Nel cuore del Caucaso

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Borghi antichi incastonati tra montagne maestose, ai piedi di ghiacciai millenari. Ma anche arte e cultura, oltre al vino più antico del mondo. Con la ferita aperta dell’Abkhazia

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Georgia, nel cuore del Caucaso

Dopo 6 ore di Marshrutka e tre in jeep, siamo a Mestia, il capoluogo dello Svaneti, la regione montuosa più affascinante e misteriosa della Georgia.

Una Dubai medioevale con sfinite sentinelle di pietra, torri alte fino a venticinque metri che si stagliano sui ghiacciai verso il leggendario monte Ushba: il “Cervino del Caucaso”, così ribattezzato per la pittoresca guglia a forma di doppia cima svettante nei cieli.

Una tappa obbligata anche per raggiungere l’altra Manhattan dei tempi perduti: Ushguli, villaggio turrita, ancora più sperduto, tra Abkhazia, Kabardino-Balkarja e Ossezia del Sud, ai piedi dello Shkhara, la vetta più alta della Georgia (5.068 metri), seconda solo all’Elbrus russo (5.642 metri).

Quest’ultimo vulcano oramai estinto, inserito nell’elenco delle “Seven Summits” (le sette vette più alte di ogni continente), che ben ricordo perché nel 2017 mancai la sua cima per un soffio a causa di una forte tormenta di neve.

È uno scenario diverso da quello delle nostre Alpi, ma inutile dir lo è un amore a prima vista. Siamo nell’Alto Svaneti ai piedi di imponenti montagne innevate, alla scoperta del trekking più popolare della Georgia. Un tracciato che si snoda tra Mestia e Ushguli, da percorrersi normalmente in quattro giorni. Facile da organizzare, offre vedute eccellenti sui ghiacciai, altresì attraversa villaggi con torri svan, antiche centinaia di anni.

Causa i pochi giorni a disposizione, decidiamo di accorciare il tour sacrificando la tappa iniziale. Così, con un mezzo 4X4 raggiungiamo il grazioso villaggio di Adishi (2.040 metri), adagiato ai piedi del ghiacciaio di Tetnudi.

Qui ci vivono poche famiglie, secondo i locali 25 persone, ma d’inverno anche nessuna. Molte case sono in rovina, altre offrono servizi B&B. Proseguiamo a piedi raccogliendo, di tanto in tanto, i numerosi lamponi presenti sul sentiero, fino ad arrivare ai piedi del ghiacciaio Adishi. Procediamo quindi sul greto di un torrente fino a incontrare delle frecce che ci impongono di attraversarlo. Un ponte però non esiste e considerate le acque impetuose è meglio affrontarlo a cavallo.

Siamo titubanti, ma fortunosamente due georgiani del luogo ci mettono a disposizione dei ronzini per l’attraversamento. Una breve galoppata quasi da emulare John Wayne in un film western.

Dietro il fiume riappare il sentiero. Dopo 2 ore di salita, in mezzo a campi di rododendri in fiore, raggiungiamo il passo Chkhunderi (2.655 metri): balcone panoramico che offre scorci a 360° sul Grande Caucaso, soprattutto sul vicino ghiacciaio Adishi. Il tempo è discreto così decidiamo di risalire la cresta nord-est, verso un altro ghiacciaio.

Ritornati al passo Chkhunderi scendiamo in picchiata verso Iprali, nella valle limitrofa. La flora è ricchissima, tutto è in fioritura, troviamo anche la Panace di Mantegazza, una pianta aliena invasiva che provoca gravi ustioni, purtroppo recentemente diffusasi in Friuli Venezia Giulia. Successivamente troviamo un alpeggio con baite, l’ideale per ripararsi in caso di maltempo.

Quindi, proseguiamo a destra, lungo una mulattiera parallela al fiume Khaldechala. A metà percorso, incontriamo il villaggio di Khalde, storicamente noto come il centro della rivolta antirussa del 1875-76 quando venne raso al suolo, perdendo per sempre le sue case torri. Oggi vi risiedono alcune famiglie che si occupano della gestione dei due lodges. Khlade rappresenta una valida alternativa ad Adishi per pernottare. Motivo per rifocillarci prima di continuare la marcia per Iprali.

In serata con un mezzo 4X4 partiamo con destinazione Ushguli. La rotabile sterrata ha doppio senso di marcia, anche se a malapena ci passa un veicolo. In più è a strapiombo, senza una minima protezione di guard rail. È bene che il nostro autista rimanga concentrato alla guida, soprattutto per evitare di investire le vacche che vagano errabonde. Quello del randagismo degli animali da allevamento è un problema che qui sembra impossibile da risolvere.

Ma ecco Ushguli. Situato lungo il corso superiore del fiume Enguri, è il paese stabilmente abitato più alto d’Europa. Dichiarato nel 1996 Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, comprende una settantina di case-torre in pietra. Grazie al suo lungo isolamento, è un esempio di insediamento medievale che riporta i visitatori a un tempo perduto. Le sue quattro frazioni si estendono su una distanza di circa 2 chilometri. Il villaggio più alto, Shibiani, si trova a 2.200 metri.

Nel corso del tempo, Ushguli ha resistito alle occupazioni arabe, mongole e persiane. La dominazione russa dalla metà del XIX secolo ha lasciato il segno, ma gli abitanti continuano a mantenere le proprie tradizioni. In particolare parlano una lingua che si ritiene più antica del georgiano. Noi pernottiamo a Chazhashi in una tipica abitazione. Consumiamo specialità locali come il badrijani (melanzana ripiena con pasta di noci), il salguni (formaggio fresco) e il khachapuri (focaccia farcita all’uovo e formaggio).

L’indomani saliamo a piedi in circa 2 ore e mezza sul Lamaliale range, una montagna di 3.000 metri da cui è possibile godere di un panorama mozzafiato. Al rientro visitiamo la chiesa fortificata di Lamaria, con pitture risalenti al Xll – XIII sec. Un luogo d’intensa spiritualità che domina la vallata.

Più tardi con un mezzo 4X4 raggiungiamo Latali, un piccolo borgo agricolo, non lontano da Mestia, dove pernottiamo all’Eco Hause. Grazie all’uso del legno si ha la parvenza di soggiornare in Austria.

Per guardare le stelle si consiglia di riservare la camera con il grande lucernaio. Chiudiamo il tour dello Svaneti compiendo un altro trekking con panorama sui ghiacciai del Lahili; infine visitando il Museo di Storia ed Etnografia di Mestia. Quest’ultima è una struttura moderna che ripercorre la storia e i costumi delle popolazioni svan. È allestita una mostra per omaggiare il fotografo e alpinista biellese Vittorio Sella, il quale lasciò un’importante eredità fotografica della Georgia settentrionale dopo le sue spedizioni in Caucaso (1889, 1890, 1896): scatti ancor oggi considerati tra i migliori della storia dell’esplorazione.

A spasso per Tblisi

Kakha Kaladze, ex terzino del Milan, è arrivato alla carica di primo cittadino di Tblisi con il sostegno di stampa e televisioni. La capitale della Georgia supera il milione di abitanti ed è attraversata dal fiume Mtkvari (o Kura). Città multietnica, multiculturale e multireligiosa, è una delle capitali extra europee da visitare, dove costruzioni realizzate da grandi architetti si alternano a monumenti antichi. Tra gli edifici storici si segnalano la Cattedrale di Sioni, risalente al V secolo e la Cattedrale della Santissima Trinità, costruita tra il 1995 e il 2004, principale cattedrale ortodossa della città.

Infine la Fortezza di Narikhala che sorge su una collina dalla quale si domina tutta la capitale. Il vino georgiano recentemente è stato riscoperto come uno dei migliori al mondo. Non tutti sanno però che è anche il più antico. Prodotto per la prima volta, forse casualmente, tra 9 e 10.000 anni fa nella zona del Caucaso. Sembra infatti nato accidentalmente per la fermentazione di uva dimenticata in un recipiente.

Il primo posto dove scoprire i metodi di vinificazione tradizionale per degustare il nettare georgiano è sicuramente Tbilisi. Noi abbiamo partecipato a una degustazione privata, in un negozio del centro. È stato amore al primo assaggio.

Zugdidi

Zugdidi è un crocevia obbligato per i viaggiatori che si spostano sia a ovest verso il Mar Nero, sia a nord-est verso Mestia. Chi ci giunge per la prima volta, senza conoscere la storia recente della Georgia, non può sospettare di trovarsi in una zona di conflitto seppure, per il momento, congelato. Non ci sono militari per le vie della città e neppure mezzi blindati. La vita scorre paciosa nella Avenue intitolata a Zviad Gamsakhurdia, primo presidente della Repubblica di Georgia, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, sebbene a pochi isolati si trovi la Repubblica dell’Abkhazia, territorio appartenente alla Georgia, situato sul Mar Nero ai confini con la Russia, autoproclamatosi Repubblica indipendente nel luglio 1992.

La Federazione Russa è stato il primo Stato al mondo a riconoscerla. Sukhumi (capitale dell’Abkhazia) ha siglato con Mosca un accordo per conferire all’armata rossa la sicurezza e la protezione dei propri confini. Per questo motivo il distretto abcaso di Gali si è trasformato, a poco a poco, in una base militare, i cui abitanti, tutti di etnia georgiana, rappresentano un ostacolo al controllo del territorio e alla strategia espansionistica della Russia. Dei sei passaggi di frontiera, recentemente quattro sono stati chiusi, obbligando i residenti a lunghe deviazioni. Il valico principale resta comunque sul ponte che attraversa il fiume Enguri.

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