che oppone la bieca solitudine di uno zio alla disarmante dolcezza di un nipote.

Dopo le ovazioni alla 70° Mostra del Cinema di Venezia, interruttore che ha fatto scattare il lungo cammino di Zoran (50 festival all’attivo, da Lisbona a Pechino, ottimo successo in sala e in home video), l’opera prima del regista Matteo Oleotto rivive dunque attraverso le pagine di Pellizzari. Pagine in cui, citando la bella prefazione di Battiston, «si ritrovano l’anima autentica di Zoran, tra lacrime e risate, e un Friuli Venezia Giulia raccontato in modo sincero, discreto e non patinato, così come nell’idea di Oleotto».

E ancora (sempre citando Battiston): «Quando si parla del Friuli non si può evitare di fermarsi un momento a pensare al vino, elemento fondante della cultura friulana, prettamente contadina. Vino come veicolo di conoscenza e di convivialità, vino come espressione di una terra ricca di colori, vino che Paolo Bressan beve in gran quantità… Ecco il fil rouge del film e del romanzo: il collante che tiene insieme le esistenze strampalate dei personaggi».

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