Alla prova della trasformazione digitale

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redazione

11 Novembre 2015
Reading Time: 5 minutes

Il futuro delle banche

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Nel recente passato l’innovazione tecnologica nelle società di servizi ha riguardato soprattutto la sfera dell’information technology applicata al conseguimento di economie di scala nello sviluppo di piattaforme informatiche più integrate, efficienti ed estese per conseguire guadagni di efficienza nei processi interni alle aziende.

Oggi l’innovazione ha un impatto pervasivo non solo nel miglioramento dei processi ma nel cambiamento anche radicale dei modelli di business e delle modalità di interazione con tutti i portatori di interesse: dagli azionisti ai dipendenti, dai fornitori ai clienti. Infatti se le opportunità offerte dai servizi Cloud e via mobile riducono i costi di accesso, di transazione e di immagazzinamento delle informazioni, le social technologies e i big data abilitano e arricchiscono nuove forme di partecipazione, coinvolgimento e collaborazione attraverso i confini delle organizzazioni.

Le banche stanno valutando gli impatti di queste innovazioni sui loro business per individuare approcci alla trasformazione digitale e risposte strategiche e tattiche all’emergere di concorrenti sempre più aggressivi e focalizzati. Il ventre molle per le banche è la componente distributiva, le reti di punti vendita e di filiali, che rappresenta contemporaneamente la struttura produttiva e l’interfaccia relazionale che genera la quasi totalità dei ricavi.

La diffusione di nuove tecnologie abilitanti l’accesso, la flessibilità e la sicurezza nella fruizione di informazioni e di servizi sia in remoto che in prossimità (filiale) sta trasformando il nostro modo di relazionarci: la tecnologia diventa una componente integrata del nostro vivere quotidiano.

Anche leggendo questo numero di iMagazine è molto probabile che si sia contestualmente connessi in rete con diversi dispositivi: la linea di confine tra ciò che facciamo on line e off line, nella vita reale, diventa sempre più labile. E mentre i nostri comportamenti, in termini relazionali, sociali e di acquisto cambiano ed evolvono, chi si occupa di comunicazione e marketing deve modificare la modalità di interazione e le interfacce con la propria clientela.

Per essere in grado di soddisfare le aspettative dei clienti con riferimento all’accesso e all’interazione attraverso le nuove tecnologie, le banche dovranno perseguire un approccio olistico che superi la frammentazione dei diversi canali di contatto (desktop experience, mobile experience, tablet experience). Ovvero passare dal cosiddetto approccio multicanale all’approccio omnichannel (dal latino omni, dappertutto, in ogni direzione), fornendo al cliente un’esperienza relazionale e d’acquisto univoca (sia on line che off line) e integrata (via telefono, PC o filiale fi sica). L’approccio omnichannel utilizza molti canali, ma la multicanalità di per sé non crea un’esperienza integrata, la cui conoscenza da parte della banca consente di allineare messaggi, obiettivi, formati e modelli di servizio.

Una delle principali sfide che le banche stanno affrontando con riferimento alla trasformazione digitale è quindi rappresentata dalla creazione di infrastrutture omnichannel e dalla digitalizzazione delle filiali per offrire esperienze d’acquisto integrate e con analogo livello di personalizzazione. A quella dell’omnichannel si sovrappone un’altra grande sfida: quella costituita dall’evoluzione di tutto ciò che ruota attorno al mondo dei pagamenti. Stanno emergendo una pluralità di operatori che forniscono servizi di pagamento, dal mobile payment sia on line che in store (nei punti vendita), a circuiti di pagamento autonomi, complementari o sostitutivi dei circuiti tradizionali (carte di credito, debito, ecc.). La loro offerta si basa sulla facilità e immediatezza di utilizzo e su costi per transazione inferiori di almeno il 50%.

Questi operatori fanno parte della ormai larga schiera di imprese cosiddette Fintech (che si occupano della digitalizzazione del settore finanziario), che non attaccano le banche a 360 gradi, ma su singoli servizi specialistici. Molti di loro oltre a fornire i servizi di pagamento ai clienti privati, li offrono alle reti distributive, alla grande distribuzione, al dettaglio indipendente e anche ad altri operatori pubblici e privati (pagamento servizi pubblici, ticketing, parking, ecc.) con l’intento di liberarli dall’utilizzo di diversi sistemi e servizi di pagamento, collegandoli a una singola piattaforma globale. Ciò consente a qualsiasi negozio on line o fisico di accettare pagamenti da tutti i circuiti esistenti, dalle carte di credito a quelli degli operatori mobili.

La novità però non sta solo in questo: tali piattaforme possono anche fornire informazioni sul comportamento d’acquisto dei clienti, sull’utilizzo di programmi di fidelizzazione, su comportamenti fraudolenti…

Le banche sono quindi chiamate ad ampliare l’offerta integrando la vendita di servizi di pagamento con servizi sofisticati di fidelizzazione, promozione, monitoraggio e gestione del punto vendita cliente. Le banche stanno uscendo dalla crisi finanziaria iniziando a recuperare margini di redditività, ma l’impatto delle tecnologie e delle imprese Fintech non sembra dar loro tregua. Gli scenari che si aprono non sono confortanti, nel senso che alcune previsioni sostengono che nel retail banking si potrà verificare una erosione dei margini nell’ordine del 10-30% nei prossimi 10 anni. Tuttavia le banche non saranno marginalizzate, nel senso che non verranno cannibalizzate intere linee di business, ma sarà la pressione competitiva dei nuovi operatori a comprimerne la redditività in tutte le linee di business.

La principale minaccia consegue dal fatto che le banche potrebbero venir marginalizzate nel rapporto con la clientela e perdere il prezioso legame con il cliente a favore di concorrenti specializzati, veloci e flessibili. La maggior parte delle grandi banche ora hanno centri di innovazione e sono impegnate a esplorare tutto il modo digitale, dalle applicazioni mobili alla tecnologia blockchain. Una delle risposte spesso avanzate degli esperti del settore è che le banche potrebbero eventualmente acquistare le imprese Fintech e così sfruttare le loro innovazioni integrandole nel loro business. Ma questa non è un’opzione sempre percorribile.

Innovare in una grande organizzazione complessa, altamente regolamentata come una banca, rappresenta uno sforzo di cambiamento importante in quanto si tratta di calare l’innovazione superando sistemi tecnologici proprietari stratificati nel tempo e comportamenti cristallizzati in prassi ormai obsolete. Inoltre nel 2014 gli investimenti delle banche nel Fintech hanno rappresentato solo il 20% degli investimenti complessivi, provenendo il rimanente 80% da operatori non bancari. Le quotazioni delle Imprese Fintech peraltro sono elevate e non si può attendere che le quotazioni scendano, scontando ritardi gravidi di rischi.

Per molte banche, in particolare le medio-piccole, il rischio di sbagliare investimenti in acquisizioni costose e intraprendere trasformazioni e integrazioni dall’esito incerto, possono risultare opzioni non gradite agli azionisti in un contesto di carenza di capitale e bassa redditività dello stesso.

I nuovi entranti forzeranno le banche ad accelerare i loro programmi di trasformazione per non perdere il treno delle Fintech, che nascono prive di vincoli organizzativo-strutturali. D’altro canto queste ultime dovranno comunque utilizzare le banche che in molti casi rimarranno loro fornitori di infrastrutture e di servizi. Allora, in questa accelerazione per la trasformazione digitale, organizzativa e sociale, ci sarà spazio anche per la cooperazione: una delle strategie che potrà giocare un ruolo importante nel minimizzare rischi operativi e di mercato per operatori vecchi e nuovi sarà quella delle partnership e delle alleanze di produzione e commercializzazione.

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