“La persona al centro di tutto”

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redazione

6 Marzo 2014
Reading Time: 5 minutes

Intervista a Luciano Pletti

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Dottor Pletti, che significato ha per lei la recente nomina a direttore sanitario dell’Ass5?

«La prima parola che mi viene in mente è “sfida”. Non solo per la complessità del momento storico che stiamo vivendo, in cui viene richiesta una grande contrazione dei costi per il Sistema Sanitario Regionale, ma anche perché è abbastanza raro, nella storia della nostra regione, che un dirigente proveniente dai Servizi territoriali, e in particolare dal Distretto, riceva questo incarico. Abbiamo sentito ripetere molte volte che bisogna potenziare il territorio, ma le aspettative per quelli come me che ci lavorano e ci credono sono rimaste fino ad ora alquanto deluse. Adesso ho l’opportunità di dare un significativo contributo in tal senso. Spero di esserne all’altezza».

Quali sono a suo avviso gli attuali punti di forza dell’Azienda sanitaria n. 5 Bassa Friulana?

«La sua dimensione ridotta. Essa infatti permette la conoscenza diretta dei professionisti, la vicinanza fra gli organi aziendali e le amministrazioni locali, la prossimità ai cittadini, la radicata cultura multi professionale di integrazione sociosanitaria e, soprattutto, quell’agilità che ha permesso la realizzazione di importanti progettazioni innovative. Si pensi all’infermieristica di comunità, alla realizzazione dei Punti Unificati di Accesso, ai progetti riabilitativi in ambito di salute mentale o al recente progetto “Erica” per la riabilitazione, al progetto “nautilus” per la mappatura della fragilità».

E i punti da migliorare?

«Il superamento delle residue barriere fra ambiti di cura e territori: ospedale – territorio, ospedale di Latisana – ospedale di Palmanova. È necessario lavorare per processi e percorsi di cura, su questi bisogna costruire l’organizzazione. A tale aspetto si lega fortemente un altro elemento strategico di miglioramento, che però non riguarda solo l’azienda Bassa Friulana, ma tutto il Sistema Regionale: un sistema informativo integrato, alimentato da diversi operatori sia della sanità che del sociale. Si tratta di un elemento di cui sentiamo una crescente necessità e che è ampiamente alla portata delle conoscenze attuali e degli strumenti disponibili. Non possiamo più aspettare. Non ci sono alibi che giustifichino ulteriori ritardi».

C’è un obiettivo in particolare che desidererebbe raggiungere durante il suo mandato di direttore sanitario?

«L’obiettivo di superare una visione organizzativa per contenitori (ospedali, distretti, dipartimenti, reparti, servizi) per adottare concretamente una riorganizzazione strutturata per percorsi di cura e assistenza, centrata sui bisogni della persona. Ma a questo aggiungo l’obiettivo di un crescente coinvolgimento attivo dei cittadini delle nostre comunità. Credo inoltre fortemente nel valore della multiprofessionalità, nella forza del lavoro di squadra. Attraverso questa strada, anche se impegnativa, sono convinto che si possano perseguire traguardi di eccellenza anche (o forse soprattutto) in un’azienda di piccole dimensioni come la nostra. Con la recente esperienza del percorso di accreditamento volontario dei Servizi Territoriali (Canadian Accreditation) ne abbiamo già avuto una prova convincente».

La sanità pubblica vive una fase di forte trasformazione: a suo avviso quali sono le sfide principali che essa dovrà affrontare nell’immediato futuro?

«Il Sistema Sanitario Pubblico deve rimanere il baluardo per la tutela della salute dei cittadini, come sancito dalla nostra Costituzione, ma per poterlo fare deve riorganizzarsi radicalmente per affrontare la grande epidemia del nostro tempo, quella delle malattie croniche. Tendiamo invece a rimanere ancorati a modelli strutturali, organizzativi e professionali impostati sulla fase acuta delle malattie. L’altra considerazione generale da tenere presente è che i determinanti della salute attengono solo in minor parte ai sistemi sanitari, ma rientrano nell’ambito di altre politiche, quali quella del lavoro, dell’istruzione, dell’ambiente, delle comunicazioni. È fondamentale agire, a livello politico e tecnico, per accrescere l’alfabetizzazione sanitaria dei cittadini, fattore indispensabile per agire sugli stili di vita e sul ruolo attivo e responsabile delle persone».

Negli ultimi mesi si è spesso discusso di un rapporto operativo efficiente tra l’Ospedale di Palmanova e quello di Latisana: la nuova direzione aziendale come intende operare in tal senso?

«Richiamo quanto ho già affermato in precedenza e sono certo che il nuovo Direttore Generale Luciano Zanelli sia in pieno accordo con questo: dobbiamo superare gli antagonismi sterili che finiscono per disperdere energie e intelligenze. È necessario orientare le scelte verso il bisogno di salute dei cittadini di questo territorio, i nostri Servizi Sanitari e Sociosanitari, ospedalieri e territoriali, possono, e quindi devono, essere di altra qualità, sicuri e in grado di produrre valore per ogni euro investito. Per arrivare a questo c’è bisogno di uno sforzo comune e convergente di tutti i professionisti dell’Azienda “Bassa Friulana”, qualunque sia la loro sede di lavoro».

Lei ha ricoperto per diversi anni il ruolo di direttore del Distretto Est: quali sono i risultati raggiunti di cui va più fiero?

«Ho creduto e ho investito molte delle mie energie nell’integrazione professionale e gestionale, sia all’interno dei servizi sanitari che fra questi e quelli sociali dei comuni. Ho avuto la fortuna di avere accanto molte persone intelligenti ed entusiaste, che hanno prodotto idee e indicato soluzioni ai problemi. Molti traguardi sono stati raggiunti e molti progetti possono ancora essere sviluppati. Il terreno è fertile».

Dell’esperienza maturata nel ruolo di direttore di Distretto, cosa porta con sé come bagaglio cui attingere in questo nuovo e delicato incarico?

«Finirei per ripetere concetti che ho già cercato di esprimere. Preferisco condensare in poche parole gli aspetti principali verso cui ho cercato in questi anni di indirizzare il mio operato: orientamento al cittadino, trasparenza, ascolto e rispetto di tutti i professionisti, collaborazione e lavoro di squadra».

Dall’esperienza al futuro: in ambito di assistenza sanitaria quali sono a suo avviso le necessità principali della popolazione della Bassa friulana e come possono essere soddisfatte?

«Non credo che siano diverse da quelle di altri territori regionali e nazionali. Dobbiamo rafforzare l’impegno verso la promozione della salute, di stili di vita sani e di una vita attiva a qualunque età e condizione di salute. Dobbiamo attuare strategie di intervento a contrasto delle patologie croniche, che si fondano su un approccio di iniziativa e non di attesa (le persone malate devono essere inserite in percorsi di diagnosi e cura gestiti dalle equipes sanitarie in cui un ruolo fondamentale è ricoperto dagli infermieri e dai fisioterapisti). Dobbiamo intercettare le situazioni di fragilità che riguardano persone anziane e disabili che rischiano, per le loro condizioni di indebolimento fisico e , spesso, anche economico e abitativo, di precipitare in situazioni di non autosufficienza, di isolamento sociale, e di dover ricorrere a una istituzionalizzazione evitabile o almeno procrastinabile. In quest’ultimo ambito i Servizi Assistenziali Domiciliari dei Comuni degli Ambiti svolgono un ruolo molto importante, e la loro collaborazione stretta con i distretti è stata fondamentale. Ricordo per esempio l’attuazione di pacchetti di assistenza domiciliare intensiva per periodi di sollievo o nel rientro a domicilio di anziani dopo un ricovero ospedaliero».

Abbiamo parlato di obiettivi. C’è invece uno stile o una visione che vorrebbe trasmettere durante il suo mandato?

«Sul piano dell’offerta sanitaria sottolineo che ai cittadini devono essere garantite cure e servizi di qualità, sicure ed efficaci. Questo vorrei che fosse la stella polare verso cui orientare le mie scelte e le mie azioni come direttore sanitario».

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