Mossa, sequestrato capannone di rifiuti illeciti

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redazione

19 Maggio 2020
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Nell’indagine anche la Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste

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Dalle prime ore dell’alba, Carabinieri e Guardia di Finanza stanno eseguendo, in talune località nelle provincie di Gorizia, Napoli e Belluno, sei misure di custodia cautelare personale disposte dal G.I.P. di Trieste, su richiesta di Antonio Miggiani della Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste, nei confronti di altrettanti soggetti, ritenuti responsabili di aver preso parte a un’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti a carattere transnazionale.

Le indagini, avviate con il sequestro di un capannone industriale stracolmo di rifiuti da parte dell’Arma di Gorizia e condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale del capoluogo isontino, unitamente a personale del ROS e ai Finanzieri del GICO di Trieste e dello SCICO di Roma, hanno consentito di dare riscontro all’ipotesi investigativa formulata, documentando come i destinatari dei provvedimenti cautelari, nelle persone di G. D. di anni 48, P. P. di anni 39, R. D. di anni 51, A. D. di anni 44, F. C. di anni 56, C. P. di anni 56, avevano smaltito illecitamente circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali, costituiti da “balle reggiate”, di un metro cubo l’una, di rifiuti plastici provenienti da un impianto di recupero di una società del bellunese e da un’area dismessa ubicata in Borovnica, in Slovenia, abbandonandoli all’interno di un capannone industriale, ubicato a Mossa, di proprietà di due società con sede a Napoli e Gorizia, adattato con un varco d’accesso laterale creato appositamente per effettuare gli scarichi abusivi in piena tranquillità, al riparo da sguardi indiscreti. Il trasporto a Mossa dei rifiuti avveniva utilizzando i camion messi a disposizione da alcune compiacenti aziende di trasporto slovene.

L’attività investigativa è stata condotta anche con l’ausilio di un drone, che ha consentito di monitorare numerosi scarichi di rifiuti da parte degli indagati, per lo più nelle prime ore dell’alba e che, allo scopo di sottrarsi allo sguardo indiscreto di curiosi o ai controlli delle Forze dell’Ordine, avvenivano da un ingresso del capannone ricavato in un’area caratterizzata da folta vegetazione, dunque di difficile individuazione.

Nonostante le difficoltà, l’attività di osservazione realizzata ha permesso di seguire ogni movimento degli automezzi, dal loro ingresso in Italia sino al sito di smaltimento finale dei rifiuti.

Particolare risalto assume il contestuale sequestro preventivo di beni nella disponibilità degli indagati, per un valore pari a circa un milione di euro, profitto del reato, individuato nel danno ambientale arrecato dagli indagati al Comune di Mossa con l’abbandono dei rifiuti.

Nel corso delle indagini gli investigatori hanno documentato inoltre la ricerca da parte degli indagati, una volta sequestrato il capannone di Mossa, di siti alternativi sul territorio friulano ove continuare la lucrosa attività illecita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono in corso numerose perquisizioni in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Campania, al fine di recuperare la documentazione necessaria a ricostruire l’esatta provenienza dei rifiuti e le tappe intermedie toccate dagli automezzi prima di giungere al sito di destinazione finale.

Il G.I.P., nel motivare le esigenze cautelari, ha, inoltre, ricollegato la vicenda al diffuso fenomeno delle eco-mafie, sottolineando il fumus della presenza della criminalità organizzata e il particolare livello di pericolosità, emersi nel corso delle indagini, per le evidenti affinità dell’accaduto con dinamiche criminali tipiche dell’area napoletana.

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