Il viaggio della vita

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redazione

12 Novembre 2015
Reading Time: 4 minutes

Alberto Valentinuz

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Alberto Valentinuz, com’è nato il vostro gruppo e come mai questo nome: Zen Zone Quartet?

«La collaborazione con il contrabbassista Pietro Spanghero, iniziata nel 2007, determina la nascita del progetto Zen Zone, che diventa Quartet con l’arrivo di Francesco De Luisa al piano e Pietro Sponton alla batteria e alle percussioni. Ci piaceva l’idea di una band-laboratorio in cui l’interplay tra di noi creasse l’ambiente ideale per far sì che le canzoni si sviluppassero, crescendo in libertà. Per farlo ci vuole molta generosità. Zen Zone è un’onomatopea dal sapore infantile ma è poi nella “zen zone” che i nostri sogni prendono forma per mezzo del gesto artistico. Il nostro mondo magico interiore può così rendere più luminoso il quotidiano».

Dopo otto anni di attività dello Zen Zone Quartet, quest’anno è uscito il cd “Partiti”. Cosa avete voluto trasmettere con questo album?

«La parola che mi viene in mente per definire questo disco è “freschezza”. Le canzoni si erano consolidate in numerosi concerti sia in versione acustica che elettrica e volevamo mantenere questo tipo di carica energetica. Abbiamo così approfittato di Stefano Amerio e degli Artesuono Studios per registrare i brani in simultanea. Questo ci ha dato la possibilità di cogliere la tensione positiva del momento come in un concerto live. Il suono che ne esce alla fine è molto spontaneo e per nulla artefatto. Forse simile ai vinili che abbiamo amato nel passato».

Al suo interno sono racchiuse undici canzoni, alcune delle quali hanno ricevuto importanti riconoscimenti nazionali. A quale è più legato?

«Ogni brano vuole raccontare la propria storia attraverso il testo e la musica che si intrecciano: la musica dei Zen Zone ama frequentare diversi generi musicali e questo rende sempre divertente poterli suonare. “Pane e soldi” è forse il brano che mi sento maggiormente cucito addosso. Cantare “Vladimiro” è sempre uno spasso, come confermano le risate del pubblico. “Nel mio mondo magico” fa ballare mentre “L’onda che sale” fa trattenere il fiato…»

La vostra musica si alterna tra il jazz e il blues, tra il funk e il pop: come mai questa miscellanea di stili?

«Proveniamo da percorsi musicali diversi e condividiamo l’aspirazione a scrivere canzoni sincere, storie che ti facciano tirar fuori quello che senti ma non sai. Per far ciò devi voler correre il rischio. È un modo divertente di mettersi alla prova ed esplorare i colori dei molti universi musicali che ci circondano».

La sua passione per la musica, invece, a quando risale?

«Ho pochissimi ricordi che non siano collegati anche alla musica. A casa ascoltavamo Beatles e Mina. Il nonno materno si dilettava con il violino e la chitarra. Ho sempre amato cantare e la scoperta della chitarra nell’adolescenza è stata un’esperienza fondamentale. Un fantastico modo per esprimere emozioni».

Da autodidatta della chitarra a insegnante in diverse scuole di musica della regione: che effetto fa?

«In un periodo in cui avevo letteralmente litigato con la musica ho avuto la fortuna di incontrare e poi studiare con Glauco Venier: è stata una doccia fredda ma mi ha dato la scossa giusta per ripartire, affrontare in modo più profondo e consapevole la musica e crescere umanamente ancora prima che scoprirmi “musicante”. Gli studi accademici sono stati per me  un’esperienza dell’età adulta. Ora sono felice di trasmettere ai ragazzi che si avvicinano alla musica quella parte di conoscenze che sono riuscito a fare mie».

Come si fa a trasmettere la passione per la musica agli studenti?

«Credo che la qualità principale sia l’entusiasmo e la tenacia insieme a un pizzico di capacità empatica».

Grazie alla musica ha avviato una serie di progetti innovativi. L’ultimo in ordine di tempo è stato “Note su due ruote”: in cosa è consistito?

«Il progetto è nato dalla scommessa di riuscire a mettere assieme le mie passioni, la musica e il viaggio. Nonché dalla voglia di far ascoltare i brani registrati con Zen Zone Quartet e raccolti nel cd “Partiti”, coinvolgendo il pubblico in qualcosa di diverso. 220 chilometri percorsi in dieci giorni in bicicletta sulle strade bianche del Friuli, nove concerti in altrettanti locali diversi, 16 musicisti e 2 scrittori provenienti non solo della regione ma anche da Slovenia, Brasile, Irlanda, Croazia».

Cosa le ha lasciato questo viaggio?

«È stato un modo per avvicinarsi al nostro meraviglioso territorio in maniera diversa, più consapevole, e guardarlo con occhi più attenti. È stata l’occasione per un incontro tra diverse tipologie di “artigianato”: un cuoco, un viticoltore, una scrittrice, un musicante sono accomunati dalla stessa passione, dalla stessa voglia di seguire la propria natura fi no in fondo. Abbiamo “percepito” il valore dell’ospitalità, l’accoglienza e il calore di chi abita le nostre terre, curiosità e piacere di stare assieme condividendo l’amore per la musica e la letteratura in posti sempre pittoreschi e magici. Ma soprattutto è stata una splendida esperienza personale che ho condiviso con la mia famiglia e gli amici migliori».

Come giudica lo stato dell’arte della musica in Friuli Venezia Giulia?

«Negli ultimi anni il fermento nel campo artistico è molto vivace e le proposte non mancano. Sono nati diversi collettivi che, con progetti itineranti, danno spazio con tenacia a scrittori e poeti, cantautori, musicisti jazz e rock. Inoltre, grazie anche a un rinnovamento della didattica e alle nuove tecnologie, si è notevolmente alzato il livello dei musicisti e, a volte, anche dei contenuti».

Quali sono i vostri prossimi progetti?

«Abbiamo alcuni concerti in programma per la stagione invernale e siamo alla ricerca di un’etichetta che sostenga Zen Zone Quartet e il primo disco “Partiti”. Nuove canzoni sono pronte per il suo seguito».

Ai giovani che sognano di diventare musicisti quale consiglio darebbe?

«Siate curiosi, ascoltate e praticate la musica degli artisti che amate, esplorate il loro linguaggio e cercatene senza fretta uno vostro. Non dimenticate che lo strumento è il vostro “giocattolo”, quindi divertitevi!»

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