Firenze intitola una piazza a Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

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redazione

18 Marzo 2016
Reading Time: 3 minutes

A ventidue anni dall’attentato di Mogadiscio

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Ventidue anni fa, il 20 marzo 1994, la giornalista Ilaria Alpi e l’operatore triestino Miran Hrovatin vennero uccisi in un agguato a Mogadiscio, in Somalia, mentre svolgevano un’inchiesta giornalistica.

Oggi, a 22 anni dalla loro scomparsa, una piazza li ricorda a Firenze. Il Comune del capoluogo toscano ha fatto propria la proposta della Comunità delle Piagge, il comitato locale che si è fatto promotore del riconoscimento alla loro memoria.

Alla cerimonia ufficiale, prevista sabato 19 marzo alle 11 con la posa delle targhe da parte del Comune di Firenze, è stata invitata anche la Fondazione Luchetta, Ota, D’Angelo, Hrovatin, nata all’indomani dei quattro lutti che nel 1994 colpirono il mondo del giornalismo triestino.

La tragedia di Mogadiscio avvenne infatti a soli due mesi dal 28 gennaio, quando gli inviati Rai Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D’Angelo vennero uccisi a Mostar da una granata mentre stavano realizzando uno speciale TG1 sui bambini vittime della guerra nell’ex Jugoslavia .

Così domenica, nel giorno del 22° anniversario della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e a due settimane dalla riapertura del processo sul loro omicidio (il 6 aprile a Perugia), la presidente della Fondazione, Daniela Luchetta, si recherà a Firenze per raccontare lo spirito con cui è nata la onlus che da allora opera a Trieste a favore dei bambini vittime delle guerre o incurabili nei loro Paesi d’origine.

Di questo – e delle ultime novità sulla Fondazione – la presidente Luchetta parlerà nel corso dell’incontro pubblico “Inaugurazione di piazza Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Alla ricerca di verità e giustizia nel ricordo dei giornalisti uccisi perché sapevano troppo” organizzato dalla Comunità delle Piagge insieme a Mariangela Gritta Greiner, già presidente dell’associazione Ilaria Alpi, alla giornalista esperta di segreti di Stato, Sandra Bonsanti, a Ornella De Zordo, promotrice della mozione approvata dal Consiglio comunale per l’intitolazione della piazza, e a Alessandro Santoro e Cristiano Lucchi della Comunità delle Piagge.

Nel pomeriggio del 20 marzo sarà proiettato il video documentario “Saluti da Miran” realizzato nel 2014 da Videoest con il contributo del Fondo per l’Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia.

Fra le novità annunciate dalla presidente Luchetta, l’arrivo dall’Iraq del piccolo Hathal, sopravvissuto al genocidio che nell’agosto 2014 la comunità Yazida ha subito dall’Isis.

Il piccolo fa parte dei 400mila Yazidi riusciti a fuggire nel Kurdistan iracheno perché perseguitati dall’Isis. Hanno dovuto lasciare tutto all’improvviso, le loro case distrutte tra mille atrocità. In Kurdistan hanno trovato rifugio nei campi di accoglienza allestiti dall’Onu, dove però non hanno cibo, acqua e medicinali a sufficienza.

Il piccolo Hathal, 11 anni, è malato di emofilia, una malattia ereditaria che comporta una grave insufficienza nella coagulazione del sangue. Gli si è formato un cheloide al braccio sinistro che non gli permette più di stendere l’arto.

A individuarlo nei campi degli sfollati, insieme a altri 300 bambini bisognosi di cure urgenti, il medico triestino Marzio Babille, già presidente dell’Unicef in Iraq, che ha fatto il possibile perché potesse essere curato in Italia. Qui ha incontrato la Fondazione Luchetta pronta a ospitarlo.

Così Babille in una recente intervista alla Fondazione: «Come ha identificato l’amministrazione statunitense in maniera inoppugnabile, la minoranza Yazida ha subito il primo genocidio del terzo millennio. Il governo curdo e la Nazioni Unite continuano a provvedere alle necessità della minoranza Yazida riparata nei campi del Kurdistan iracheno, ma i finanziamenti della Comunità internazionale hanno coperto il piano internazionale di assistenza solamente per il 50%, così centinaia di famiglie Yazida non riescono ad essere assistiti nei campi e fuori dai campi».

Sulla stessa linea la testimonianza del mediatore curdo-iracheno, Hemn Othman, che, per conto del Consolato italiano in Iraq,  ha accompagnato il piccolo Hathal a Trieste insieme allo zio:

«Entrambi sono stati accolti nella casa di via Valussi della Fondazione. Per loro non è stato facile: non avevano mai viaggiato prima… Pensate che la gran parte degli Yazida è analfabeta. Sono un popolo pacifico, di religione antica perseguitata dall’Isis solo perché diversa. I più fortunati, coloro che sono riusciti a scappare, vivono in tende e campi allestiti in palazzi abbandonati; gli ospedali sono affollati e hanno bisogno di cure continue. Speriamo che Hathal possa essere il primo degli altri 300 bambini malati individuati da Babille…».

Arrivato a Trieste il 22 febbraio scorso, dopo qualche settimana di assestamento imposta dalla profilassi particolare cui è stato sottoposto, il piccolo Hathal verrà operato il prossimo 24 marzo all’ospedale Burlo Garofolo.

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