Margot Marrone: gli alberi muovono il vento

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Nata in Francia e cresciuta in Friuli. Una vacanza con il marito le ha fatto scoprire la Danimarca. «Qui lo stress non esiste». E nella sua nuova casa ha scritto – a mano – un noir capace di stregare la critica. «Un lettore mi ha detto: lei non scrive libri, dipinge»

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Margot Marrone alla guida di una delle auto d’epoca dell’attività di suo marito (ph. Robin Mørensson)

A gennaio inizierà a insegnare italiano e francese nel piccolo comune in cui vive con il marito nel sud della Danimarca. Una zona agricola al confine con la Germania, a 8 km dal Mare del Nord.

Da poco più di due anni questo è il nuovo regno di Margot Marrone, fonte di ispirazione per la sua scrittura.

Anche in videochiamata, l’energia contagiosa dell’autrice di Gli alberi muovono il vento” (Noripios Edizioni) mette di buon umore.

«La Danimarca – confida la scrittrice – ricorda il Friuli e l’Italia degli anni ’80, con quella tranquillità e pulizia dei rapporti. Io e mio marito l’abbiamo scoperta quasi per caso: dovevamo andare nelle Fiandre, poi l’alluvione fece saltare il viaggio e decidemmo di visitare la Danimarca. Siamo rimasti affascinati».

Tanto da trasferire armi e bagagli nel giro di un anno, compresa l’attività di compravendita di auto d’epoca di lui.

«Io invece – ricorda la protagonista – sono stata assunta da un’associazione che offre corsi di lingue nei comuni della Danimarca. Le lingue più gettonate sono l’italiano e il francese. L’italiano in particolare perché i danesi adorano l’Italia: ne hanno una visione molto romantica. Siccome vengono spesso in vacanza nel nostro Paese, in molti desiderano conoscerne la lingua».

Margot, facciamo un po’ di ordine: nata in Francia e residente in Danimarca. Eppure possiamo definirla friulana…

«Sono venuta in Italia a 4 anni, a Udine. Mio padre, orfano di guerra, era nato e cresciuto in Friuli, a Tricesimo. Dal mio arrivo ho sempre vissuto lì, anche se tre mesi all’anno d’estate tornavo in Francia con mia mamma, francese. A metà anni ’80 ci trasferimmo da Udine ad Ara di Tricesimo dove ho imparato il friulano che, all’epoca, ci si vergognava di parlare in città».

Oggi cosa le manca del Friuli?

«Le montagne, le nostre Alpi. Io e mio marito ci andavamo sempre in camper. E ovviamente mi mancano le amicizie e la lingua, anche se i venerdì faccio sempre videochiamate per aperitivi e caffè con le amiche friulane. Io sono molto radicata alla terra, ma in un certo senso sono una sradicata. In Francia mi dicevano “ecco l’italiana”, quando sono arrivata in Friuli ero “la francesina”… Il senso di appartenenza, ciò che ci definisce e che costruiamo nel corso della nostra vita, si ritrova anche all’interno del romanzo».

Margot Marrone scrive sempre a mano la prima stesura dei suoi libri (ph. Nina Korthout)

Della Danimarca invece cosa le piace?

«L’assenza totale di stress. Lo si percepisce ovunque: nelle persone e nelle cose che si fanno. Nell’ambiente di lavoro la prima cosa che tutti dicono è “Niente stress”. Sono molto organizzati, si lavora, ma lo si fa con calma e il tempo libero delle persone è sacro. Non esiste che il tuo capo ti chiami o ti invii mail al di fuori dell’orario lavorativo. Il sabato i negozi chiudono alle 14. E domenica è tutto chiuso. Le persone si dedicano molto alla famiglia, alle loro passioni, godendosi il tempo libero. Una cosa che invece in Italia e in Friuli ci è stata strappata con violenza e con dolore. E di cui le persone soffrono molto».

La passione per la scrittura quando è nata?

«Ho sempre scritto: da bambina tenevo il diario. Avevo un carattere introverso per cui fin da piccola mi rifugiavo spesso nella lettura e nella scrittura. Quando pensavo me stessa da grande mi immaginavo come Virginia Woolf seduta alla finestra mentre osserva la campagna e scrive i suoi libri. Quello che ora, qui in Danimarca, posso finalmente fare. Ho realizzato il sogno da bambina».

Il suo romanzo narra una storia di identità e accettazione. Cosa c’è di autobiografico?

«Se uno scrittore afferma che i propri libri non sono autobiografici mente sapendo di mentire. Qualcosa è ovvio che ci sia. Così come c’è anche l’invenzione, la finzione, l’immaginazione».

Durante la vicenda la protagonista riprende coscienza del suo passato e della sua natura autentica. Un percorso che in qualche modo ha coinvolto anche la vita di Margot Marrone?

«Nelle prime pagine la protagonista appena si sveglia pensa “Un nuovo giorno sta iniziando e lascia aperte infinite possibilità”. Ogni giorno che viviamo lascia aperte tante possibilità. Quando si va in un posto nuovo, poi, questa sensazione diventa molto forte, quasi inebriante. E ti porta a vedere possibilità che prima non notavi o che magari pensavi non si potessero realizzare. Qui il cambio di abitudini, orari e quotidianità ha probabilmente stimolato la mia creatività».

Quali sono stati i complimenti che più ti ha fatto piacere ricevere per il libro?

«Ne ho ricevuti molti. Tutti mi dicono che una volta iniziato il libro non lo molli. Il massimo per uno scrittore. Mi piace poi che il romanzo venga letto sia da donne che da uomini. Proprio il marito di una conoscente mi ha fatto il complimento più bello: “Lei non scrive libri, dipinge”. Mi ha emozionato. Sono inoltre stata contattata dal figlio del mio professore di letteratura alle superiori, severissimo, che ha chiesto la mia mail per inviarmi la sua recensione».

Margot Marrone nella campagna danese assieme alla sua cagnolina Frida (ph. Nina Korthout)

Altri progetti editoriali in cantiere?

«Sto scrivendo un nuovo romanzo, completamente diverso dall’ultimo. Sarà una storia con due personaggi anziani».

È vero che lei scrive i suoi libri a mano?

«Sempre. Perché sono convinta che il flusso creativo esca dalla mano: se uno scrive a pc questo non accade. Anche la scienza lo dimostra, sono processi cognitivi precisi. Di fronte a una pagina bianca di computer io resto con la testa vuota, immobile. Davanti a un quaderno, invece, anche se non so cosa scrivere parto e l’ispirazione arriva. La mia prima stesura è sempre a mano».

Prima ha citato Virginia Woolf. Ci sono scrittori a cui si ispira?

«Sono stata una precoce lettrice di Edgard Allan Poe e Agatha Christie. Il noir mi ha sempre affascinata e formata. Nelle mie storie non c’è una goccia di sangue. Mi piace indagare le profondità dell’animo umano: il tema del bene e del male mi accompagna sempre. Così come la conoscenza dell’altro. Quando pensiamo di conoscere una persona, in realtà non la conosciamo abbastanza».

A proposito, il futuro di Margot Marrone sarà in Danimarca o in Friuli?

«Non progetto di tornare a vivere in Friuli. Ci torno in visita almeno una volta all’anno, ma preferisco restare a vivere in Danimarca».

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