Un gioiello della Carnia

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Michele Tomaselli

18 Luglio 2017
Reading Time: 8 minutes

Oltris e i Burba

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Aumentano gli appassionati che ricostruiscono l’albero genealogico di famiglia, con l’intento di avvicinarsi al passato e spiare vicende lieti e tristi della vita dei propri nonni, dei bisnonni e dei trisavoli. Di solito le ricerche iniziano studiando qualche fotografia o dei documenti rinvenuti chissà dove, magari in qualche baule, fino ad approdare sul web, agli archivi del Comune e della Parrocchia.

Prima una pista labile, poi qualche incertezza fino ad arrivare a prove certe. Con un po’ di fortuna si potrà giungere agli antipodi e ricostruire l’aggrovigliato albero familiare. Questo studio di per sé è conoscenza, a dimostrazione che un popolo senza comprendere la propria storia, le origini e la cultura, è come un albero senza le radici.

Oltris, in comune di Ampezzo, è il paese d’origine dei Burba, un’antica famiglia di industrianti tessitori come recita l’archivio parrocchiale di Teor, il cui nome deriva probabilmente dal friulano “bùrbar”. Il legame di questa famiglia con la Carnia e la tradizione tessile è già rilevabile in un documento del 1661. Sebbene gran parte di loro sia emigrata altrove, sono sempre più quelle persone che da ogni angolo dell’Italia raggiungono la località, stregati dal fascino delle origini.

Nondimeno Oltris è particolarmente bella e, una volta raggiunta, sembra di entrare in una favola: le stradine acciottolate, la magia dell’architettura carnica con i balconi fioriti e quel profumo di polenta che spesso si sente la domenica mattina vicino a quel bar sempre chiuso. La struttura urbana è quella dei borghi medioevali con le abitazioni in sassi e i ballatoi lignei.

Tito Maniacco, scrittore, poeta e artista, così la descriveva nel 2007 durante una vacanza, mentre realizzava una serie di acquarelli: «Un paese dello spirito, non degli occhi, chiuso dentro un cerchio magico» («Oltris nol è un paîs dai voi, ma un paîs dal spirit, siarât dentri di un cercli magic»). Roberta Benedetti, di mamma Burba, ha fatto una scommessa e a fine 2016 ha aperto il Bed & Breakfast Sot i Crés, l’unica struttura ricettiva del paese: per ora tiene aperto solo i fine settimana, ma ha idee molto chiare per rilanciare l’offerta turistica di Oltris.

Questo toponimo significa “oltre” (“al di là del torrente Lumiei”) ed è una meta ideale per vivere il turismo esperienziale e scoprire un territorio ricco di tradizioni e autenticità. Fu citato per la prima volta in un documento del 1260 “in Carnea in villa que dicitur Oltras” e nel 1563, con il nome Oltri; mentre della sua bella chiesa della Santissima Trinità si hanno notizie perfino nel 1400 e, più tardi, nel 1525, quando papa Clemente VII riconobbe ai fedeli di Oltris 100 giorni di indulgenze.

Nel 1767 fu ristrutturata e oggi conserva dei motivi sacri e ornamentali di notevole interesse, tra cui l’altare barocco di marmo bianco scolpito del XVIII secolo, la pala di Giovanni Pietro Fubiaro con la SS. Trinità (secolo XVII) e le Stazioni della Via Crucis, dipinte a olio su tela e donate dalla signora Angela Moro a padre Bonaventura Burba (al secolo Simone, nato nel 1727 da Maria e Leonardo Burba). Notevole è la Croce settecentesca, realizzata in legno d’ulivo proveniente dal Getsemani di Gerusalemme e arricchita con intarsi di madreperla. Fu portata nel 1790 da padre Bonaventura Burba, di ritorno da un viaggio in Terra Santa.

Anita Salvador Burba e Attiliana Argenteri Zanetti, curatrici del libro “Corsar e Caminar della tradizione tessile friulana”, pubblicazione in due volumetti più un’appendice con un campione di stoffa, hanno provato a raccontare le vicissitudini di questa famiglia e i legami con Oltris. Un lavoro approfondito tra la Carnia e la Bassa friulana, che ricostruisce persino il loro albero genealogico. Secondo alcune testimonianze i Burba provenivano dalla Bulgaria, sebbene nella prima metà del Settecento fu accertata la loro presenza a Oltris e nei paesi del canale di Socchieve. La maggior parte di loro si sosteneva con l’affitto dei boschi e dei pascoli, cosicché si proponeva come una famiglia di stampo borghese. Al suo interno si annoverava perfino un notaio – Giustantonio – che spinse alla carriera ecclesiastica molti dei suoi familiari. Senz’altro due intorno alla metà del secolo, uno zio del notaio e un figlio del notaio, a cui seguirono altri nell’Ottocento.

La presenza dei Burba a Oltris fu rilevante e oggi è comprovata dalle epigrafi presenti nella chiesa della SS. Trinità. A tal proposito l’ex direttore dei Civici Musei di Udine, Giuseppe Bergamini, ha scritto: «Alla ristrutturazione della Chiesa di Oltris fece seguito nei mesi successivi la decorazione a fresco del soffitto del coro e della navata con motivi ornamentali e simbolici con la raffigurazione della Trinità nel medaglione del coro, nell’assunzione della Vergine e dell’adorazione dei magi in quella della navata. Ai piedi di uno dei magi un cartiglio con il nome del committente e la data del lavoro: GIO. Daniele Burba/fabricario 1767».

Questa famiglia aveva sviluppato una particolare abilità nell’arte del tessere, grazie soprattutto alla scuola di Jacopo Linussio, un illuminato imprenditore che elevò Tolmezzo a importante polo tessile. L’abitudine di filare si tramandava da generazioni e vedeva le donne, dalle più giovani alle più anziane, riunirsi per fare il bozzolo. In queste “riunioni”, dette in carnico “file”, si trasformava la fibra in filo per ottenere dei tessuti successivamente destinati alla vendita.

Allo scopo di ampliare la rete di vendita molti valligiani si trasferirono nei territori della Serenissima, o nella vicina Austria, dovunque ci fosse stata la possibilità di esercitare il mestiere del tessero o del sartore. Gli spostamenti avevano carattere stagionale e si distribuivano nel periodo invernale, quando la disponibilità del fieno e del pascolo veniva meno. Inoltre a ogni partenza venivano accompagnati da qualche giovane garzone intenzionato a imparare il mestiere. Secondo la storia dei Burba il personaggio più importante e sensibile della famiglia fu Giovanni, soprannominato barbe Zuan. «Giovanni assieme ad un familiare avviò un laboratorio di tessitura a Padova mentre altri discendenti Burba, per diversi secoli, (…) esercitarono il lavoro di tessitori nella Bassa, ma solo stagionalmente, rientravano in primavera nel paese nativo di Oltris per attendere i lavori di fienagione. Successivamente quando ritennero di avere sufficiente denaro, piantarono degnamente le radici a Teor». Allettati dai facili guadagni che l’Arciducato d’Austria offriva, comprarono la casa dei conti Otellio di Ariis (oggi ancora di proprietà degli eredi di barbe Zuan), seguendo di fatto l’esempio di alcuni Burba giunti a Driolassa (nell’attuale Comune di Rivignano-Teor) qualche anno prima.

Altra vicenda è quella dei Burba emigrati a Campolongo al Torre; secondo il resoconto di Giuliana Grinami, dopo essere arrivati in questo paese a ponente del fiume Torre, impiantarono una filanda e migliorarono il loro stile di vita tanto che, nel 1814, grazie a ingenti capitali acquistarono dal conte Giovanni Gorgo un notevole appezzamento terriero. Si trattava della tenuta “Altran” di Fiumicello, nel Comune di Aquileia, che comprendeva 91 campi gestiti dai coloni Bartolomeo Stabile e Domenico Nicola, oltre ad alcune case coloniche. Il rogito, del valore di 28.000 lire, stabiliva una caparra di 500 lire italiane in monete d’oro e d’argento e fu firmato per la parte acquirente da Giovanni Burba e dai suoi tre figli Giusto, Giobatta e Giovanni.

Con il salto sociale di questa famiglia e l’offerta dei nuovi stili di vita seguirono tante altre partenze. In tempi più recenti Ivana Burba ricorda sua nonna raccontare quando iniziò a fare la tessitrice, anche se qualsiasi altro lavoro poteva andarle bene. Non furono invece dei tessitori i Burba giunti a Cervignano, i cui attuali eredi gestiscono oggi la concessionaria Citroen; diversamente dagli avi dell’altra famiglia presente, quella del geometra Mario Burba che discende dagli acquirenti della tenuta Altran.

Anche a Udine è presente questa famiglia. Il signor Pierino Burba racconta di aver avuto diversi parenti natii di Oltris, per esempio suo bisnonno poi trasferito a Trieste, altresì un prozio, in seguito emigrato a Milano. Quest’ultimo, dal nome Giovanni, è il padre della reporter di Panorama Elisabetta Burba. La stessa giornalista ha dichiarato più volte che durante i suoi viaggi in giro per il mondo ha incontrato diversi Burba, specialmente in Russia, in Lituania e in Albania. Ma ci sono pure dei Burba a Gonars e a Monfalcone. Mario Burba di Cervignano ricorda pure un generale statunitense suo omonimo durante la Seconda guerra mondiale.

Altre curiosità di questo cognome si trovano in alcuni toponimi del nord Italia, che probabilmente derivano dal nome di alcuni tessitori della Carnia: Villa Burba a Rho, vicino Milano, e perfino la frazione Burba nel Comune di Genova.

Il paese degli artisti

Lavorare con soddisfazione a Oltris si può. A sostenerlo è una coppia di creativi pubblicitari e artisti che, dal 2012, hanno abbandonato Milano per raggiungere la Carnia e vivere con le due figlie. Coppia in amore e sul lavoro, Sergio Scalet, 43 anni, di origini trentine, e Nadia Squarci, 39, di origini carniche, dal 2014 si sono trasferiti a Oltris di Ampezzo; hanno comprato una vecchia casa che hanno successivamente ristrutturato.

L’edificio è abbracciato alla natura e permette di entrare nel bosco in pochi secondi. Ubicato al margine della borgata, si racconta che proprio da qui, verso la fine del XVIII secolo, partì la prima famiglia Burba per raggiungere la terra promessa, ovvero la Bassa friulana. All’ultimo piano un’ampia vetrata di una grande stanza, oggi trasformata in laboratorio, apre l’orizzonte alle montagne: è qui che nascono le loro idee e le loro opere d’arte. A Milano creavano per marchi come Mediaworld, Sony, Canon, ed è sempre là che sono nati il loro duo artistico Hackatao e le loro creature, i Podmork: sculture dalle forme morbide e totemiche, che si collocano al centro della loro ricerca immaginifica, capaci di stregare gallerie d’arte e pubblico. Il loro percorso artistico è segnato da diverse personali e progetti in Italia e nel mondo, e oggi lavorano perfino per la Cina.

«La montagna regala spunti creativi – spiega Segio Scalet – e in questa borgata di soli 54 abitanti abbiamo trovato la pace. Una conferma? Per fare la copertina dell’agendina Comix Special 2016-2017 la Cosimo Panini ha scelto proprio noi . Il 1°ottobre è stata inaugurata a Milano la mostra personale Wazhack! all’Artea Gallery con molte opere e una nuova serie di Podmork».

La giornalista Tanja Ariis nel suo libro «La montagna degli altri. Diventare montanari e inventarsi un lavoro», raccogliendo ventiquattro storie dei nuovi abitanti delle montagne friulane, li ha citati come esempio per rilanciare la Carnia.

I Burba al gran completo

Due giornate di festa e allegria, il 22 e 23 luglio, per riunire tutta, o quasi, la famiglia e i tanti “cugini” dei diversi rami. L’idea di radunare i Burba nasce dalla monfalconese Patrizia Burba allo scopo di tenere vivo quel legame con Oltris.

Questo il programma: sabato 22 luglio: ritrovo a Teor per la messa delle ore 11 in ricordo di tutti i Burba che lasciarono Oltris nella speranza di un futuro migliore. Verso le 12.30 seguirà il pranzo in un locale del Comune; domenica 23 luglio: in concomitanza con la festa patronale, visita al borgo di Oltris. La località sarà raggiungibile esclusivamente con i mezzi propri. Alle ore 11 seguirà la messa e verso le 12.30 il pranzo. Per l’occasione sarà preparato il “piatto Burba”, composto da frico, polenta e speck e 1/2 lt di acqua. Si ricorda la possibilità di pernottare presso il B&B Sot i Crés di Roberta Benedetti (contatti 333 8738 017 e  roberta.oltris@gmail.com).

Il Comune di Ampezzo metterà a disposizione un pulmino a 8 posti per la spola tra Ampezzo e Oltris. Ognuno potrà scegliere di partecipare a un evento o all’altro, oppure a entrambi. La Società Filologica Friulana darà il patrocinio alle due giornate e ha garantito la presenza del suo presidente Federico Vicario.

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