A Palmanova il Museo Regionale della Resistenza

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redazione

26 Giugno 2023
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Sarà realizzato nella ex Caserma Piave che fu uno dei principali centri di repressione antipartigiana regionali durante la Seconda guerra mondiale

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PALMANOVA – È stato presentato stamattina il progetto di fattibilità del nuovo Museo Regionale della Resistenza nella ex Caserma Piave a Palmanova, in quella che fu uno dei principali centri di repressione antipartigiana regionali durante la Seconda guerra mondiale.

Prima dell’inizio della presentazione, il vice presidente della Regione con delega alla Cultura, Mario Anzil, assieme ai consiglieri regionali, amministratori locali e studiosi presenti, ha visitato le celle della ex caserma Piave dove tra settembre 1944 e aprile 1945 operò il principale centro repressivo antipartigiano della Bassa friulana sotto il comando tedesco.

Qui furono torturati e uccisi centinaia di persone tra partigiani e dissidenti del nazi-fascismo, di molti dei quali le pareti delle celle conservano ancora struggenti messaggi. In otto mesi, dal settembre 1944 all’aprile 1945, nella Caserma Piave vennero massacrati 465 uomini e donne, imprigionati e torturati all’incirca altri 700 partigiani o supposti tali.

“Preservare la memoria della comunità deve indurci a non ripetere gli errori del passato, a volte degenerati in tragedia. Su certi argomenti non dovrebbero esserci divisioni o obiezioni determinate da visioni politiche differenti. I complimenti all’iniziativa dalla Regione e rimango a disposizione se potremo dare un aiuto al percorso di realizzazione del progetto. La storia attraverso le testimonianze e l’esperienza diretta di certi luoghi ha una forza comunicativa importante, utile anche alle nuove generazioni”, ha affermato Anzil.

Alla presentazione hanno partecipati anche il sindaco di Palmanova, Giuseppe Tellini, e i componenti della commissione tecnico scientifica che stanno seguendo la realizzazione del progetto, il professor Andrea Zannini e Vania Gransinigh.

“Il Museo – ha aggiunto l’assessore comunale alla cultura, Silvia Savi –, oltre ad avere una collocazione storica di rilievo regionale al pari della Risiera di San Sabba, offrirà l’opportunità di valorizzare, in un sistema di rete, anche i siti degli ex campi di concentramento di Visco e di Gonars. Il Museo avrà principalmente una fruizione didattica oltreché una destinazione culturale che andrà a completare l’offerta che oggi il Comune sta approntando con la ristrutturazione del Museo civico comunale, l’ampliamento del percorso di visita delle gallerie, il centro visita multimediale sui bastioni, e la gestione del Museo storico militare di Porta Cividale che il Comune ha da tempo richiesto al Ministero della Difesa”.

Il percorso che ha portato all’avvio della progettazione del Museo della Resistenza del Friuli Venezia Giulia nell’edificio della ex caserma veneta Piave di Palmanova iniziò nel 2002-2006 con la delibera comunale della Giunta Muradore-Cressati che avviò i primi interventi di manutenzione delle celle. Nel 2013 il Consiglio comunale del sindaco Martines votò all’unanimità un ordine del giorno per la realizzazione del Museo della Resistenza. Lo stesso ordine del giorno venne poi approvato dai Consigli comunali di oltre trenta Comuni del FVG tra cui Trieste e Udine.

Nell’aprile 2021 è stata nominata una Commissione scientifica composta da 11 membri in rappresentanza dell’Università degli Studi di Trieste e dell’Università degli studi di Udine, dell’Istituto friulano per la storia del movimento di Liberazione, dell’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia (Irsec Fvg), del Comune di Udine, medaglia d’oro al valor militare della Resistenza – Musei civici di Udine, dell’associazione nazionale partigiani d’Italia e del Comune di Palmanova.

Attualmente il Comune dispone di circa 450.000 euro di risorse, la gran parte fondi regionali ricevuti in più tranche e la restante parte fondi comunali.

“Il restauro proposto – ha sottolineato l’architetto Giovanni Tortelli, dello studio GTRF Tortelli Giovanni Frassoni Roberto Architetti Associati che ha curato lo studio di fattibilità – è indirizzato alla valorizzazione del percorso verso le celle che imprigionarono i detenuti politici. Luoghi che non verranno stravolti: ogni segno è fondamentale per capire il dramma consumato in questi spazi. Il primo lotto funzionale servirà a ridare dignità all’ingresso verso la città attraverso la valorizzazione dell’area verde retrostante alla caserma. Dopo questo, sono previsti ulteriori interventi per dare completezza ad una struttura museale, come una biblioteca, un archivio documentale e uno spazio per esposizione temporanee per rinnovare e attualizzare il tema della resistenza e delle resistenze”.

Tra l’autunno 1944 e l’aprile 1945 la caserma Piave di Palmanova fu uno dei più importanti  centri di repressione antipartigiana, istituito dai nazisti con lo scopo di debellare le attività della Resistenza della Bassa Friulana, situata nell’Adriatisches Küstenland, la Zona di operazioni Litorale adriatico, che sotto diretta amministrazione del Reich includeva le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana, sottratte formalmente al controllo della RSI. All’interno della Piave operavano bande di nazi-fascisti italiani, tra cui la famigerata “banda Ruggiero”.

Secondo i dati emersi nel processo celebrato nell’ottobre 1946 dalla Corte d’Assise Straordinaria di Udine, a carico della “banda Ruggiero” appaiono i nomi di 543 detenuti fra uomini e donne, e 231 segnalati come morti “per tentata fuga”. A costoro vanno aggiunti i 234 torturati e trucidati da parte delle “banda Borsatti”. Molti dei trucidati non furono registrati e quindi non identificabili. Nei giorni seguenti alla Liberazione, nella Caserma “Piave” si acquartierarono truppe inglesi. A causa del fetore esalato dai pozzi neri, venne effettuata una bonifica: da essi fuoriuscirono numerosi resti di corpi umani, tali da ostruire tutti i condotti. Per anni si sarebbe continuato a scavare nei pressi di Porta Aquileia e nei bastioni della città, e continui furono i ritrovamenti di salme li seppellite, delle quali non fu possibile risalire all’identità.

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