Palmanova, due scenari per sei strutture

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redazione

10 Luglio 2019
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Progetto Unitario di Valorizzazione Territoriale di Immobili Pubblici

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Sono stati presentati al Comune di Palmanova, alla Regione FVG, al Ministero della Difesa, alla Soprintendenza beni architettonici e paesaggistici della Regione e all’Agenzia del Demanio (il committente) due dei possibili scenari di riutilizzo di sei degli immobili non più utilizzati nella città stellata.

Il primo disegna un centro per la salvaguardia dei beni museali, dove poter archiviare, visitare, monitorare, digitalizzare e recuperare reperti storici provenienti da Italia ed estero. Un vero e proprio “ospedale” per le opere d’arte, un luogo per l’allestimento temporaneo di basi di soccorso, un centro per l’archiviazione digitale della memoria. Centri simili si trovano a Lievin in Francia (centro di conservazione del Museo Louvre), a Spoleto con il deposito-ricovero di S. Chiodo, a Lima in Perù con il Museo di arte precolombiana Larco, in Inghilterra con il sistema di monitoraggio “English Heritage” o a Pavia con l’ENI Green Data Center.

Il secondo prospetta una Palmanova polo tecnologico della biodiversità, centro di ricerca sulle emergenze ambientali e banca del germoplasma mediterraneo. Un luogo dove scienziati e ricercatori possano studiare l’agroalimentare, la gestione dei rifiuti e le materie prime rinnovabili. Esempi similari possono essere Matrica di Porto Torres, il Kilometro Rosso di Bergamo o il deposito globale dei semi delle Svalbard in Norvegia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Palmanova è nata per difendere, proteggere e includere. Rientra nel sistema degli elementi fortificati veneziani. È uno snodo di connessioni. Oltre a questo, i suoi vuoti urbani sono un’altra grande potenzialità. Il nostro obiettivo come professionisti è quello di scoprire le potenzialità nascoste in queste su caratteristiche, con l’obiettivo di rigenerare i luoghi, stimolare fermenti e attrarre talenti cosmopoliti”, così durante la presentazione dello studio Guendalina Salimei di Tstudio a nome della cordata di professionisti vincitrice del bando.

A presentare i due scenari, come previsto dal bando dell’Agenzia del Demanio all’interno del PUVaT (Progetto Unitario di Valorizzazione Territoriale di Immobili Pubblici) un raggruppamento temporaneo di professionisti di cui fanno parte il Tstudio di Roma dell'architetto Guendalina Salimei, gli Architetti Associati Laura Romagnoli e Guido Batocchioni di Roma, le società Uppercut di Fagagna e FJFM srl di Roma, il dott. Michele Trimarchi di Roma, l'associazione Kallipolis APS e l’architetto Barbara Chiarelli di Trieste.

I professionisti hanno l’obiettivo di trovare la migliore soluzione per la gestione di sei immobili: l’ex Caserma Ederle, l’ex Caserma Piave, l’ex Caserma dei Carabinieri di Piazza Grande, i Bastioni e le porte d’ingresso alla città, l’ex Caserma Montezemolo e la casa vicino alla Loggia della Gran Guardia di Borgo Aquileia.

Il progetto di riuso delle caserme dismesse e sulla cinta fortificata prevede la realizzazione di un percorso partecipativo oltre all’elaborazione di un piano di recupero. Il dibattito, aperto con il primo incontro, prevede una discussione sui temi della valorizzazione di luoghi dall’identità così forte e sui possibili scenari di sviluppo emersi nel quadro di uno studio sulle dinamiche urbane e territoriali, socio-economiche e culturali.

A questa prima fase, che si concluderà entro l’estate, seguirà poi una seconda, da completarsi entro l’anno, che prevedrà un approfondimento sulla convenienza economica, finanziaria e gestionale e sulle possibili strategie di comunicazione che possano animare il mercato e orientarlo verso l’acquisto e la valorizzazione dei sei siti.

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