TRIESTE – Il 65-84 finale non rende pienamente l’idea su una partita che, per 40 minuti, non ha avuto storia.
La Pallacanestro Trieste – aveva annunciato l’ambiente – attendeva l’incontro casalingo con l’imbattuta capolista Fortitudo Bologna per rilanciarsi dopo la prima sconfitta stagionale subita in rimonta a Cento. Il responso del campo, invece, è stato brutale quanto oggettivo.
La differenza tra le due compagini è apparsa abissale, confermata dai 30 punti di scarto raggiunti nel corso dell’incontro e ridotti al -19 finale quando intensità e motivazioni degli ospiti sono calate dopo che la partita non aveva più nulla da dire.
Ma se perdere contro una corazzata come la Fortitudo può capitare, quello che lascia basiti è l’incapacità della squadra di reagire sia sotto l’aspetto caratteriale che tecnico-tattico. Oltre alla maniacale ricerca del tiro da tre punti, al momento dal cilindro di coach Jamion Christian non sono mai uscite alternative. E se queste problematiche sono state superate contro avversari meno probanti, contro la capolista sono invece diventate scogli insormontabili.
Perché il problema della partita con Bologna è che per 40 minuti non c’è proprio stata partita. Troppa la differenza sul parquet. Che impone un ragionamento più ampio: Pallacanestro Trieste è una compagine di livello che deve solo trovare il giusto amalgama (ma il tempo scorre inesorabile…), oppure è una squadra più debole rispetto alle altre candidate del girone alla promozione nella massima serie?
Non servirà scervellarsi troppo a lungo. Il calendario (e il campo) forniranno presto la risposta: Verona, Piacenza e il derby con Udine. Le prossime tre gare sveleranno le reali ambizioni dei biancorossi.
Il cui pubblico sugli spalti domenica è stato encomiabile, incitando la squadra dal primo all’ultimo minuto. Per ora, l’unico tassello che merita la Serie A.
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