Le emozioni al tempo del Botox

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redazione

17 Maggio 2016
Reading Time: 3 minutes

Trattamenti estetici e percezioni

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Siamo abituati ormai a vederne i risultati più o meno riusciti sulle celebrity nostrane e internazionali, ma in realtà il mercato dei ritocchini a base di Botox (un trattamento estetico che sfrutta gli effetti della tossina del botulino di tipo A) interessa un gran numero di persone. Tanto per dare un’idea, basti sapere che nel 2014 in Italia ci sono stati circa 250 mila interventi. È naturale perciò porsi domande sugli effetti collaterali di questa pratica. Una conseguenza difficilmente prevedibile ha a che fare con la sfera delle emozioni, in particolare con la percezione delle informazioni emotive e delle espressioni facciali. “La paralisi dei muscoli facciali, temporanea per fortuna, che questa tossina provoca peggiora la nostra capacità di cogliere il significato delle espressioni sul viso degli altri”, spiega Jenny Baumeister, ricercatrice della Scuola Internazionale di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste prima autrice di uno studio pubblicato sulla rivista Toxicon (al quale ha collaborato anche l’Ospedale di Cattinara, di Trieste).

L’intuizione di Baumeister ha origine in una teoria scientifica molto nota, quella dell’embodiment. L’idea è che il processamento a livello cognitivo delle informazioni a contenuto emotivo, per esempio le espressioni del viso, passi anche attraverso la riproduzione delle stesse emozioni sul nostro corpo. Come dire che quando osserviamo un sorriso la nostra faccia tende a sorridere a sua volta (spesso in maniera impercettibile e incosciente) mentre cerchiamo di capire la natura di quell’espressione. Se però i nostri muscoli sono paralizzati dal Botox, ecco che il processo può diventare più difficile.

Baumeister ha sottoposto a una serie diversificata di test atti a valutare la comprensione delle espressioni emotive un campione di soggetti, immediatamente prima e dopo un paio di settimane da un trattamento estetico a base di Botox, e le ha confrontate con le stesse misure in un campione analogo di soggetti che però non hanno ricevuto alcun trattamento. Non importa quale fosse il tipo di misura (giudizi o tempi di reazione) l’effetto della paralisi era evidente.

“L’effetto negativo è molto chiaro quando le espressioni osservate non sono molto marcate. Quando il sorriso è aperto ed evidente, i soggetti non hanno invece difficoltà a riconoscerlo anche se sono stati sottoposti al trattamento”, spiega Francesco Foroni, ricercatore della SISSA che ha coordinato lo studio. “Per gli stimoli molto intensi la differenza nella prestazione, pur osservando una chiara tendenza al peggioramento, non era significativa. Per gli stimoli ‘ambigui’ invece, più difficili da cogliere, l’effetto della paralisi era molto forte”.

L’osservazione conferma l’assunzione che almeno in parte i processi “embodied” ci aiutano nella comprensione delle emozioni. Inoltre suggerisce che l’influenza negativa del Botox può manifestarsi proprio nelle situazioni in cui questo aiuto potrebbe rivelarsi più utile. Pensate per esempio una normale conversazione fra due individui, dove la comprensione reciproca è fondamentale per una corretta interazione sociale: fallire nel cogliere delle sfumature emotive o dei cambiamenti repentini nell’umore dell’altro può fare la differenza fra uno scambio di successo e uno fallimentare.

“Il nostro studio è stato pensato per approfondire l’embodied cognition. Allo stesso tempo pensiamo che essere a conoscenza di questa conseguenza sia utile per chi si occupa di medicina estetica, anche al fine di informare correttamente chi si voglia sottoporre a questi trattamenti”, ha commentato Foroni.

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