“Siamo in guerra e non stiamo combattendo”

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redazione

22 Marzo 2016
Reading Time: 5 minutes

Intervista a Stefano De Angelis

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Stefano De Angelis, sociologo di Chieti, è un esperto di terrorismo internazionale e autore del volume “Isis vs Occidente” (Solfanelli editore). Dopo il successo della prima edizione in lingua italiana con presentazioni affollate e grande riscontro di pubblico negli Stati Uniti, nei prossimi giorni uscirà la versione in lingua inglese.

Dopo gli attentati di stamani a Bruxelles, abbiamo voluto avere il suo parere su quanto sta avvenendo in Europa e nel mondo.

 

Dottor De Angelis, da esperto di terrorismo internazionale quale lettura dà degli attentati odierni a Bruxelles?

«Prevedibili. Sarò fin troppo diretto e realistico, ma erano prevedibili. Abbiamo arrestato uno degli attentatori di Parigi, Salah Abdeslam, un criminale che probabilmente non sarà la mente della carneficina del 13 novembre, ma che sicuramente può fornirci molte informazioni utili a riguardo. Ed ecco gli attentati, fatti con l’intento di far rilasciare Abdeslam, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali. Però, a dirla tutta, i motivi possono essere molteplici, e il rilascio del terrorista di Molenbeck può essere un mero pretesto per compiere l’ennesima strage nel cuore dell’Europa. Anche perché, e questo mi preme sottolinearlo, il terrorismo non ha bisogno mai di motivi ufficiali per compiere una strage».

Da giorni le autorità belghe ed europee preannunciavano il rischio di nuovi attentati. La domanda più banale e al tempo stesso critica diviene perché non sono riusciti a prevenirli?

«Anche qui la risposta può sembrare ovvia, ma semplicemente, per l’ennesima volta, non hanno funzionato le intelligence. Anzi direi che non hanno proprio lavorato e il fatto che abbiano impiegato quattro mesi per arrestare Salah Abdeslam, che si nascondeva tranquillamente nel cuore di Bruxelles in un quartiere considerato ad alto rischio, la dice lunga su come stiamo combattendo questi criminali. Mancanza di sinergie tra i servizi segreti, una politica estera europea che non esiste, corpi di polizia privi di risorse e legislazioni differenti: questi sono i tratti principali degli strumenti oggi a nostra disposizione per combattere il terrore».

Parigi a novembre, Bruxelles a marzo. A suo avviso assisteremo a un’escalation in Europa?

«Stiamo già assistendo a un’escalation. Forse non ci rendiamo conto che siamo in guerra, che viviamo sotto costante attacco, che la nostra civiltà oggi più che mai rischia di scomparire sotto le raffiche dei kalashnikov di questi criminali. Siamo in guerra e non stiamo combattendo. Mi duole dirlo, ma ci saranno altri attentati, chissà dove, chissà quando, ma questi criminali non si fermeranno con i buoni propositi e le belle parole. Serve un’azione di forza da parte di tutto l’Occidente, prima che sia troppo tardi».

Il rischio, in questo contesto, è che si scateni una spirale di rancore contro gli immigrati, mettendo nuovamente in discussione la libera circolazione delle persone nel Continente. A suo avviso cosa accadrà?

«Bloccare Schengen è la cosa più sciocca che possiamo fare, perché i terroristi li abbiamo nelle nostre città, camminano affianco a noi, vivono il nostro quotidiano, e alla prima occasione utile ci uccidono senza pietà. Non è chiudendo le frontiere o costruendo muri che si trova una soluzione al problema. Oltretutto a molti sfugge un dettaglio: i foreign fighters di ritorno dalle zone sotto controllo dell’Isis oggi giungono in Europa con aerei e visti perfettamente in regola, non di certo con automobili o gommoni. Un efficace monitoraggio del territorio e un’espulsione repentina dai nostri Paesi, anche ritirando la cittadinanza a chi è in odore di terrorismo, può essere una politica da implementare. Quanto al risentimento nei confronti degli immigrati, è una delle conseguenze più brutte che il terrorismo può generare in noi occidentali. Dobbiamo capire che spesso queste persone sono le prime vittime del terrorismo, in quanto costrette a fuggire dai propri Paesi che sono finiti nelle mani dell’Isis, ma bisogna al contempo dire che non tutti arrivano in Italia e in Europa con le migliori intenzioni. Anche qui bisogna lavorare preventivamente e in modo certosino, ma non è affatto facile con chi sbarca senza nessuno documento d’identità sulle nostre coste».

Gli attentati a cui assistiamo sono l’effetto finale di drammi che si verificano in altre parti del mondo, dal Medio Oriente all’Africa. Dalla Siria alla Libia, secondo lei, come evolverà la situazione geopolitica internazionale?

«Il contesto geopolitico internazionale sta vivendo una fase di riassetto totale da almeno cinque anni, ovvero dall’inizio della Primavera Araba e la successiva caduta dei vari Mubarak e Gheddafi. È difficile prevedere cosa accadrà nei prossimi mesi, ma un dato ormai è chiaro: con il nostro non agire stiamo spianando la strada all’Isis in Paesi come la Libia e la Tunisia, che distano poche miglia di navigazione dalle nostre coste, con tutte le conseguenze possibili. Quanto alla situazione in Iraq e Siria, ma io direi in Medio Oriente in generale, oggi i nostri interlocutori più affidabili rimangono quei Paesi che storicamente sono stati in prima linea nella lotta al terrorismo: Giordania, Israele e anche la Siria di Assad, che volente o nolente oggi rappresenta un baluardo nella lotta ai tagliagole dell’Isis. Con tutto che Assad era e rimane un dittatore, ma dobbiamo essere molto realistici in questo frangente e scegliere il male minore».

Il titolo del suo libro recita “Isis vs Occidente”. Perché nonostante tutti gli Stati occidentali e molti del mondo arabo dichiarino voler combattere lo Stato Islamico, in realtà nulla di concreto sembra avvenire?

«Perché siamo una società lassista e perbenista al punto che continuiamo a illudearci che l’Isis si fermerà da solo. Tutto questo è folle, perché qui non parliamo di un gruppo terroristico di quarta categoria, ma di uno Stato a tutti gli effetti, con un’economia florida, migliaia di combattenti ben armati e addestrati, cellule in tutto il mondo, che ha un solo e unico fine: ridurre in un mucchio di cenere la nostra civiltà. Dobbiamo agire al più presto contro questi barbari, è finito il tempo delle chiacchiere, ora ci stiamo giocando la cosa più preziosa che abbiamo, la libertà».

 

 

Laureato con lode in Sociologia all’università D’Annunzio di Chieti, corso post-laurea in Strategie di lotta al terrorismo nel ventunesimo secolo alla Duke University, De Angelis ha all’attivo tre libri, più uno scritto a quattro mani con la professoressa Eide Spedicato Iengo, dal titolo “Società artificiale”. Il primo, “Il terrorismo nell’era postmoderna”, edito nel 2014, ha riscontrato un buon successo sia di pubblico che di critica. Il secondo “Pillole liquide” (2015), è un breve saggio sociologico, che narra gli anni Ottanta, anni liquidi per eccellenza, attraverso le parole e i pensieri di otto grandi dell’epoca. Il terzo “Isis vs Occidente”, edito a novembre 2015, è considerato best seller di settore. Oltre 60.000 copie vendute in soli due mesi. Molto attivo sui social, il suo blog eraliquida.com, prima della chiusura in seguito alle ripetute minacce e tentativi di hackeraggio, aveva una media di 30.000 visite al giorno. Il prestigioso sito “Legal Insurrection” (due milioni di contatti al giorno), gli ha proposto una collaborazione dopo il suo tour nordamericano.

 

Si ringrazia per il contributo Lucilla Corioni.

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