La potenza del disegno

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Margherita Reguitti

7 Luglio 2023
Reading Time: 5 minutes

Con la sua matita ha firmato progetti artistici e pubblicitari. Nel frattempo il Museo Internazionale del Fumetto di Pordenone, da lui diretto, è già un’eccellenza del settore

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Giulio De Vita ha iniziato a lavorare a 16 anni disegnando fumetti e dal 2018 è ideatore e direttore artistico del PAFF! Palazzo Arti Fumetti Friuli ora International Museum of Comic Art di Pordenone, la sua città.

Con la matita ha lavorato per oltre 35 anni in solitaria, ma la voglia di confronto creativo lo ha portato a spaziare in ambiti assai diversi firmando progetti importanti in pubblicità, cinema, teatro, così come copertine musicali e la regia di video, solo per fare alcuni esempi.

Il PAFF per lui è una realizzazione artistica, frutto di metodo e imprinting manageriale, un’esperienza smart per fasce diverse di pubblico: ce la spiega così.

Il fumetto sta vivendo un ritorno di popolarità, spaziando tra temi sempre diversi, legati anche al contemporaneo. Come spiega, da direttore e fumettista, questo ritrovato protagonismo?

«Durante la pandemia c’è stato un boom di vendite di fumetti; questo fenomeno si spiega in maniera intuitiva, gli appassionati di fumetto sono sempre stati tanti e l’aver più tempo da dedicarvisi ha permesso di farlo più assiduamente, grazie anche all’acquisto online. Aggiungo che il fumetto è stato sempre un fenomeno di massa, al passo dei tempi e delle mode, che si rinnova di generazione in generazione, non conosce crisi. Certo, oggi i mezzi di intrattenimento sono molti di più di un tempo, ma le caratteristiche uniche di questo linguaggio gli permettono di competere ancora oggi con mezzi tecnologici come serie in streaming, social media e videogames. Inoltre oggi non è più solo svago, ma anche impegno e approfondimento con il graphic novel, il graphic journalism e il fumetto divulgativo».

A tre mesi dall’apertura del nuovo PAFF Palazzo Arti Fumetto Friuli, diventato International Museum of Comic Art, un primo bilancio e una traccia di lavoro?

«Il PAFF da crisalide sta diventando farfalla, da fase di startup culturale con assetto sperimentale, grazie ai suoi successi, è diventato in pochissimo tempo museo internazionale. Un cambio che necessita di un adeguamento di consapevolezza. Da un lato c’è grande entusiasmo per una crescita vertiginosa, dall’altro c’è un grandissimo impegno che richiede continui assestamenti organizzativi e manageriali. Siamo un team di persone appassionate, motivate ed eterogeneo che ha dato più volte prova di determinazione per superare con performance eccellenti momenti anche molto difficili e stiamo lavorando perché l’eccezionale diventi norma. La mostra in corso Shaun the Sheep & Friends, the Art of Aardman Exhibition è questo: un progetto di caratura mondiale, mai visto in Italia, che contiamo possa far stabilire nuovi record di gradimento e affluenza di turismo culturale nella nostra città».

Quali sono le caratteristiche dell’esposizione permanente fra tavole originali e multimedialità?

«Incarna l’idea stessa della vision del PAFF. Nato come progetto innovativo che potesse, grazie al fumetto, riconcepire il concetto di museo troppo spesso associato a idea di vecchio, polveroso e statico. Il PAFF invece si è sempre dichiarato come smart museum, luogo da vivere prima che da visitare, da fruire attivamente attraverso un’esperienza intermediale, immersiva e attiva, proprio come avviene quando si legge un fumetto. Per questo le 20 sezioni individuate dal curatore Luca Raffaelli sono dedicate ai formati del fumetto e ogni sezione è organizzata in “strisce” e “vignette” che nel concreto sono cassetti nei quali il visitatore è chiamato a intervenire scoprendo tavole originali, pubblicazioni storiche, oggetti, audio, video e postazioni interattive. La mostra permanente, la cui realizzazione ci ha impegnati per oltre 2 anni, completa la rosa di attività integrate del PAFF e ne diventa il centro di riferimento logico e scientifico».

Quale è il vostro pubblico e come lo accogliete?

«Offriamo un’esposizione per fasce differenziate che può essere fruita con egual soddisfazione in mezz’ora o in 5 ore, in ogni suo livello. Il tutto in italiano e inglese. I target sono multipli nel segno dell’innovazione al concetto di museo. Gli ampi orari di apertura, dalle 10 alle 20 dal martedì alla domenica, tutto l’anno richiedono un’organizzazione secondo destinatari differenti. Le mattine le scuole, il pomeriggio gli hobbisti e professionisti e il weekend le famiglie e turisti culturali, di solito appassionati del genere, addetti ai lavori provenienti da fuori territorio. Le attività integrate con i temi espositivi sono di ambito ludico didattico per le scuole, artistico per gli hobbisti, soft skills (capacità relazionali e comportamentali, ndr) e temi sociali per attività formative per professionisti e aziende».

Quali i temi delle mostre temporanee?

«Sono strutturate su 3 livelli e trovano collocazione in altrettanti spazi. Le “excellence” di caratura internazionale con autori, temi o personaggi storicizzati o di richiamo per il grande pubblico sono ubicate nella galleria d’arte moderna, una stupenda struttura realizzata nel 2010 dotata di tecnologia domotica. Permettono un’attività che attrae l’interesse dei media e dona reputazione e autorevolezza alla struttura conferendo visibilità internazionale. Le mostre “heritage”, allestite nella villa storica, sono più agili e ridotte ma non meno importanti. Forse meno popolari ma necessarie, più di ricerca con autori, personaggi o temi da scoprire, oppure esposizioni legate più al mercato e alle contingenze dell’attualità. Infine proponiamo le esposizioni di artisti emergenti o dedicate a temi sociali. Ci manteniamo dinamici ed elastici e a seconda dell’occorrenza ci inventiamo spazi espositivi inaspettati all’interno della struttura oppure al di fuori di essa».

Una vostra ricchezza, oltre alla storica sede, è l’archivio: quali i programmi di valorizzazione, divulgazione e implemento?

«Attualmente beneficiamo dei finanziamenti del bando contenitori culturali creativi della Regione Friuli Venezia Giulia, che sono triennali, oltre alla convenzione con il Comune di Pordenone che ci mette a disposizione la struttura. Questa formula del bando a termine oggi per noi, come museo, pone il rischio che possa non dare la prospettiva adeguata alle pianificazioni di un museo di questa caratura. Nel futuro contiamo di beneficiare di finanziamenti stabili e duraturi che ci permettano di pianificare a lungo termine acquisizioni, ma anche garantire a prestatori e donatori la custodia e la valorizzazione del loro patrimonio».

La rete fra i Musei del Fumetto sul territorio nazionale è un punto di forza?

«Ci stiamo affacciando a questa nuova opportunità e contiamo molto sulla collaborazione con altri enti di questa categoria».

È più complesso dirigere o disegnare?

«Non mi sono mai ritenuto un disegnatore puro, ma un narratore e un creativo, per questo sono stato sempre attratto da ambiti diversi della creatività, certo, dove il disegno ha una qualche presenza: ho lavorato nella pubblicità, nel cinema, nel teatro, ho anche registrato un brevetto… Questo forse anche perché il mestiere del fumettista è molto solitario e ho sempre avuto bisogno di divagare creativamente e confrontarmi con altre persone. Perciò considero il progetto del PAFF come una realizzazione artistica, anche perché è il solo modo per me nel quale so ragionare. In molti pensano che una creazione artistica sia abbandonata al caso, tutt’altro: gli artisti, quelli veri, hanno metodo e organizzazione, solo così la creatività può liberarsi in maniera potente. Penso altresì che questa sia la cifra di unicità di questo progetto. È più difficile per me dirigere, perché disegnare lo faccio da sempre, ho iniziato a lavorare a 16 anni, mentre a dirigere ho iniziato 5 anni fa. Disegnando fumetti crei interi universi con il solo strumento di una matita, dirigere è un continuo processo di comunicazione, comprensione, delega».

Come spiegherebbe a un marziano cosa è?

«Glielo disegnerei e capirebbe subito».

 

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