Un nuovo modo per comprare casa

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Massimiliano Sinacori

14 Ottobre 2015
Reading Time: 4 minutes

Rent to buy

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Con il Decreto Legge n. 133 del 12 settembre 2014, noto come decreto “sblocca Italia”, il legislatore italiano ha inserito nella rosa dei contratti finalizzati all’acquisto di immobili il rent to buy, un istituto utile per chi voglia divenire proprietario di un bene immobile ma non sia nella disponibilità economica per procedere all’acquisto.

Il rent to buy consente a un soggetto interessato, detto conduttore, di ottenere subito il godimento dell’immobile, dapprima in locazione (rent) e poi in proprietà (buy); allo scadere del termine, che viene pattiziamente previsto dalle parti, il conduttore ha la facoltà di acquistare il bene riducendo il prezzo complessivo dell’importo già versato ratealmente. Ciò è possibile in quanto una parte di quanto pagato mensilmente viene imputata a titolo di corrispettivo per la vendita e una parte a titolo di godimento come accade nel contratto di affitto.

È molto importante indicare espressamente nell’accordo quale parte della quota sia da imputare al godimento e quale parte valga come rata anticipatoria al pagamento del bene. Questo perché possono sorgere problemi qualora il conduttore decida di non acquistare il bene: in caso di mancata vendita, infatti, è fatto obbligo al  concedente di restituire i canoni versati quale acconto per l’acquisto del bene e, allorché manchi l’indicazione della cifra esatta, si ritiene che lo stesso debba restituire l’intera somma versata nei mesi di godimento.

Un esempio chiarificatore: si consideri la vendita di un appartamento per 100.000 euro. Il canone mensile convenuto è di 1.000 euro. Si potrebbe presumere che 500 euro vengano corrisposti per il godimento del bene e i restanti 500 euro vengano imputati al prezzo di vendita (come fossero un acconto sul prezzo complessivo dell’immobile) con l’effetto di ridurre tale prezzo allo scadere del termine. Dopo cinque anni, termine fittizio per il caso esemplificativo, il conduttore avrà il diritto di decidere se acquistare il bene per 70.000 euro (in quanto 30.000 euro sono stati già corrisposti con la parte di canone anticipatoria) ovvero farsi restituire quanto anticipato.

In assenza di una chiara divisione della quota mensile il conducente sarebbe costretto a riconsegnare l’intera somma versata dal conduttore nei mesi di utilizzo del bene (60.000 euro), essendo presunto un comodato gratuito a fronte di una corresponsione solo finalizzata alla vendita. L’obbligo di restituzione di tutte le somme incassate appare ingiusto in quanto l’altro contraente ha comunque goduto del bene stesso.

Prima della introduzione della nuova fattispecie in esame, per ottenere il duplice risultato di locazione e vendita, l’unica soluzione era ricorrere al contratto atipico di locazione con patto di futura vendita. Anche in questo secondo caso il soggetto interessato all’acquisto del bene veniva immediatamente immesso nella disponibilità del bene immobile e, dopo un determinato periodo, si addiveniva alla traslazione della proprietà. Tale disciplina presentava limiti rilevanti: in primo luogo non era possibile garantire al promittente acquirente una tutela adeguata cui nei confronti dei terzi, per i limiti di efficacia della trascrizione.

In secondo luogo era problematico trovare una giustificazione causale per una somma di denaro inizialmente corrisposta a titolo di locazione che, al momento dell’acquisto, mutava necessariamente il titolo in compravendita.

Per tali ragioni è stato espressamente disciplinato il rent to buy, che fonde in un nuovo contratto tipico – con una propria causa – i contratti di locazione e del preliminare di vendita di un immobile.

Tecnicamente è un contratto consensuale a effetti obbligatori, che può essere trascritto in via prenotativa ai sensi dell’art. 2645 bis e può avere a oggetto qualsiasi bene immobile: appartamenti, cantine, negozi, uffici, capannoni, autorimesse e perfino terreni. Può inoltre avere a oggetto un immobile in costruzione: in questo caso è addirittura previsto che in caso di fallimento dell’impresa di costruzioni proprietaria la vendita non sia soggetta a revocatoria fallimentare, se pattuita al giusto prezzo e finalizzata a uso abitativo.

Ma quali sono i vantaggi e i rischi per il venditore? Sicuramente il venditore ha la possibilità di trovare un numero più alto di acquirenti interessati e, in caso di mancato pagamento dei canoni, ha diritto alla risoluzione del contratto nonché alla restituzione dell’immobile (trattenendo i canoni già versati a titolo di indennità).

Quanto al rischio è duplice. Può accadere che il conduttore, allo scadere del termine, decida di non comprare l’immobile, al che può trattenere parte di quanto è stato pagato (nella percentuale imputabile all’aspetto locatorio del contratto se è stata espressamente indicata), ma può anche darsi che il conduttore usufruisca del godimento del bene e si renda inadempiente al pagamento dei canoni mensili. Il problema in questo caso è che la disciplina generale del rent to buy non prevede una procedura di sfratto e quindi nessuno specifico strumento giudiziale a tutela dei diritti del conducente. L’unica difesa che è in grado di porre in essere il concedente è inserire preventivamente nel contratto un’apposita clausola di rilascio immediato del bene qualora ci siano ritardi nei pagamenti da parte del conduttore.

Ulteriormente si consiglia ai futuri venditori di pattuire un canone di godimento più alto rispetto a quello previsto per una normale locazione essendo la trattenuta dei canoni l’unica tutela significativa e diretta che può avere il proprietario cedente in caso di inadempimento. La dottrina si è interrogata anche sulla possibilità di inserire una clausola accessoria comportante l’obbligo di acquisto del conduttore.

L’opinione oggi prevalente è contraria a questa ipotesi in quanto ciò comporterebbe una modifica del contratto tale da farlo ritornare atipico e quindi non efficacemente trascrivibile.

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