Rinascere dalle proprie ceneri

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redazione

8 Marzo 2013
Reading Time: 3 minutes

L’associazione Fenice FVG

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Un figlio sempre più taciturno e isolato. Fisicamente sempre più debole. Finché un giorno, scrutando il suo corpo, ci si accorge di osservare un fisico debilitato. E colti dal panico, non si sa cosa fare.

È una storia comune tra i genitori che frequentano i gruppi di auto-mutuo-aiuto organizzati dall’associazione Fenice FVG con frequenza quindicinale a San Giorgio di Nogaro e Monfalcone. Un sodalizio nato nel maggio del 2008 e che, nel tempo, ha saputo diventare punto di riferimento per le persone sofferenti di disturbi dei comportamenti alimentari (in particolare anoressia e bulimia nervosa) e per i loro familiari.

«L’associazione – spiega il presidente Ferdi Gerin, di Villesse – è nata perché molti genitori trovavano grosse difficoltà nell’affrontare la malattia dei propri figli, sia dal punto di vista informativo sia per la carenza di ambulatori efficacemente attrezzati sul territorio. Finché un gruppo di noi, con i figli in cura presso diversi ambulatori e strutture riabilitative del territorio, si è accorto che la provenienza comune era il Friuli Venezia Giulia e ha deciso di fare qualcosa per garantire risposte efficaci anche nella nostra regione».

Ha visto così la luce Fenice FVG, costola dell’omonima associazione nazionale, il cui nome rimanda all’Araba fenice, uccello mitologico capace di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte.

«L’anoressia in particolare e i disturbi alimentari in generale – sottolinea Gerin – sono la seconda causa di morte tra i giovani dopo gli incidenti stradali. La nostra associazione mira a portare un aiuto diretto e concreto in particolar modo ai familiari delle persone che soffrono: perché mentre queste ultime solitamente vengono prese in carico dai servizi, i loro familiari vengono lasciati soli con la loro disperazione, che spesso conduce a forti tensioni all’interno della famiglia. Inoltre la nostra associazione collabora e interagisce con tutte le istituzioni del territorio preposte alla cura dei casi di disturbo del comportamento alimentare».

Grazie alla presenza di psicologi specializzati, ogni quindici giorni Fenice FVG organizza incontri di mutuo sostegno a favore di persone che soffrono o hanno sofferto di anoressia, bulimia e altri disturbi del comportamento alimentare. In questo contesto, attraverso l’esperienza di gruppo, i partecipanti possono condividere le difficoltà che incontrano ogni giorno, anche nella gestione della malattia.

«La nostra associazione – precisa il segretario Umberto Carraro – cerca di fornire alle famiglie indicazioni pratiche su come muoversi: affinché la malattia non diventi cronica è importante accorgersene in tempo, per poter accedere subito alle strutture in grado di risolvere il problema. Spesso le famiglie hanno difficoltà ad accettare un caso di salute mentale come quello dell’anoressia o della bulimia: pensano di avere un malato con fragilità psicologica in casa e si vergognano di ciò. Invece non bisogna avere paura di chiedere aiuto, perché è il primo passo per poter aiutare chi ha il problema».

Nella consapevolezza che il percorso di recupero è lungo e insidioso. «Non parliamo di un’appendicite – sottolinea Carraro – da cui si guarisce dopo l’operazione. Quando il figlio o la figlia, ultimata la cura, vengono recuperati e tornano a casa, la famiglia ha bisogno di una struttura sanitaria vicina in grado di aiutarla. Come associazione ci stiamo impegnando con le istituzioni affinché psicologi preparati possano seguire tali casi sia nel momento della cura presso centri specializzati sia dopo, anche per anni».

E su questo fronte è indirizzato l’impegno di Fenice FVG. «Ad oggi – afferma il presidente Gerin – la prima urgenza è garantire su ogni territorio la presenza di un ambulatorio con un’equipe di operatori dedicata, composta da uno psichiatra, da uno psicologo e da un dietista. Il passo successivo dovrà essere quello di creare una rete (attualmente in embrione) in grado di collegare tra loro questi ambulatori, realizzando una condivisione operativa in grado di rendere omogenee le attività dei diversi operatori nei confronti dei pazienti. A nostro avviso – conclude – ci sarebbe lo spazio anche per realizzare in regione una struttura riabilitativa: per ora stiamo comunque collaborando per il raggiungimento di un accordo tra Regione Veneto e Regione Friuli Venezia Giulia per l’invio dei casi più gravi presso la struttura di eccellenza di Portogruaro».

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