Parola di Chef

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Giuliana Dalla Fior

5 Marzo 2014
Reading Time: 6 minutes

Paolo Zoppolatti

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Lavora in un edificio del tardo Settecento, non è un businessman tradizionale, ma lo è di fatto; non veste abito grigio, camicia e cravatta, ma la sua divisa è un abito bianco; ha una competenza ormai conclamata ad altissimo livello; è super impegnato in tv e nel suo habitat lavorativo; ha un fascino personale e un modo tutto suo di conquistare gli ospiti; dialoga volentieri, ha molta fantasia e grande creatività. Se vi scrive, al posto delle formali, consuete parole di saluto, vi invia un “cucinariamente”… È lo chef Paolo Zoppolatti.

Partiamo dall’inizio e dalla decisione di seguire le orme familiari, con mamma Maria e papà Ezio che gestivano lo storico locale “Al Giardinetto” a Cormòns…

«È stata una scelta non condizionata, anzi. Sarà stato il cuore e la visione di poter esprimere le proprie capacità, potendo aggiungere quel granello di sale nella ricetta familiare».

Eppure i suoi studi in design e arredamento sembravano orientarla verso un mondo diverso.

«Quella formazione la reputo importantissima. Un bagaglio dove attingere in continuazione, sia come organizzazione mentale sia, soprattutto, sotto l’aspetto di costruzione di un progetto culinario: sapori, forme, colori, storicità, ricordi».

Torniamo al ristorante “Al Giardinetto”. Lei e i suoi fratelli come avete deciso di rimanere impegnati nel settore?

«I miei genitori non ci hanno condizionato nella scelta, anzi avevamo intrapreso tutti e tre strade diverse; poi la possibilità di continuare l’attività, visto che nel frattempo davamo “una mano lo stesso” ci ha fatto decidere che la strada da percorrere era quella della ristorazione. Grazie a questa scelta la nostra famiglia gestisce il locale ormai da oltre un secolo».

Domanda da un milione di dollari: come si raggiunge un invidiabile livello di professionalità in cucina?

«Con molto “olio di gomito” e tanto tempo dedicato. Non si impara all’improvviso: è una crescita continua dove si cerca di immagazzinare il più possibile. In questo percorso è fondamentale la “fame culinaria”».

Dalla fame alla fama: cosa significa per lei apparire in tv?

«È una grande opportunità, ma l’importante è restare con i piedi a terra ed essere consapevoli che è il proprio ristorante a darti da vivere. L’orgoglio di essere un friulano che può diffondere le specialità del nostro territorio al pubblico televisivo rappresenta comunque motivo di grande soddisfazione».

Secondo dati recenti, tra i tanti giovani della nostra regione che seguono gli studi per ottenere il titolo di “cuoco”, in molti abbandonano oppure alla fine non trovano un’opportuna collocazione. Cosa si deve fare per garantirsi sbocchi sicuri in questa professione?

«I giovani devono aver fame nel crescere verso la scelta fatta, con una curiosità continua. Certo, la gavetta è dura – anche dal punto di vista economico – ma ne vale la pena. Quello dal mondo della scuola al mondo del lavoro è il passaggio più difficile, anche se gli stage formativi aiutano molto. Una cosa deve però essere chiara: trovare subito un lavoro ben remunerato è un’illusione».

Detta così viene da chiedere se ci sono anche dei vantaggi a fare il cuoco…

«Il bello di questa professione è la possibilità di reinventarsi continuamente, anche solo cambiando ambiente lavorativo e tipologia di cucina. Inoltre l’opportunità di apprendere continuamente per potersi poi esprimere nel “piatto” è fondamentale: l’esperienza ha infatti i suoi vantaggi anche in termini economici, perché un cuoco bravo, solitamente, è un cuoco ben pagato. Ovviamente, ci sono anche aspetti meno positivi».

Del tipo?

«La costanza di un orario fisso è un’utopia… Inoltre in questi tempi di crisi i locali tendono a tagliare personale e i cuochi si trovano a riorganizzarsi in un modo diverso e con sforzi maggiori. E non sempre è facile».

A proposito di ritmi di lavoro, i suoi quali sono?

«Ho la fortuna di poter chiudere il locale due giorni alla settimana. Ma durante gli altri cinque inizio la mattina intorno alle 9 e spesso continuano ininterrottamente fi no a mezzanotte. Inoltre anche nei giorni di riposo tra corsi di cucina, viaggi per lavoro e televisione il non stop diventa una norma. Ma è una scelta personale, di cui non mi lamento».

Molti la descrivono come una persona amabile, estroversa, simpatica. La buona cucina aiuta a rendere migliore il carattere?

«Un cuoco arrabbiato in cucina è meglio non incontrarlo! Anche se ci sono attimi di “delirio lavorativo”, poi passano. Di sicuro il rigore, l’organizzazione, il piacere di fare bene il proprio lavoro rendono migliore il carattere; la tv mi ha aiutato molto nei rapporti con le altre persone».

Qual è stato il piatto che per primo le ha dato successo e soddisfazione personale?

«La rivisitazione della minestra d’orzo e fagioli, più di vent’anni fa: renderla asciutta per poi diventare il primo orzotto con crema di fagioli della Carnia e prosciutto di San Daniele croccante. Ma la soddisfazione maggiore è quando, al primo assaggio, vedi spuntare un sorriso di approvazione».

Chi ha gustato i suoi piatti non lesina commenti positivi, dicendo che sa magistralmente mescolare tradizione e novità, tendenze mitteleuropee e friulane. Vuole offrirci un segreto culinario che la tv non le abbia già strappato?

«Una goccia di passione per il proprio lavoro: gusto e sapore inconfondibili».

Consiglio per i meno esperti: ha senso tentare varianti di una ricetta base secondo i propri gusti?

«Lo dico spesso: provate sempre a cucinare, a fare delle ricette senza copiarle esattamente come vengono viste o lette. Ma attenzione: le basi ci vogliono e sono fondamentali per essere consapevoli del proprio bagaglio, ovvero quel libro della nostra mente dove attingere le esperienze e cominciare a variare».

In cucina sono più abili e creativi gli uomini o le donne?

«Gli uomini sono più curiosi e disposti a provare, ma la sensibilità della donna è impagabile, inconfondibile».

Un bravo cuoco quali errori non dovrebbe mai commettere?

«Smettere di voler apprendere, provare, imparare. Non avere la presunzione di sapere o potere tutto».

Il poco tempo libero come ama impiegarlo?

«Con una bella passeggiata nel Collio. Una scoperta di profumi e di immagini: sensazioni impagabili».

Meglio i libri o la tecnologia?

«Ascolto poca radio e vedo la tv quasi sempre la sera tardi o la notte in cerca di qualche buon film; quando posso corro al cinema, specie se ci sono film ambientati nel mondo della cucina. Leggo tutto ciò che è cucina, ospitalità, viaggi».

Se non vivesse in Friuli, in quale parte del mondo vorrebbe abitare?

«In… Friuli. Ultimamente mi piace andare alla scoperta di zone della regione che conosco poco, ed è sempre una piacevole sorpresa. Se devo proprio scegliere una parte del mondo, opto per i Paesi Baschi in Spagna: adoro quell’atmosfera e quell’ambiente».

Vita privata: sposato o fi danzato?

Sorride. «“Morosato”. E non dico altro».

Le piacerebbe che un giorno i suoi figli seguissero il cammino del padre?

«Sicuramente non li condizionerei. Se poi dovesse essere così, cercherei di fargli fare le esperienze che mi sono mancate, per crescere e apprezzare il bello di questo lavoro».

A proposito di futuro, quali sono gli obiettivi nel proseguo della sua attività?

«Crescita, costanza, entusiasmo».

 

La trattoria, aperta dal 1907 e sempre gestita dai Zoppolatti, con uno chef in cucina sempre di famiglia, è sita in un edificio del Settecento, di impronta austriaca, come alcuni dei piatti che trasmettono gusti delicati in cui si riconoscono le testimonianze di materie prime di grande qualità e freschezza. Cucina sia di mare sia di terra, attenta alla cultura del territorio, si esprime in ricette che propongono la tradizione e l’innovazione.

Lo chef Paolo è coadiuvato dal fratello Giorgio che riceve in sala e che si occupa della ricca cantina di vini prettamente locali del Collio e dell’Isonzo. Per i dessert invece si avvale della collaborazione del fratello gemello Giovanni.

Paolo Zoppolatti inizia a lavorare in cucina nel 1989 insieme alla madre che gli insegna i piatti legati alla cucina locale di ispirazione mitteleuropea. La sua cucina è una rivisitazione di tali influenze nel Friuli Venezia Giulia, spaziando dalle verdure alle erbe, alle spezie, ai pesci, alle carni locali. Numerosi i libri che contengono sue ricette e moltissimi gli articoli sulla stampa italiana, europea, americana e giapponese.

È presente in tutte le guide gastronomiche d’Italia. Da 14 anni partecipa al programma di Rai Uno “La Prova del Cuoco” e ha collezionato fino a oggi circa 500 presenze.

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