Gocce passate

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Michele Tomaselli

27 Dicembre 2012
Reading Time: 5 minutes
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La prima auto italiana: una storia friulana

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La Peugeot Tipo 3 fu la prima auto a essere immatricolata in Italia. Era il 1893. Per uno scherzo del destino, poco tempo dopo quello stesso esemplare giunse in Friuli assieme al suo proprietario. E tra le strade impolverate di Aiello e Cervignano del Friuli scrisse un capitolo di storia dell’automobilismo.

Linfa essenziale del dinamismo del territorio è scoprire, passo dopo passo, la bellezza, i segreti, gli aneddoti, le storie ad esso intrecciate. È il riemergere delle testimonianze documentali che porta a considerare il territorio come una clessidra carica di segreti e sorprese che, con passione e fatica, il ricercatore riconsegna alla comunità. Scoprire il territorio significa guardarlo con occhi diversi, ripercorrendo il filo rosso della storia, svelando gli intrecci fra cultura, tradizioni e arte, per assaporare vicende dal notevole fascino.

È difficile credere che la prima automobile italiana appartenesse al nostro territorio, compreso nell’antecedente Friuli orientale. L’esemplare Peugeot Tipo 3, telaio n. 25 del 1893, con motore tedesco Daimler 124, pietra miliare dell’automobilismo italiano, circolò dalla fine del XIX secolo per le strade impolverate dell’allora signorile paesello austroungarico di Aiello del Friuli. L’aveva comperata un certo signor Lazzari che, di origine montenegrina (Lazaric), aveva raccolto grandi fortune nel campo finanziario, quale banchiere del Chedivè in Egitto. Guido Lazzari (1865-1953) era arrivato ad Aiello del Friuli, nell’allora regione adriatica del Küstenland, acquistandovi svariati terreni, casali, fra cui la prestigiosa seicentesca Villa Strassoldo, e fondandovi un importante stabilimento tessile.

Nel 1905, fondò, assieme al fratello, una fabbrica di candele e la prima centrale idroelettrica del mandamento di Cervignano, che agli albori poté illuminare l’isola gradese. Al passo coi tempi, persuaso del valore formativo dello sport, contribuì alla crescita delle associazioni sportive locali, oltre a realizzare uno stravagante campo da tennis.

Di tendenze liberali e filo-italiane, divenne per breve periodo anche podestà di Aiello. Nel contempo, stabilì la propria residenza nella padronale Villa Strassoldo, e qui portò anche la sorprendente Peugeot Tipo 3, che non mancò di stupire e impensierire i paesani. Il Lazzari, con la patente numero due d’Italia, conduceva quell’antesignana automobile senza grandi difficoltà e probabilmente con la consapevolezza di dare spettacolo: indossava una pelliccia di plantigrado e dei lorgnette color silver, richiamando lo sguardo meravigliato dei curiosi che, confusi e felici, trovavano un nuovo svago fuori dalla vita dei campi, mentre le galline impaurite se la battevano “a zampe”.

Giuseppe Bettioì, maestro della scuola elementare negli anni compresi fra il 1896 e il 1899, ricordava così quella “strana diavoleria meccanica”: «In Ajello ebbi l’occasione di veder girare la prima automobile. L’aveva comprata un signore, un certo Lazzari, che ci aveva una bella villa ed aveva la forma di un calessino senza timone. Tutti correvano a vedere la “carrossa a’ fûc” come dicevano allora e il nuovo veicolo fu maledetto non so quante volte perché i cavalli e i buoi, non abituati a quell’arnese, automuovente e rumoroso, si spaventavano e molte volte carri e carrozze andavano a finire nei fossi».

Al tempo della Grande Guerra, Aiello, come tutta la Bassa Friulana, veniva trasformata in una gigantesca retrovia: alle residenze requisite si aggiunsero casali e terreni. La Villa Strassoldo dei Lazzari fu occupata dal Comando della prima Divisione di cavalleria, oltre a diventare una cerchia mondana dell’ufficialità e dell’aristocrazia italiana impegnata sul fronte. Oltre alla Peugeot Tipo 3, vi trovavano infatti dimora i rampolli gentilizi e militareschi: Pompeo Pignatelli, Filippo Rinaldi Ghislieri, Luigi Tosti di Valminuta, Carlo Dentice di Frasso, Manfredi Lanza di Trabia, il Colonnello Francesco Rossi, M.O.V.M., il tenente Attilio Frescura, il medico francescano padre Agostino Gemelli, fondatore poi dell’Università Cattolica di Milano, la duchessa d’Aosta ispettrice delle infermiere della Croce Rossa Italiana, e infine l’insigne sovrano Vittorio Emanuele III che vi soggiornò il 6 giugno 1915.

Durante il conflitto, allo scopo di utilizzare le materie prime nell’industria bellica, molti macchinari ed automezzi, fra cui la Peugeot Tipo 3, vennero smontati per adibirne i pezzi ad altri scopi. In seguito all’evoluzione postbellica dell’industria automobilistica, la Peugeot Tipo 3, amputata di alcune parti, finì nelle rimesse della villa, abbandonata al suo inesorabile declino.

Rimase senza esito un tentativo di ripristino intrapreso da Guido Lazzari, che tentò di sostituire le parti mancanti del motore Daimler rivolgendosi alle Offi cine Meccaniche di Saronno, della Società Anonima ing. Nicola Romeo & C, venturo marchio Alfa Romeo.

Fallita l’operazione, l’auto continuò a dormire il sonno dei giusti, finché, nel 1931, il cavaliere Guido Lazzari, ceduta la Villa Strassoldo, trasferì la sua residenza nella villa cervignanese di Muscoli, portandovi anche l’inseparabile Peugeot Tipo 3. Relegata ed abbandonata per oltre vent’anni nella centrale idroelettrica dei Lazzari (splendida testimonianza di archeologia industriale del periodo austroungarico) e “contemplata” dagli alleati nel 1945, rinacque a nuova vita nel 1954, quando l’antiquario udinese Mario Marchetti junior, in visita agli eredi Lazzari, decise di acquistarla (si disse che la pagò 1.000.000 £) per trasportarla nell’atelier di famiglia di via Stringher.

Insieme a mobili antichi e oli su tela, la Peugeot Tipo 3 riscosse unanimi consensi e apprezzamenti: tutti gli udinesi volevano vedere quell’auto. Anche il fotografo Giuseppe Brisighelli, del noto laboratorio fotografi co, scattò diverse fotografie, mentre l’Istituto Tecnico Industriale “Arturo Malignani” propose di restaurarla per riportarla agli antichi splendori.

Diverso invece fu il suo destino. La famiglia Marchetti, che annoverava tra i suoi clienti anche la famiglia Agnelli, contattò il noto collezionista torinese e dirigente della Fiat, conte Carlo Biscaretti di Ruffia, che, in procinto di istituire il venturo Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, rimase entusiasta di quel rinvenimento. La scoperta si rivelò ancor più preziosa anche perché la Peugeot Tipo 3 era stata guidata, nel 1894, da Giovanni Agnelli, che ispirato – almeno così vogliamo credere – fondò nel 1899 la Fiat. Per chiudere quell’affare, Mario Marchetti junior propose di permutare la Peugeout Tipo 3 con una fiammante e nuova Fiat 1100, allora al top della gamma, escludendo qualsiasi altra forma di alienazione. C’era però un ostacolo insormontabile: l’ammiraglia di casa Fiat aveva tempi di consegna molto lunghi, ci volevano mesi per ottenerla.

A conclusione, però, si riuscì a trovare una sfavillante Fiat 1100 e così la Peugeout Tipo 3, affidata alle cure del conte Biscaretti, intraprese la strada della sua salvezza. Dopo il restyling che ne ha modificato il colore, dal 1956 fa parte integrante della collezione motoristica del Museo dell’Automobile di Torino, che porta il nome del fondatore, conte Carlo Biscaretti.

Negli ultimi anni l’interesse per le macchine d’epoca è cresciuto, alla pari di quello specifico per la Peugeout Tipo 3. Si deve infatti ringraziare il Club Storico Peugeot Italia (dott. Fabrizio Taiana) che ha potuto stabilire con certezza, in una attenta analisi documentale, che la Peugeot Tipo 3 del 1893, motore 124, telaio numero 25, è l’auto più vecchia d’Italia. Prima dei suoi studi, si riteneva che il 1894 fosse l’anno della prima immatricolazione italiana. Tale convinzione dipendeva anche dal fatto che la casa automobilistica francese aveva iniziato a produrre motori propri solamente nel 1894, mentre non erano stati fi no ad allora considerati quelli d’importazione Daimler del 1893. Con la restituzione dei colori scuri originari e l’innesto di fari tondi, oggi la Peugeot Tipo 3 è ritornata agli antichi splendori, senza perdere il legame con la sua storia. Aiello del Friuli l’ha voluta ricordare nel 2007 emettendo uno speciale annullo postale.

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