Gemme rombanti

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Da tre generazioni realizzano a Manzano mobili su misura. Ma le auto sportive sono una passione irresistibile. Le cercano e le restaurano. E la loro scuderia con trenta modelli fa strabuzzare gli occhi per la bellezza

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Da sinistra Fabrizio e Nicola Livon

MANZANO – La passione per le auto sportive, belle, potenti, rare e italiane per i fratelli Nicola e Fabrizio Livon è nata da piccoli.

In origine erano i modellini a interessarli fino a un fatale incontro.

Era il 1988 e nella campagna friulana, dimenticata in una casa colonica, Fabrizio incontrò una “bella” abbandonata.

In questi oltre 30 anni non hanno mai smesso di cercare, documentarsi, lavorare personalmente al restauro di automobili, emblemi di eleganza e velocità.

La loro scuderia di gemme rombanti è composta da una trentina di “signore”, quasi tutte italiane, eccetto una. Eccezione che conferma la regola: le italiane sono “le belle” da un punto di vista di linea e design e “le perfette” per meccanica e motori.

Fabrizio, com’è iniziata questa passione che vi ha stregato?

«Trovando un rottame per puro caso non lontano da casa, durante un giro in moto. Era un Lancia Flaminia coupé Pininfarina. Fu la prima sulla quale iniziammo a mettere le mani, scoprendo di essere portati per smontare, pulire, cercare, rifare e quindi portare a nuova vita. Eravamo giovani appassionati di auto belle e potenti che non potevamo permetterci. Era dunque un’opzione metterle a posto. Da subito abbiamo capito che era passione vera, unita al piacere di ridare vita. Statisticamente chi inizia non va oltre la prima esperienza, scoraggiato dalla difficoltà e lentezza del lavoro. Per noi non fu così. Anzi, dopo la prima, crebbe la voglia di sfide sempre più impegnative».

Qual è la vostra formazione?

«Io sono laureato in economia con una forte propensione alle attività creative. Infatti, senza pentimenti, se tornassi indietro credo che sceglierei un percorso diverso, forse architettura. Amo tutto quello che è recuperare e riportare all’originaria bellezza, questo vale per gli oggetti ma anche per la casa che ho restaurato seguendo personalmente i lavori. Mio fratello ha un background da perito tecnico».

Come vi suddividete i compiti?

«Lavoriamo assieme sia in contemporanea sulla stessa auto, sia in autonomia su diverse. Facciamo tutto noi, dalle parti meccaniche a quelle di lattoneria, verniciatura, rifacimenti di interni. Nicola predilige il motore e la meccanica, io mi occupo degli interni, rifacimento delle parti in pelle, so cucire e ricostruire le parti in metallo dei sedili».

Quali i passaggi per impostare un intervento?

«Il concetto di partenza per un buon restauro è la documentazione; vale a dire trovare un’auto dello stesso modello che non sia mai stata restaurata perché l’intervento non curato può compromettere l’originalità. Le nostre dime e campionature vengono fatte su quello».

Dove trovate le “preziose”?

«Abbiamo conoscenze e relazioni, sappiamo dove sono, chi le possiede, abbiamo costruito ottimi rapporti con esperti internazionali del settore. A Padova, ad esempio, il riferimento è Dino Cognolato, un nome di fama mondiale. Di Lancia Flaminia Sport Zagato lui ne ha 3 o 4 in lavoro e possiamo vederle nelle fasi: prima di essere smontata, in lattoneria, in finitura e finita».

Quale la vostra regola d’oro?

«Cambiare il meno possibile e recuperare tutto. Meglio un particolare non perfetto ma originale che bello e nuovo».

Dove trovate i pezzi di ricambio?

«C’è un mercato di ricambisti specializzati nelle varie marche. Tanti dettagli come le fanalerie in passato erano condivisi da più modelli e marche. Macchine di prestigio come Ferrari e Maserati utilizzavano pomellerie di produzioni economiche. In certi casi i pezzi li ricostruiamo. È accaduto per l’Alfa Romeo Villa d’Este. Abbiamo rifatto i fregi in alluminio cromati. Partendo dal modello in legno, che deve essere più grande del 7% per compensare la perdita in fusione».

Come le scegliete?

«Ci piacciono le italiane: sono le più belle per linea estetica, pensiamo alle linee di Pininfarina, Touring, Zagato, Bertone, Giugiaro, Michelotti… Hanno meccaniche e motori d’avanguardia: Lancia, Alfa Romeo, Maserati e Ferrari. Unica eccezione divagazione la Mercedes Ali di Gabbiano, del 1955, due posti, derivata da un’auto da corsa resa stradale. Un’icona. Mio fratello e io nasciamo lancisti, dalla prima più economica salendo con coupé Pininfarina a Flaminia Touring, anche convertibile più rara, Aurelia, vetture degli anni ’50 e ’60. Ci siamo messi alla prova anche con Maserati, Ferrari e Lamborghini. Una delle auto da me preferita è proprio la Maserati 3500 Spider Vignale».

Qual è la più âgée delle vostre signore?

«Una Fiat derivata da corsa del 1947, vincitrice della Targa Florio nel 1950, elaborata “Barchetta” da Stanguellini, dal 1900 il più antico nome modenese attivo nel campo».

  • Il mannequin 1 a 1 in legno ricostruito per restaurare l’Alfa Romeo Tubolare Zagato

Quali sono le caratteristiche che vi fanno scegliere: estetica o meccanica?

«Prima cosa ci devono piacere esteticamente, poi valutiamo la meccanica, il motore, il telaio. Siamo stimolati anche dalla rarità. Se troviamo un prototipo raro ma brutto non ci interessa. Negli anni ’50 erano poche le persone che potevano permettersi acquisti importanti e la produzione era numericamente limitata».

Quante “belle” avete riportato all’antico splendore e che caratteristiche hanno?

«Sono una trentina, in prevalenza spider due posti, coupè, sportive due portiere, salvo una Lancia Thema dell’87 a 4 porte».

A cosa state lavorando ora?

«Stiamo affrontando un restauro importante: la Lancia da corsa del ’40 con la quale il pilota Giovanni Bracco partecipò alla Mille Miglia. Un esemplare unico, modello “Barchetta”, con “tonneau” (copertura laterale) per gareggiare come monoposto, senza navigatore».

Oggi può ancora capitare di trovare un gioiello nel fienile?

«Non proprio, bisogna andare in giro per il mondo e questo è per noi lo stimolo a viaggiare in posti che forse non avremmo mai visitato. Ad esempio siamo andati fino in Giappone per acquistare una Ferrari 275 GTB da un collezionista con una scuderia di 200 auto. Erano due anni che le davamo la caccia. L’unica che non abbiamo messo a posto, ma fra qualche anno anche lei avrà bisogno di una seduta di trattamenti essendo uscita nel 1964».

Perché quasi tutte le sportive sono rosse?

«Una moda, ma in realtà Ferrari, Lamborghini, Maserati uscivano con colori diversi e poi venivano dipinte di rosso. Noi cerchiamo le schede cartacee conservate in ditta attraverso i numeri di telaio e le riportiamo all’origine. Operazione complessa perché le vernici metallizzate oggi sono diverse, non più al nitro, dunque con componenti differenti. Ma grazie alle mazzette di colore dell’epoca e a tanta cura ci riusciamo. L’adesione filologica per noi è fondamentale».

Ci faccia un esempio?

«Stiamo completando una Maserati 5000 GT Allemano derivata da un modello unico carrozzato Touring e realizzato i per lo Scià di Persia. Fece però così clamore che tutti i big del mondo ne vollero una. Ne uscirono circa 30 esemplari, Gianni Agnelli e l’Aga Khan furono fra i vip acquirenti. Abbiamo scoperto che l’originale registrato dalla casa era grigio ma il cliente la volle nocciola».

Avete un rito per celebrare la fine di un restauro?

«Siamo sempre impegnati in diversi interventi quindi i lavori si accavallano».

Quale il restauro più complesso?

«Sicuramente il prototipo di una Alfa Romeo Tubolare Zagato da corsa degli anni ’60, prodotta in due modelli, 100 esemplari il primo, 9 il secondo. L’abbiamo fatta due volte. Prima siamo partiti dal prototipo, una rarità trovarli in quanto era uso distruggerli quando la vettura andava in produzione. Abbiamo ricostruito la carrozzeria su telaio e la meccanica originale, altrimenti sarebbe stata una replica, non un restauro. Quando l’abbiamo confrontata con le foto storiche abbiamo notato delle difformità. Con uno scanner è stata assunta la sagoma che, sovrapposta alle foto storiche, ha rivelato le differenze. Siamo quindi ripartiti da zero, realizzando un mannequin 1 a 1 in legno, da lì la carrozzeria. Ora siamo alle ultime battute ma avevamo iniziato nel 2010».

A quali manifestazioni partecipate con le vostre “pupille”?

«Il cinema ci ha chiesto la Lamborghini Miura per il film dedicato al fondatore Ferruccio, e abbiamo prestato delle Ferrari e Alfa Romeo per altre produzioni e mostre. Partecipiamo a concorsi di eleganza, manifestazioni di nicchia per auto rare. Fra questi in febbraio a St. Moritz e in maggio a Villa d’Este sul lago di Como».

Sulle strade udinesi vi si vede?

«Certo, a rotazione le usiamo, anche solo per andare da casa all’ufficio, fare una gita in collina o fino al mare».

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