Piçul Friûl

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Colonia Caroya è una vera città friulana, dove feste, tradizioni e identità rimandano da oltre un secolo alla terra d’origine degli emigranti che la fondarono nel 1878. Qui si parla friulano e si mangia friulano. E i piatti della tradizione attirano persone dall’intera provincia di Córdoba

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Da sinistra Michele Tomaselli del Comitato Friulano Difesa Osterie, Dario Zampa e Mauro Tonasso presidente del Fogolâr Furlan di Santo Domingo

Da sinistra Michele Tomaselli del Comitato Friulano Difesa Osterie, Dario Zampa e Mauro Tonasso presidente del Fogolâr Furlan di Santo Domingo

COLONIA CAROYA (Argentina) – La festa della vendemmia a Colonia Caroya, nella provincia di Córdoba in Argentina, è un appuntamento che mantiene solidi legami con la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.

La locale comunità, infatti, è costituita, per la stragrande maggioranza, da discendenti di emigrati friulani, qui arrivati alla fine del XIX secolo dopo aver lasciato la propria terra. Nel 2023 la consueta kermesse dedicata all’uva si è svolta il 13 marzo, data individuata per rendere omaggio al 15 marzo 1878, anniversario di fondazione della città.

Un tuffo nella storia

Da un manifesto affisso in Friuli nel 1877, sappiamo che a bordo dei vapori “Sud America”, “Europa” e “Nord America” partirono numerosi gruppi friulani. Il viaggio, da Genova a Buenos Aires, durava 26 giorni e i passeggeri imbarcati erano oltre il migliaio.

Nel volume “Coloni friulani in Argentina: 1877-1880” di Gino e Alberto di Caporiacco, si riporta la testimonianza di Giuseppe Miani, partito nel novembre del 1877, che scrisse «di aver compiuto felicemente la traversata e di non aver sofferto nulla né in mare né in terra. Il mare era stato sempre tranquillo, fuorché un giorno in cui vi fu una piccola burrasca (…)».

Giuseppe Del Negro afferma «di aver fatto un viaggio bellissimo e molto ben trattato (…). Quelli che  partirono il 1° febbraio con il vapore “Nord America” scrissero di aver fatto buon viaggio. Soffrirono di stomaco solo il primo giorno. Erano a bordo 1.500: vi fu una nascita e un decesso. Compirono il viaggio in 23 giorni».

Dopo lo sbarco gli emigranti friulani venivano ospitati nelle “Case dell’emigrazione”, secondo quanto disposto dall’art. 42 della Legge 817/1876. Il periodo di sosta variava a seconda dei luoghi da raggiungere, ma quasi mai superava i venti giorni. Le principali rotte migratorie si dislocavano tra il Paraná, fino all’altezza di Santa Fe in direzione Córdoba, Jesús María e Colonia Caroya, e tra Reconquista e Resistencia.

Le colonie erano di due tipi: governative e provinciali. Colonia Caroya era governativa. Un gruppo di emigranti friulani qui giunse il 15 marzo 1878.

Breve diario di viaggio

Ho avuto l’onore di partecipare alla rinomata festa provinciale della 53ª Vendemmia e della 44ª Sagra nazionale dell’Uva di Colonia Caroya, in Argentina, tra l’11 e il 12 marzo 2023, assieme all’amico Vincenzo Venchiarutti e al cantautore friulano Dario Zampa.

Colonia Caroya è vera “città friulana”, che i suoi abitanti chiamano affettuosamente “Piçul Friûl” (piccolo Friuli). Del Friuli, infatti, mette in risalto aspetti tipici: le feste, le tradizioni e l’identità culturale. Qui si parla friulano, si mangia friulano…

Da sinistra il sindaco di Colonia Caroya, Gustavo Brandán, Vincenzo Venchiarutti e la consolegenerale Giulia Campeggio
Da sinistra il sindaco di Colonia Caroya, Gustavo Brandán, Vincenzo Venchiarutti e la console
generale Giulia Campeggio

Come anticipato, qui si celebrano: la festa della vendemmia, la sagra dall’uva, ma anche la festa del salame, della polenta e del “Codeguín”. Il vino e i salami del territorio sono conosciuti oltre la provincia di Córdoba e richiamano visitatori, che, sempre numerosi, non disdegnano la cucina friulana tanto da ricercarla nei ristoranti della città.

Sabato 11 marzo si è tenuta la cerimonia con la sfilata di apertura della 53ª “Festa provinciale della vendemmia”. Presentazione dello spettacolo “Herederos de nestre tiare” ed esibizione del gruppo musicale Furlan di Doman con incoronazione di miss Regina Provinciale della Vendemmia.

L’indomani, nella Casa del Friuli, albergo e ristorante costruito dall’impresario tramontino Domenico Facchin, si è svolta la riunione con i rappresentanti dei Fogolârs giunti a Colonia, guidata dal presidente del locale sodalizio, Luis Grion. Presenti una decina di delegati fra i quali: i giovani presidenti dei Fogolârs di Apostoles (Misiones) e San Francisco (Córdoba), nuove realtà venute alla luce pochi anni fa.

Poi ha preso avvio la grande festa che si è concentrata lungo il viale alberato con un palco allestito davanti alla Casa del Friuli, dove autorità, ospiti, cori, complessi, balletti folcloristici, hanno proposto le loro esibizioni fino a tarda sera. L’amico Dario Zampa si è esibito sul palco. Inimitabile cantautore friulano qual è, non ha tradito le aspettative, regalando al pubblico uno spettacolo ricco di emozioni.

L'esibizione di Dario Zampa
L’esibizione di Dario Zampa

Il baule dei migranti

Le loro storie si assomigliano tutte e hanno le radici in coloro che un bel giorno decisero di partire stipando sogni e speranze dentro un baule. Il padre di Julio, Elvino Di Poi, cugino di Vincenzo Venchiarutti, aveva combattuto dapprima nella guerra civile spagnola e poi nella campagna del Nord Africa, tra Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco. Durante un combattimento, ferito, venne catturato e quindi fatto prigioniero.

Alla guida di un’ambulanza, riuscì a fuggire e a riparare in luogo sicuro. Il 22 ottobre 1950 lasciò il Friuli per raggiungere l’Argentina, assieme alla moglie Maddalena, ai figli Sergio di 5 anni e Julio di 5 mesi. Di professione fabbro, qui fondò una carrozzeria tutta sua.

All’ingresso della casa di Julio è ben in mostra il baule di legno con cui la famiglia Di Poi attraversò l’Oceano Atlantico a bordo della nave “Corrientes”.

Il baule di legno della famiglia Di Poi
Il baule di legno della famiglia Di Poi

Proseguo il viaggio e raggiungo in aereo San Juan, capitale dell’omonima provincia nella regione del Cuyo, qui ospite della cugina di Vincenzo, Susanna-Venchiarutti, e di suo marito Alberto Aubone. Una famiglia conosciuta anche perché Anna Fabiola, che è una delle loro figlie, è deputata della Nazione Argentina, eletta dopo aver ricoperto il ruolo di ministro del governo di San Juan.

Le cantine ai piedi delle Ande si chiamano bodegas e sono tantissime, potreste tranquillamente passare una settimana intera, visitandone decine al giorno, senza mai ritornare nelle stesse. La provincia di San Juan è patria del vino più famoso dell’Argentina: il delizioso Malbec. Un vino rosso, corposo, ma morbido, ha note di frutta matura e confettura, con prevalenza di frutta nera.

Una giornata è dedicata alla visita del Parco di Ischigualasto, area inserita nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Si estende per 603 chilometri quadrati a un’altitudine di circa 1.300 metri. La vegetazione è tipica dei paesaggi desertici (arbusti, cactus e rari alberi). Un territorio arido, dunque, che ha portato alla definizione di Valle della Luna a causa dell’aspetto aspro e lunare.

Buenos Aires

L’ultima parte del viaggio la passo a Buenos Aires, ospite della “Sociedad Friulana”, detta “la none” per essere il più antico Fogolâr Furlan dell’Argentina, fondato nel 1927. La calorosa accoglienza del presidente Eduardo Dino Baschera mi ha fatto apprezzare questo angolo di Friuli ai confini del mondo, grazie alle molteplici attività che porta avanti, corso di lingua friulana compreso.

La domenica successiva partecipo alla festa del 58° anniversario di fondazione dell’“Unione Friulana Castelmonte”: fogolâr gestito dal presidente Giovanni Chialchia, sodalizio che opera in sinergia con la parrocchia di Nuestra Señora de Castelmonte. Questa chiesa è gestita dalla Diocesi di Udine e custodisce una copia della statua della Madonna di Castelmonte.

Grazie a don Claudio Snidero, prete originario di Sant’Andrat dello Judrio (Corno di Rosazzo), la missione riesce ad andare avanti.

Per concludere non posso altro che confermare quanto mi scrive Zampa: «Quello che mi è rimasto impresso, alla fine di questo viaggio, è l’orgoglio dei discendenti friulani d’Argentina nel mantenere i valori e le tradizioni trasmesse dai padri, dove sono ancora ben radicate le radici identitarie di un Friuli che diversi di loro conoscono solamente per sentito dire».

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