In scena per caso

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Claudio Pizzin

26 Marzo 2018
Reading Time: 4 minutes

Salvo Barbera

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Salvo Barbera, come è nata l’idea di creare il gruppo teatrale “In scena per caso”?

«È nata ovviamente un po’… per caso. Faccio teatro da quando avevo 15 anni e mi è sempre piaciuto molto. Mio fratello Luigi è morto all’età di 19 anni a causa della leucemia: l’ho perso troppo presto. Era affetto da Sindrome di Down, quindi disabile. Nonostante il tempo passasse, ogni persona con disabilità che incontravo mi ricordava proprio Luigi. Così ho capito che dovevo far vivere in me ancor di più il suo ricordo, ma non solo: dovevo trovare qualcosa che desse la possibilità di far emergere queste persone affette da disabilità…»

L’occasione si concretizzò nel 2015.

«Pensai di usare proprio il teatro come strumento per questa missione. Da qui nacque l’idea di creare un gruppo teatrale in cui vi facessero parte sia ragazzi diversamente abili che normo dotati».

La risposta delle persone coinvolte com’è stata?

«Tanto entusiasmo, tanta disponibilità e tanta voglia di mettersi in gioco. Ringrazierò sempre il Ricreatorio San Michele di Cervignano del Friuli, e in particolare il presidente di allora Andrea Doncovio, per avermi dato fiducia quando ho presentato questo progetto».

Attualmente quante persone collaborano a vario titolo nell’attività del gruppo?

«Nell’ultimo spettacolo messo in scena a dicembre e gennaio sono state coinvolte circa 40 persone. La rappresentazione, ovviamente, è solo il momento culminante di un’attività molto intensa: due sere la settimana, il martedì e il giovedì, ci incontriamo infatti in Ricreatorio per provare. Ogni prova dura circa un’ora e mezza».

Qual è il segreto per riuscire a coordinare un gruppo così eterogeneo?

«Penso la pazienza, la disponibilità e l’impegno da parte di tutti. È importante remare nella stessa direzione: solo insieme si raggiungono i risultati prefissati».

Com’è il rapporto tra i diversi componenti all’interno del gruppo?

«Il rapporto è molto buono, in qualche caso è diventato addirittura fraterno. Stimo tutti tantissimo e voglio loro molto bene. Penso si sia creato in molti di noi un bel rapporto d’amicizia. Io qui ho trovato anche la ragazza…»

Come avviene il coinvolgimento attivo dei ragazzi “speciali”?

«Esattamente come avviene il coinvolgimento delle persone normo dotate. Il resto lo aggiungono loro, mettendoci un impegno davvero sfrenato. L’attività teatrale influisce positivamente sul loro percorso di crescita: abbiamo ragazzi più felici, più sicuri di se stessi. E questo per noi è il riconoscimento più grande che possiamo ottenere: la loro felicità».

Quali sono le principali criticità da affrontare nel rapporto con loro?

«Ogni caso è a sé, ognuno ha il proprio carattere. Bisogna solo accettare: a volte la comunicazione diventa difficoltosa e in alcuni casi ci si affida all’istinto. Ma il loro sorriso, il loro impegno e la loro gratitudine abbattono ogni cosa. Penso al luccichio dei loro occhi quando ti osservano: difficile che una persona normo dotata ti guardi così».

Nel corso del tempo gli “In scena per caso” hanno potuto fare affidamento sulla collaborazione crescente di istituzioni, associazioni e altri volontari: da cosa nasce a suo avviso questo ampio coinvolgimento?

«Credo che attorno a noi si stia creando una sorta di simpatia, curiosità e apprezzamento per quello che facciamo. Probabilmente essere umili alla lunga paga».

Se le offrissero risorse da destinare a questo progetto, su quale ambito le investirebbe?

«Il problema dei fondi non si è mai posto fino ad ora. Tra il Ricreatorio San Michele che ci sostiene, tra le istituzioni e tra le offerte volontarie siamo riusciti sempre nel nostro intento di devolvere denaro a chi ha bisogno».

Quali saranno i prossimi impegni del gruppo?

«Adesso stiamo lavorando su un progetto dal titolo Capelli lunghi: il tema è il bullismo omofobo. Dopo di che cercheremo di capire se portare in scena in altri luoghi le repliche degli spettacoli già allestiti, oppure iniziare con un nuovo progetto che ho in mente».

Lei sottolinea sempre l’importanza di evitare atteggiamenti di pietismo nei confronti delle persone con disabilità: cosa intende in concreto?

«“Poverino”, “che pena mi fa” e via discorrendo. Non è cattiveria, in molti casi magari si vuole essere solidali, ma questo è un modo che non fa crescere le persone diversamente abili. Loro, come tutti, hanno i propri pregi e attraverso la sensibilità bisogna farli emergere. Il pietismo, invece, non fa altro che soffocarli»

 

In questi anni di attività, grazie alle offerte raccolte durante le diverse rappresentazioni, il gruppo “In scena per caso” ha sostenuto numerose realtà che operano in favore delle persone meno fortunate. Tra loro: ADMO – Associazione Donatori Midollo Osseo, ADO – Associazione Donatori di Organi, AFDS – Associazione Friulana Donatori di Sangue, AGMEN – Associazione Genitori Malati Emopatici Neoplastici, Caldo Natale. Info: www.ricre.org

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