Andrea Romanino, direttore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati
TRIESTE – Nonostante la voce calma e pacata, Andrea Romanino riesce a trasmettere competenza e passione.
Doti fondamentali per chi è chiamato a dirigere un’eccellenza italiana della ricerca e della formazione. Una realtà divenuta punto di riferimento internazionale in ambito scientifico, capace di attrarre sempre più “cervelli” da ogni parte del mondo.
Mantenendo un legame indissolubile con il territorio di riferimento. E offrendo nuove prospettive e visioni a un futuro incerto e, per questo, ancora più stimolante.
Direttore Romanino, cosa significa dirigere la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati?
«Può sembrare paradossale, ma è un lavoro relativamente facile. Parliamo infatti di una realtà speciale fatta di persone con un forte senso di appartenenza. E per quanto si tratti di un’istituzione universitaria, composta da professori universitari che hanno le loro esigenze e i loro progetti di ricerca, quando si tratta di promuoverne l’interesse e il bene comune sono tutti pronti a fare un passo avanti per collaborare. Esempio di un’istituzione che, utilizzando il buonsenso, riesce a ottenere risultati importanti. Docenti, ricercatori e studenti sono bravissimi: ottengono risultati scientifici straordinari e finanziamenti generosi da parte della Unione Europea e di altre realtà pubbliche e private. Per questo dirigere la SISSA, oltre che essere un compito stimolante, è anche un onore».
Lei è direttore dal 2021, ma il mondo della SISSA lo conosce da oltre 20 anni. In questo arco temporale, quel mondo come si è evoluto?
«Sono cambiate tante cose. Avevamo alcune sedi sparpagliate per Trieste mentre ora siamo tutti insieme in questa bellissima sede di via Bonomea, che offre una vista magnifica sulla città. Siamo cresciuti come numero di iniziative e di progetti scientifici che portiamo avanti. Ma siamo cresciuti anche nel numero di collaborazioni lungo i nostri assi prioritari: territorio, altre scuole a ordinamento speciale (facciamo parte sia del sistema universitario regionale con le Università di Udine e di Trieste sia delle Scuole Superiori a ordinamento speciale) e rapporti internazionali. Negli ultimi cinque anni, 4 professori su 5 reclutati dalla SISSA provengono dall’estero. Alcuni sono italiani rientrati nel nostro Paese, molti altri sono ricercatori stranieri che hanno deciso di mettere radici alla SISSA, divenendo valore aggiunto per l’intero territorio. Dimostriamo che il nostro Paese può essere attrattivo per i migliori talenti provenienti dall’estero».
Quali sono a suo avviso i punti di forza delle SISSA?
«Qualità della ricerca, del corpo docente e delle pubblicazioni. Inoltre la SISSA vanta una serie di primati che sembra quasi antipatico citare. L’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) ci colloca al vertice delle valutazioni tra le Università Ita liane; i progetti di ricerca della SISSA sono di gran lunga quelli con la più alta percentuale di conseguimento di finanziamenti europei; secondo una recente ricerca americana la SISSA ha il più alto numero di “top scientists” in Italia… Senza dimenticare il forte senso di comunità. Seppur cresciuti negli ultimi anni, infatti, operiamo in una dimensione tale per cui è ancora possibile conoscersi e mantenere collaborazioni forti».
E i punti da migliorare?
«Nonostante gli ottimi risultati conseguiti, purtroppo la SISSA è ancora poco conosciuta a livello nazionale. I nostri docenti e i nostri ricercatori puntano più alla sostanza che alla forma: si focalizzano sullo scrivere articoli scientifici di qualità e ottenere risultati che possono davvero contribuire all’avanzamento della conoscenza a livello internazionale. Però è anche vero che la visibilità è un fattore importante perché ci consente di attrarre alla SISSA i migliori studenti. Se da un lato quindi la visibilità scientifica internazionale della SISSA è molto alta, sulla visibilità verso il grande pubblico dobbiamo ancora lavorare».
La SISSA è strettamente correlata alla città di Trieste: come si è potenziato nel tempo questo legame?
«Si sono sviluppati legami scientifici importanti con gli altri enti che formano il sistema dell’innovazione e della scienza della città di Trieste e del Friuli Venezia Giulia. Trieste ha la fortuna di avere un ecosistema speciale, basato sulla coesione. Un altro punto di forza è il supporto delle istituzioni regionali e cittadine. Senza scordare il rapporto con il tessuto imprenditoriale: aspetto che ha avuto l’evoluzione maggiore. Appena nata, la SISSA faceva ricerca di base puramente teorica. Col tempo invece si sono sviluppate attività applicative. Oggi collaboriamo con molte imprese della regione, generando un numero significativo di startup, alcune di successo».
Andrea Romanino quando ha compreso che avrebbe dedicato la sua vita allo studio, alla ricerca e all’insegnamento?
«La vocazione a occuparmi di scienza, a fare la fisica teorica, è nata quando ero molto giovane. Il poeta irlandese William B. Yeats scrisse “Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”. Da giovane ero affascinato dai divulgatori scientifici come Piero Angela, c’erano le trasmissioni alla tv, la famiglia stessa era contesto di stimolo. Lì si accese il mio fuoco. Stimolare i giovani e far emergere la loro vocazione alla ricerca, allo studio, alla scienza è indispensabile. In quest’ottica sono fondamentali le attività che la SISSA svolge con le scuole e gli studenti del territorio, facendo toccare con mano esperimenti e ricercatori. Fin dalle elementari. Così coltiviamo i rapporti con il territorio e speriamo di contribuire a mantenere acceso quel fuoco. Io fin da piccolo sapevo che avrei fatto lo scienziato: mi reputo fortunato per essere riuscito a trasformare la mia passione nel mio lavoro».
Che cos’è la fisica per lei?
«È la possibilità di comprendere la natura nel suo livello più profondo, dando un senso a quello che ci circonda. Nel mio caso quelle leggi fondamentali che stanno alla base di tutti i fenomeni che conosciamo: dalla nascita dell’universo alle interazioni subatomiche, a tutto il resto. Il mio amore per la fisica nasce dal desiderio di comprendere il mondo».
Lei è originario di Imperia. Abbiamo parlato del rapporto tra la SISSA e Trieste: com’è invece quello tra la città e Andrea Romanino?
«La ragione per cui mi sono fermato alla SISSA è duplice. La prima è essermi accorto di trovarmi in un contesto in cui eravamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda. L’altro aspetto è stato proprio la città di Trieste. In precedenza ero stato a Ginevra, Chicago, Oxford: tutti posti prestigiosi in giro per il mondo. Ma una volta giunto a Trieste, grazie alla sua qualità della vita, ho compreso che questa sarebbe stata la città in cui fermarmi».
Lei è stato protagonista al CERN, al Fermilab negli USA, all’Università di Oxford e alla Scuola Normale Superiore di Pisa: la SISSA cosa offre di diverso rispetto a queste eccellenze?
«Ci sono delle similitudini nelle diversità. Come le logiche di funzionamento anglosassoni, sebbene la normativa italiana sia diversa e talvolta costituisca un piccolo freno. Ma è simile anche la maniera di condurre la ricerca e di gestire l’istituzione nella mentalità internazionale. La SISSA offre sicuramente un ambiente molto agile e questo può avere ripercussioni positive sia sulle modalità di ricerca sia sulle scelte accademiche».
In un’era di instabilità geopolitica globale e di crisi industriale, quale sarà il ruolo dei centri della conoscenza come la SISSA?
«Mai come ora sono fondamentali la conoscenza tecnologico-scientifica e la capacità di innovare. È importante non solo avere competenze avanzate, ma anche acquisire la capacità di risolvere problemi, in particolare quelli che ancora nessuno ha risolto. Questo significa fare innovazione. Perché le competenze evolvono sempre più rapidamente. La scienza, inoltre, è sempre stata un canale di pace, un ponte tra culture diverse grazie al suo linguaggio universale. La scienza è democratica perché raggiunge il consenso attraverso il dialogo e lo scambio di idee».
Tra gli attuali progetti di ricerca seguiti dalla SISSA quali sono quelli più promettenti?
«Impossibile stabilirlo a priori. La ricerca trova le sue leggi strada facendo e per questo è sempre difficile prevedere quali saranno i risultati. Caratteristica dell’innovazione radicale è quella di essere poco prevedibile. Ci sono tuttavia campi che per esposizione mediatica e rilevanza scientifica e tecnologica hanno in questo momento i riflettori puntati, come la scienza dei dati e l’intelligenza artificiale, a cui la SISSA già dal 2018 dedica un dottorato ormai consolidato, ricevendo diversi riconoscimenti. SISSA è inoltre la prima istituzione in Italia a essere entrata nella “AI Alliance” lanciata da IBM e META per promuovere competitività e sicurezza nell’intelligenza artificiale. Un nostro giovane docente ha recentemente ricevuto circa un milione di euro di finanziamenti europei per un progetto su IA».
La SISSA è composta innanzitutto di persone. Chi è chiamato a dirigerla come riesce a mettere docenti e ricercatori nelle condizioni ideali affinché possano esprimersi al meglio?
«Mantenere il giusto equilibrio tra ciò che spendiamo per i docenti e per la ricerca è un compito fondamentale del direttore. Dobbiamo mettere i ricercatori nelle condizioni non solo di avere uno stipendio, ma di avere risorse per la ricerca e di operare in un ambiente che possa valorizzare il loro talento. Perché la cultura scientifica, l’ambiente e la mentalità fanno la differenza. Il nostro budget, inoltre, deve poter finanziare le infrastrutture della ricerca: laboratori, strumentazioni, gruppi con cui avviare proficue collaborazioni. Il mio compito è tenere la barra dritta e fare in modo che la SISSA resti un luogo in cui il talento delle persone possa continuare a svilupparsi».