Anne Mäenurm, Silva Lupanica

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I boschi planiziali della bassa friulana le ricordano la sua Estonia. E proprio tra gli alberi di questi luoghi naturali unici ha fatto una scoperta capace di attirare l’attenzione di studiosi da tutta Europa

Anne Mäenurm
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Anne Mäenurm posa con il suo ultimo libro

Mentre parla, Anne Mäenurm misura con attenzione le parole. E si osserva attorno. Con gli occhi e con la mente cattura ed elabora rapidamente quanto accade. Caratteristiche determinanti quando, in mezzo all’immensità della natura, bisogna saper cogliere l’istante esatto che trasforma uno scatto fotografico in emozione pura e non in una semplice immagine.

Anne, lei è arrivata in Friuli dall’Estonia nel 2003 e si è subito trovata a casa, tanto che oggi risiede a Torviscosa. Come mai?

«Ci sono molte similitudini tra le due realtà. La principale è rappresentata dai boschi planiziali, luoghi che mi hanno spinto a conoscere meglio questo territorio perché al loro interno mi ritrovo a casa. Adoro la pianura friulana proprio perché ricorda per caratteristiche fisiche la mia Estonia dove, a differenza del Friuli, mancano le montagne visto che il punto più alto raggiunge i 318 metri sul livello del mare».

Nella sua vita la fotografia ricopre un ruolo fondamentale: quando è nata questa passione?

«Fin dall’infanzia. A mia mamma piaceva scattare foto e, successivamente, fece costruire in casa nostra la camera oscura per poterle sviluppare. E così, seguendo l’esempio materno, io iniziai a scattare fotografie con la sua macchina mentre mio fratello le sviluppava nella camera oscura».

Che genere di fotografie scattava?

«Vivevamo in campagna e stavamo in mezzo alla natura e agli animali: avevamo cavalli, pecore, mucche… Eravamo piuttosto isolati: le prime case si trovavano a tre-quattro chilometri da noi e non avevo tanti amici con cui trascorrere il tempo. Così andavo alla scoperta del bosco assieme al mio cavallo e fotografavo le meraviglie della natura. Mentre mio fratello restava chiuso nella camera oscura a concretizzare i miei scatti. Poi ho dovuto smettere di fotografare per dedicarmi a diversi lavori. Ma la passione non è mai venuta meno».

Infatti dopo il suo arrivo in Italia, quella passione si è trasformata in un percorso professionale.

«Ora collaboro sia con diverse testate giornalistiche di settore naturalistico (National Geographic e Traveller per citarne un paio), sia con scrittori ed editori realizzando immagini per i loro libri».

Quali sono stati i tuoi primi scatti professionali?

«La mia prima collaborazione fu con un’agenzia fotografica della regione. Realizzavo anche scatti naturalistici, ma le prime richieste furono servizi per promuovere locali del territorio e i loro proprietari. Anche in questo caso mi venivano chieste foto originali, in grado di regalare emozioni. È stata una palestra molto formativa».

Una palestra che ha contribuito a migliorare sempre più la sua tecnica fotografica.

«Oltre alla passione e all’“occhio” per le fotografie che mi sono creata con il tempo, ho iniziato a seguire e a collaborare con fotografi naturalisti professionisti: mi hanno insegnato a non limitarmi allo scatto in sé ma a creare vere e proprie storie con i paesaggi e la natura, capaci di trasmettere emozioni. Ma oltre alla tecnica fotografica, è fondamentale sapere rapportarsi con la natura».

Cosa intende?

«Ho seguito diversi corsi che mi hanno insegnato il corretto approccio con l’ambiente nel quale desidero realizzare i miei scatti. Faccio parte dell’AFNI (Associazione Fotografi Naturalisti Italiani) ed entrare in relazione con rispetto nei confronti della natura e degli animali che la abitano, con delicatezza, consente di comprendere realmente il loro habitat, la loro quotidianità, riuscendo così a eseguire scatti reali ed emozionali al tempo stesso».

Lei afferma che la fotografia nella natura è un modo per bilanciare la sua vita. Cosa intende?

«Stare in mezzo alla natura ha la capacità di aiutarmi a ricaricare le batterie. Quando sono stanca e stressata vado nei boschi: adoro stare lì, in silenzio totale. A volte non faccio nemmeno foto. Resto in ascolto del vento, degli alberi, degli animali. Dentro al bosco si possono ascoltare straordinari concerti naturali. Picchi che cantano, il fruscio delle foglie sugli alberi, lo scrocchio del capriolo… Mi perdo per ore rapita da queste meraviglie».

I suoi scatti in mezzo alla natura catturano chi li osserva. Come sceglie paesaggi e soggetti da fotografare?

«Dalle emozioni che mi trasmettono. Sia sul momento che in seguito: scatto molte foto, poi magari ne scelgo solo una, ma a distanza di tempo, rivedendo le altre, può succedere di apprezzarle maggiormente. Talvolta può capitare di passare ore in un luogo senza scattare alcuna foto perché non avverto l’ispirazione. Oppure il contrario: restare a bocca aperta davanti alla meraviglia della natura e perdere l’attimo giusto in cui realizzare lo scatto emozionale. L’istinto gioca un ruolo fondamentale».

Come riesce a rendere in uno scatto la bellezza dei paesaggi?

«Uno scatto è spesso il risultato di lunghe ricerche dei luoghi e degli animali. Fotografare il momento migliore in cui una cinciallegra esce dal suo nido richiede conoscenza dell’animale e delle sue abitudini: passo giorni a osservare i gesti, le azioni, la quotidianità del mondo animale. Lo stesso vale per le piante: sapere quando fiorisce l’aglio selvatico, per esempio, è indispensabile per poter coglierne colori unici. Più si conosce la natura, più è probabile che gli scatti trasmetteranno la sua autenticità».

Recentemente ha dato alle stampe “Silva Lupanica”: com’è nata l’idea di realizzare il libro fotografico?

«Da alcuni anni avevo iniziato a realizzare scatti all’interno dei boschi planiziali del basso Friuli. Nel frattempo feci una ricerca sulla Silva Lupanica descritta da Virgilio e da Plinio il Vecchio. Non trovai nulla, al di fuori di alcune brochure fatte realizzare da qualche Comune della bassa friulana. Decisi così di realizzare un libro che potesse documentare questo tesoro naturalistico».

Un’idea che convinse sia l’editore Corvino sia la Regione che ha deciso di sostenerla economicamente.

«Il progetto ha richiesto oltre un anno di lavoro: non solo per le fotografie, ma anche per i testi scritti dal poeta friulano Maurizio Cocco osservando le mie immagini. È stato incredibile come sia riuscito a trasmettere con le sue parole ciò che io ho provato al momento degli scatti».

Un libro che ha ottenuto anche un risultato molto importante…

«Durante la realizzazione degli scatti, mi sono imbattuta in un esemplare di nottola gigante, un pipistrello raro che vive nella cavità degli alberi. Questi pipistrelli emettono ultrasuoni che non tutte le persone riescono a udire. Una sera, appena terminati gli scatti, mi apprestavo a uscire dal bosco e ho sentito come uno strano cinguettio, mai sentito prima. Mi sono avvicinata e in un attimo ho individuato il punto esatto da cui preveniva. Di colpo sono sbucati un mare di pipistrelli».

E lei cos’ha fatto?

«La sera successiva sono tornata e così anche in seguito. Scattavo foto, ma soprattutto li osservavo, scrivendo note sulle loro abitudini.  Decisi di avviare una collaborazione con ricercatori che prosegue tuttora e che è alla base di futuri progetti. Grazie a loro da questa mia scoperta è stato realizzato un articolo per la rivista scientifica internazionale Forest Ecology and Management. La Nottola gigante rientra nella Lista Rossa Nazionale, fattore che ha portato al riconoscimento del “Biotopo del bosco”. Ora questi animali possono vivere senza essere disturbati e senza il pericolo che gli alberi dove vivono vengano abbattuti. Attirando inoltre l’attenzione di studiosi da tutta Europa».

Un libro che, oltre al gradimento degli studiosi, ha avuto apprezzamenti anche dal pubblico comune…

«Molte persone restano stupefatte che questi boschi e gli animali che li abitano si trovino a due passi da casa loro. Luoghi che vedono ogni giorno passando in auto lungo le strade ma di cui ignorano la straordinaria bellezza naturalistica. Per certi versi è anche un bene, perché solo una loro fruizione rispettosa della natura e non massiva ne garantisce l’armonioso sviluppo».

Tra le sue specialità, oltre ai paesaggi, ci sono le foto ritratto. Qual è il segreto per catturare l’essenza di una persona attraverso la fotografia?

«Con le persone è più complicato. È fondamentale che siano se stesse, non in posa. Sta poi al fotografo saper cogliere gli attimi. Spesso senza che loro se ne accorgano».

Le sue foto hanno ricevuto in passato numerosi premi e sono state pubblicate su diverse testate. Per il futuro quali sono i progetti professionali?  

«Ce ne sono molti già in cantiere, ma preferisco non svelarli. Posso solo dire che riguardano l’ambito naturalistico e, alcuni, anche il mondo della ricerca».

Nella vita di tutti giorni che persona è Anne Maenurm?

«Timida e riservata. Quando entro in sintonia con le persone poi mi apro e divento socievole. Ma tendenzialmente sono una osservatrice. Talvolta questa caratteristica viene scambiata per freddezza».

Oltre alla fotografia c’è qualche altra passione?

«Fin dall’infanzia adoro i cavalli. Mi dedicavo all’equitazione con salto ostacoli, ottenendo ottimi risultati. Ho praticato fino a quattro anni fa, poi un’ernia mi ha obbligato a smettere. È stato un momento che mi ha fatto molto male, perché adoro andare a cavallo. Sono inoltre addestratrice di agility dog, anche se non ho più il tempo per dedicarmi a questo settore. Però cavalli e cani restano due mie grandi passioni».

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