Il sapore delle parole inaspettate

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redazione

31 Agosto 2020
Reading Time: 4 minutes

Giulia Zorat

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Il suo romanzo d’esordio “Il sapore delle parole inaspettate”, tra i vincitori del torneo letterario IoScrittore organizzato da GeMs (Gruppo Editoriale Mauri Spagnol). Stiamo parlando della giovane scrittrice friulana Giulia Zorat, 31enne di Aquileia.

Giulia, com'è nata l'idea di scrivere questo romanzo?

“Quasi per caso. Un giorno stavo visitando il cimitero di Père-Lachaise a Parigi, quando vidi passare un anziano signore sull’ottantina. Era da solo, con un mazzo di fiori in una mano e il suo bastone nell’altra. Andò a deporre il bouquet su una tomba e poco dopo venne a sedersi sulla panchina accanto alla mia. Se ne stava lì tranquillo come fosse a casa propria. Mi rimase così impresso che finii per immaginare la sua storia. Gli diedi un nome – Jacques – e decisi che era lì per far visita alla moglie defunta. Quella sera, a casa, scrissi la sua prima lettera indirizzata a Josephine, la sua compagna di vita mancata da poco. Poi pian piano arrivarono anche gli altri personaggi: il piccolo e curioso Enea, la sua coraggiosa mamma Irene e François, un uomo di quarant’anni in cerca di una seconda occasione. Tutti tasselli di un puzzle che si incastrano nel corso della storia”.

La vicenda si svolge a Parigi: come mai questa scelta?

“Ho scritto il romanzo quasi 10 anni fa, mentre vivevo a Parigi, dove mi ero trasferita per svolgere il programma studio Erasmus. La vicenda è ambientata nel quartiere in cui ho vissuto, il X arrondissement. È una Parigi molto diversa dall’immaginario collettivo, meno glamour e stereotipata e più umana”.

Lei è laureata in giurisprudenza, ma non ha intrapreso la carriera di legge. Come mai?

“Dopo la laurea ho lavorato per qualche anno nel mondo assicurativo, ma non faceva per me. Sono sempre stata una persona creativa e volevo un impiego che mi permettesse di esprimere e valorizzare questa qualità. Data la mia passione per la scrittura, orientarmi verso il settore della comunicazione digitale mi è sembrato una scelta quasi scontata”.

Cosa rappresenta per lei la scrittura?

“Per anni la scrittura è stata un modo di esprimermi, di riflettere, fare chiarezza, comprendere e tentare di spiegare. Negli ultimi anni è anche il mio pane quotidiano. Infatti, per lavoro, mi occupo dell’ideazione, creazione e stesura di contenuti per un’azienda”.

Quanto c'è di lei e della sua vita nei protagonisti del libro?

“Una dei protagonisti del mio romanzo è Irene. Una ragazza italiana che lascia il proprio paese d’origine per trasferirsi a Parigi e crescere da sola il proprio figlio. Non abbiamo nulla in comune, a parte l’esperienza di trasferirsi in una città straniera. Le pagine in cui Irene racconta della difficoltà di trovare un appartamento in centro, imparare il francese, adattarsi a una città che si rivela così diversa da come i libri e i film gliel’avevano fatta immaginare e poi lo stupore di scoprirne il lato più magico, sono autobiografiche”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qual è il suo rapporto con la Francia e con Parigi?

“Parigi è la mia città del cuore. È un luogo dove mi sono sentita libera e ho avuto modo di esprimermi, coltivare i miei interessi e ritagliarmi una mia dimensione, senza avvertire la pressione di dover sottostare a certi parametri. È una città che mi ha permesso di crescere e conoscere me stessa, facendomi acquistare sicurezza di chi fossi e cosa volessi fare nella vita”.

C'è uno scrittore a cui si ispira?

“Fin da bambina sono sempre stata una lettrice accanita. Ecco perché sono probabilmente tanti gli scrittori che mi hanno influenzato anche indirettamente. Tra i miei preferiti, Italo Calvino per la sperimentazione letteraria e la dimensione fiabesca”.

Quale messaggio desidera veicolare attraverso il suo romanzo?

“Credo che, pagina dopo pagina, ciascuno dei cinque protagonisti insegni qualcosa al lettore. Vi sfido a leggere il libro e a scoprire a chi sono collegati questi 5 messaggi: Mai lasciarsi fermare dalla paura di sbagliare; Non è obbligatorio essere perfetti; Bisogna essere grati per i doni che la vita ci dà, anche quando non sono esattamente ciò che ci eravamo immaginati per noi stessi; Non aver paura di aprire il proprio cuore agli altri; Amarsi ed essere fieri di ciò che ci rende unici”.

Qual è il complimento più bello che ha ricevuto per il suo libro?

“Il complimento più bello è arrivato da alcuni lettori che hanno accostato la mia prosa a quella di Proust. Sicuramente vedersi paragonare a un gigante della letteratura francese e mondiale, fa un certo effetto”.

E la critica più sgradita?

“Difficilmente considero sgradite le critiche. Da esordiente sono felice di ascoltare anche i pareri negativi o tiepidi, purché siano costruttivi e mi aiutino a migliorare”.

Ha già in mente altri progetti editoriali?

“Ho scritto il mio romanzo d’esordio a 20 anni e l’ho dato alle stampe a 30. In futuro, mi piacerebbe scrivere un testo che sia rappresentativo della mia visione adulta della vita. Per ora c’è un’idea per un secondo romanzo, ma non ne ho ancora cominciato la stesura. L’unica certezza è che stavolta non voglio aspettare 10 anni prima di pubblicarlo”.

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