Grandi Terme di Aquileia, riprendono gli scavi

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redazione

28 Agosto 2017
Reading Time: 5 minutes

Campagna condotta dall’Università di Udine

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Riprende ad Aquileia la campagna di scavo archeologico didattico condotto dal dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine sul sito delle Grandi Terme costantiniane che, con i loro 25 mila metri quadrati di estensione, sono uno dei più vasti impianti termali pubblici dell’Italia settentrionale romana. Questo secondo periodo di attività 2017 vedrà, a settembre, la realizzazione di un intervento di restauro – reso possibile dal sostegno finanziario della Fondazione Aquileia e concordato con la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia – che rappresenta la prima tappa delle attività di conservazione e valorizzazione, che progressivamente restituiranno sul terreno la pianta delle Grandi Terme e la disposizione dei loro vasti saloni.

«L’intervento – spiega la direttrice dello scavo, Marina Rubinich – restituirà la forma della trincea dove correva il muro di separazione tra i saloni del frigidarium e del calidarium e sarà ripristinato il contenimento dei pavimenti a mosaico a motivi geometrici in pietra e cotto, appartenenti all’ultima fase della vita delle terme tra la fine del IV e il V secolo d.C., operazione indispensabile per evitarne il degrado». La zona – circa 130 metri quadrati – è collocata a ridosso di via 24 Maggio. «Si è scelto il settore sud-ovest per l’avvio del restauro – sottolinea Rubinich – proprio perché è quello che potrà essere più comodamente fruibile dal pubblico, senza neppure dover accedere all’intera area archeologica, in cui proseguiranno i lavori di scavo».

L’altro settore in cui si sono concentrati i lavori della campagna di scavo di quest’anno si trova circa 150 metri più a nord, subito all’interno del muro perimetrale settentrionale e riveste un eccezionale interesse scientifico. Qui, nonostante le devastanti opere di spoliazione delle strutture murarie condotte dall’età medievale fino alle soglie del ‘900, sono già state identificate ben tre fasi sovrapposte. «Quella più antica, e perciò più profonda – racconta Marina Rubinich –, è una fontana-ninfeo monumentale, con vasche circolari e rettangolari, resti di una canalizzazione per l’approvvigionamento e lo smaltimento delle acque e un’estensione di almeno 180 metri quadrati. Lo scavo di quest’anno sta cercando di mettere completamente in luce i limiti della fontana al fine di capire se essa appartiene alla prima fase di costruzione delle terme (prima metà del IV sec. d.C.) o se è addirittura precedente».

Sopra la fontana fu steso un mosaico a grandi tessere cubiche di pietra e di cotto, con quadrati ornati da fioroni stilizzati, che pavimentava un ambiente rettangolare sicuramente appartenente alle Grandi Terme costantiniane e forse affacciato su un grande cortile porticato a nord della piscina (natatio). Sempre in questa zona, un angolo del pavimento a grandi tessere ha rivelato un antico cedimento strutturale, dovuto al terreno instabile o a fenomeni sismici, che provocò il crollo delle coperture e la completa ristrutturazione della zona. «La conferma – spiega Rubinich – che Aquileia, nel pieno V secolo, era ancora in grado di promuovere importanti costruzioni: da un unico salone lungo 15 metri furono ricavati una sala ottagonale circondata da uno spesso muro anulare e un ambiente rettangolare più piccolo, entrambi pavimentati da mosaici policromi, geometrici e figurati».

In particolare, nella sala a pianta centrale, grandi trapezi con nereidi sedute sulla groppa dei loro compagni tritoni, si impostavano su un ottagono centrale, forse ornato dalla testa di Oceano; resta un solo trapezio, che, staccato grazie ad un intervento finanziato dalla Soprintendenza Archeologia nel 2013, è oggi visibile nel Lapidario del Museo Nazionale di Aquileia. Nell’ambiente rettangolare di risulta, i mosaici, originariamente a tessuto geometrico, furono più volte restaurati con semplici tessere bianche; dato il loro pessimo stato di conservazione, essi sono stati asportati dalla missione udinese, ritrovando, negli strati di preparazione, resti di anfore con colore azzurro e malte fini usati probabilmente per affrescare la vicina sala ottagonale e poi riutilizzati come inerte per i sottofondi del pavimento, e una monetina molto usurata, che ha confermato la datazione al V secolo della ristrutturazione.

«Frammenti architettonici e scultorei mescolati ai riempimenti delle spoliazioni tardo-medievali e moderne dimostrano – sottolinea Rubinich – il lusso delle Grandi Terme aquileiesi: tra questi, una colonnina scanalata in marmo giallo antico, uno dei più costosi dell’antichità, che proveniva dall’Africa settentrionale, e un frammento di una statua femminile, probabilmente una Venere al bagno, copia romana di un originale greco. E altre novità si attendono dalle prossime settimane di scavo».

Lo scavo archeologico didattico. Compresa la prima tranche, terminata il 4 agosto, la parte didattica della campagna di scavo 2017 durerà complessivamente 5 settimane, a cui si aggiungeranno vari interventi di restauro e di sistemazione dell’area. Vi partecipano 25 studenti tirocinanti, tutti del corso di laurea in Beni Culturali, curriculum archeologico, dell’Università di Udine e 2 allieve della Scuola di specializzazione interateneo in Beni archeologici, per un totale di oltre 290 presenze in tutto il periodo. Diciassette giovani sono al primo scavo archeologico della loro carriera. Gli studenti applicano sul campo le conoscenze teoriche: la lettura e lo scavo manuale delle stratificazioni archeologiche, le tecniche di disegno e di documentazione, i metodi di pulizia, trattamento, inventariazione e classificazione dei numerosissimi reperti. Imparano anche a lavorare e vivere in gruppo e a gestirsi autonomamente nelle necessità quotidiane, trasformando lo scavo archeologico in un’esperienza di vita completa.

Le istituzioni coinvolte. La campagna 2017, diretta da Marina Rubinich per conto dell’Ateneo friulano, si svolge in base a una concessione per scavi e ricerche accordata, per l’anno in corso, dalla Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio del ministero dei Beni e delle Attività culturali al dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine, in stretta collaborazione con la locale Soprintendenza e con la funzionaria responsabile, Paola Ventura. L’Università di Udine finanzia le spese che riguardano il mantenimento degli studenti, la logistica e le attrezzature. Le altre attività, comprese quelle di restauro e di valorizzazione, sono garantite dal sostegno alla ricerca da parte della Fondazione Aquileia, a cui la zona delle Grandi Terme è recentemente passata in gestione, insieme a tutte le più importanti aree archeologiche della città romana.

Il progetto di valorizzazione delle Grandi Terme. Con il presidente della Fondazione Aquileia, Antonio Zanardi Landi, e con il suo direttore, Cristiano Tiussi, l’Università di Udine, in stretta collaborazione con la Soprintendenza, sta procedendo a elaborare un progetto scientifico di valorizzazione progressiva del sito, che si condurrà in parallelo alle indispensabili indagini di scavo, per restituire finalmente al pubblico un edificio grandioso e importante come le Grandi Terme costantiniane.

«Si tratta di un’impresa molto difficile – aggiunge Rubinich –, perché la storia del sito ha trasformato il complesso termale romano, annullandone completamente la terza dimensione, che raggiungeva almeno i 20 metri di altezza, e nascondendone i resti sotto un paesaggio agrario di grande bellezza, che è anch’esso parte della storia del Friuli. Ma le Grandi Terme meritano questa fatica, anche perché rappresentano una sintesi della storia di tutta Aquileia, la quarta città d’Italia per importanza nel IV secolo d.C., prospera, attiva e cosmopolita, che ha lentamente consumato se stessa trasformandosi nella cittadina attuale, ricca di storie nascoste e di monumenti ancora sepolti».

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