La chiave di via Rastello

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Gorizia protagonista del romanzo dello scrittore e giornalista Paolo Pichierri. Una storia misteriosa dai risvolti “criminali”

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Elegante, fiabesco. Mi è rimasto impresso nella retina. Non è cambiato, no?

L’ex commissario di Polizia, Vincenzo Salvati, detective sempre, per passione e naturale inclinazione, questo chiede al fedele collaboratore Branko Jankovic – celerino con modi da caserma e fiuto sottilissimo – del castello di Gorizia, città nella quale si trova coinvolto in una storia misteriosa dai risvolti “criminali” che lo scrittore e giornalista Paolo Pichierri pone al centro del romanzo “La chiave di via Rastello” (Rossini Editore, pagg.110, euro 12,99).

La capitale europea della Cultura con Nova Gorica nel 2025 è coprotagonista non solo in quanto luogo dove accadono le cose in una manciata di giorni invernali. Sono infatti unicamente suoi i profumi e i suoni, le strade e le atmosfere, i personaggi e gli orizzonti; un insieme di  “note nella composizione” dei fatti.

E non poteva scegliere meglio lo scrittore per creare l’immedesimazione empatica con il suo protagonista cieco del quale il lettore ha già imparato nel romanzo precedente “Il diamante di Grado” a conoscere l’acume, la capacità di leggere la natura umana per arrivare alla scoperta del male.

La sera della presentazione del suo romanzo il famoso e ricchissimo scrittore dei best sellers, creatore del brand letterario “Giallo-storico”, l’austriaco Siegfried Walden muore durante la ristretta cena che segue l’evento. Su intuizione della vecchia madre si scopre che è stato avvelenato: chi vuole cercare la verità? Tutti, amici e forze dell’ordine, ma soprattutto il proprietario del prestigioso Hotel dove si è svolto il dramma, preoccupato delle disastrose ripercussioni del decesso la cui notizia  rimbalza sui media internazionali per la notorietà della vittima. Sarà lui che informalmente dà l’incarico a Vincenzo Salvati di scoprire la verità.

Sono pagine di incontri, quadri d’ambiente teatrali dipinti con pennelli di precisione documentale e colori di intensità morbida, scevra da pignolerie futili, nei quali Paolo Pichierri conferma il suo essere un narratore innamorato dei dettagli, fisici e psicologici, che sono quei profumi e suoni di cui sopra.

La copertina del libro

Monica e Greta sono le due donne nella vita del romanziere passato a miglior vita proprio nella serata celebrativa nella quale, a sorpresa, rivela di voler abbandonare il genere che lo ha reso ricco e famoso per passare alla scrittura di indagine.

Monica, giovane e bellissima fidanzata, con velleità di scrittrice, dalla voce capricciosa e vaginale, o Greta ex moglie, deuteragonista di Sigfried,  elegante, apollinea, dea dalla voce sintetica, roca: sono les femmes che portano in scena con guizzi imprevedibili una femminilità sofisticata e diversamente ammaliante.

Gorizia è protagonista; anche i goriziani, e non solo i foresti, leggendo capiranno di aver molto da imparare e scoprire, pervasi dalla voglia di identificare i personaggi con le persone reali.

Gorizia “dove le volute di fumo salgono dritte nella sua aria ferma. Dove  il rapporto fra la cronaca e la storia è molto stretto e questo dilata la dimensione temporale del tempo”, spiega Ben Herzog faccendiere austriaco amante di libri antichi che si definisce “un volgare lobbista”.

Ma il titolo da dove arriva? Dalla chiave, grande, pesante ben tornita appesa al collo del libraio antiquario Carlo, che apre la sua bottega nel cuore della città già Nizza dell’Austria. Ma non solo.

Pichierri giornalista televisivo, avvezzo a tempi brevi e densi, ritmati, e al pensiero complesso avendo scelto di laurearsi in Estetica all’Università di Trieste, tiene stretto il lettore. Allenta la presa solo per fargli gustare un bicchiere di Ribolla gialla o Franconia.

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