Musica per sognare

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Margherita Reguitti

29 Dicembre 2021
Reading Time: 6 minutes
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Vincenzo Sandro Brancaccio

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Vincenzo Sandro Brancaccio è un virtuoso di chitarra classica, vincitore di numerosi e importanti premi nazionali e internazionali che da Napoli, dove ha iniziato lo studio dello strumento, ha messo radici in Friuli Venezia Giulia.

Da poco è uscito il suo primo lavoro discografico “Rêverie Italien” per chitarra solo, pubblicato in Giappone dalla Da Vinci Publishing, una casa discografica d’eccellenza per la musica classica e jazz fondata dall’italiano Edmondo Filippini.

Docente di ruolo al Liceo musicale Carducci Dante di Trieste, ha conseguito a soli 21 anni, nel 2005 da privatista con il massimo dei voti, il diploma al Conservatorio “N. Sala” di Benevento. Si è successivamente trasferito a Coblenza, in Germania, per seguire il suo maestro Aniello Desiderio che nella città tedesca era titolare di cattedra nella prestigiosa accademia.

Precoce la sua passione per la chitarra, che ha iniziato a studiare a soli 10 anni.

Da Napoli a Coblenza, per giungere poi a Trieste come insegnante, scegliendo di vivere a Gradisca d’Isonzo. Un viaggio seguendo la passione della musica classica in città affacciate sul mare?

«Non credo di essere approdato a Trieste casualmente. Le città di mare hanno qualcosa di magico e io ho seguito il mio istinto. Undici anni fa vivevo a Coblenza, dove alternavo allo studio l’insegnamento e l’attività di concertista. Quando il mio maestro Aniello Desiderio mi propose di trasferirmi a Gorizia per aprire una sezione italiana dell’Accademia di Coblenza non ho avuto esitazioni. Forse una certa dose di incoscienza mi ha fatto prendere la decisione senza troppo valutare la reale possibilità di portare a compimento un progetto tanto ambizioso. Fu una scelta azzardata, l’obiettivo sfumò ma, con il senno di poi posso dire che è stata l’occasione per conoscere questa bella terra, dove esistono tante e valide realtà musicali».

Come ha deciso di dedicarsi all’insegnamento negli istituti superiori?

«È stato un fortunato intreccio di occasioni e della mia personale evoluzione che ha creato le condizioni, dopo una preparazione durata complessivamente quattro anni, per la conquista di una cattedra di ruolo al Liceo musicale Carducci Dante di Trieste. Anni dedicati allo studio, prima per il conseguimento dell’abilitazione, poi per le prove del concorso. Nel frattempo ho avuto l’occasione di fare esperienza in incarichi da precario al Liceo musicale di Udine. Una conoscenza del territorio che è stata fondamentale per mettere radici. Da sei anni sono docente di ruolo».

La sua formazione non si è fermata con il raggiungimento di una posizione sicura…

«Avevo il desiderio di tornare a essere uno studente accademico, in una forma diversa rispetto agli studi da privatista. Dunque mi sono iscritto al biennio di Musica da Camera al Conservatorio Tartini di Trieste».

Con quali motivazioni ha scelto di tornare a essere studente pur essendo docente?

«Desideravo fare nuove esperienze, conoscere altri strumentisti e svestire i panni del docente per tornare a vivere l’attività didattica dal punto di vista dell’allievo. Un’esperienza davvero utile e stimolante, positiva per riassaporare aspettative, esigenze e motivazioni spesso dimenticate quando si sta dall’altra parte della cattedra, ignorando il percorso precedente. Il tutto è stato facilitato e incoraggiato dal fatto che Conservatorio e Liceo sono vicini: pochi passi per cambiare ruolo e tornare a imparare».

L’insegnamento in dad (didattica a distanza) cosa le ha lasciato di positivo e come ha affrontato le ripercussioni negative?

«Dal punto di vista personale il periodo è stato positivo per l’abbondanza di tempo libero creatosi con la necessità di restare in casa durante la pandemia. Un tempo che ho dedicato alla lettura, alle riflessioni oltre che all’esercizio con lo strumento. Forse però non ho saputo trarre il meglio da questa abbondanza in quanto il venir meno degli schemi che regolano la vita lascia spaesati e forse meno concentrati. Dal punto di vista dell’insegnamento a distanza la chitarra è uno strumento che dà un margine maggiore rispetto ad altri strumenti come il violino o la tromba che hanno frequenze alte. Certo, è mancata la possibilità di affrontare con gli studenti la parte timbrica e pratica. Ma soprattutto è mancato l’aspetto emotivo ed empatico, azzerato dal medium della tecnologia. Abbiamo allora lavorato di più sul programma organologico dello strumento, sullo studio della storia dei repertori, approfondendo la parte letteraria e di cultura generale, spesso sacrificate. Le lezioni più penalizzate sono state quelle di musica da camera, impossibili da realizzare per la mancanza di connessioni veloci. Una carenza in tutto il Paese».

Quante ore di studio dello strumento sono previste per gli allievi nel Liceo musicale?

«Per il primo strumento le ore sono due alla settimana nel biennio e in quinta, un’ora in terza e quarta. Ogni studente sceglie il primo strumento mentre il secondo gli viene assegnato d’ufficio. Se il primo è monodico il secondo è polifonico e viceversa».

Come è nata la sua passione per la musica classica?

«La mia non è una famiglia di musicisti, io sono il primo ad aver intrapreso questa carriera. Fondamentale è stato l’incontro a 10 anni con Gennaro Venditto, artista molto eclettico che ha saputo trasmettermi la passione. Poi la convinzione su cosa volevo davvero fare nella vita si è consolidata ascoltando in un concerto a Napoli il maestro Aniello Desiderio. Rimasi folgorato dal suo modo di esprimersi più che di suonare. E non ebbi dubbi: io volevo studiare con lui. Poco importava che non avesse cattedra in Italia. Risolsi il problema studiando a casa e andando in conservatorio solo per dare gli esami. Sapevo senza esita zioni che la scelta era netta: diventare il suo allievo o lasciare».

Che ricordi ha degli anni di adolescente?

«Tanto studio e tanto impegno sostenuti dalla convinzione che stavo percorrendo la strada giusta. E poi la libertà di utilizzare il parco degli scavi di Pompei come sala studio. Mentre i compagni scioperavano io, con un gruppo di amici, andavo a studiare fra le meraviglie del passato. Davvero bei ricordi!»

Per lei chi è artista?

«Artista è l’uomo o la donna che, attraverso l’espressione della sua sensibilità, tocca le corde emotive degli altri. Come? Padroneggiando e plasmando il linguaggio artistico attraverso il mediatore espressivo scelto. Faccio sempre una netta divisione fra la capacità professionale e quella creativa artistica. Un musicista può aver affinato un grande virtuosismo senza essere in grado di far piangere e sognare il suo pubblico. Chi va a un concerto vuole sognare, tutto il resto è in secondo piano per me».

Che cosa è la musica per lei?

«Un linguaggio universale che tende alla trascendenza totale. La musica è libertà, le evocazioni che crea in chi ascolta non sono legate a nulla di reale, come può accadere per un quadro o altra opera d’arte. Quanto di più universale l’uomo possa creare senza mediazioni».

Il primo cd di Brancaccio va controcorrente rispetto alla produzione imperante di lavori monografici. La sua registrazione è infatti una collana di grandi autori e brani di difficile esecuzione: “Carnevale di Venezia” da Paganini di Francisco Tárrega, “Rêverie nocturne” di Giulio Regondi, “Rossiniana n. 1” di Mauro Giuliani, “Capriccio diabolico op. 85” di Mario Castelnuovo-Tedesco e due canzoni del compositore vivente Nuccio D’Angelo. Il critico musicale Andrea Bedetti definisce questo programma “una parete di sesto grado”…

«Ho lavorato molto sulle sfumature interpretative di questi autori e brani per evitare le secche di un’esecuzione puramente virtuosistica. Sono sempre stato riluttante a incidere; ogni volta davo spazio a priorità altre senza sentirmi mai pronto per il passo. Sono stato messo alle corde, senza via di scampo, per così dire, dall’energico incoraggiamento di un amico, Massimiliano Miani, primo clarinetto all’Opera di Lubiana. Oggi sono abbastanza soddisfatto con alcune riserve, che tuttavia non mi hanno impedito di accettare un secondo lavoro con la stessa casa discografica italo-giapponese. Il prossimo lavoro sarà un monografico in più volumi su un importante autore per chitarra».

E dopo il cd è arrivata anche la prima esibizione dal vivo a Trieste: due concerti per l’associazione “Chamber Music” al Double Tree Hilton. Dal golfo di Napoli a quello più a nord dell’Adriatico.

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