Il campione umile

imagazine_icona

redazione

9 Novembre 2022
Reading Time: 5 minutes

Stefano Tonut

Condividi

Nonostante gli incastri tra allenamenti, trasferte e impegni ufficiali di squadra, la voce di Stefano Tonut trasmette calma ed entusiasmo al tempo stesso.

Il 7 novembre ha compiuto 29 anni e, nel pieno della sua maturità sportiva, è stato ingaggiato dal club campione d’Italia in carica, l’Olimpia Milano, che sotto la guida tecnica di Ettore Messina punta a confermarsi in campionato e imporsi anche in Eurolega.

Stefano, che effetto fa giocare per la squadra più forte in Italia?

«Emozionante. Appena arrivato, mi sono trovato accanto tanti campioni: sia tra i compagni di squadra che tra lo staff tecnico. Siamo un gruppo che ambisce a puntare in alto su tutti i fronti: nazionale ed europeo. Tutto questo è per me uno stimolo gigante perché potermi allenare con questi campioni mi spinge a dare tutto e a lavorare con ancora più intensità di quanto già fatto finora. Mi voglio ambientare il più rapidamente possibile in questo contesto per me nuovo, sia per quanto concerne l’attitudine agli allenamenti sia per quella ai viaggi per le numerose partite, tutte importantissime e tutte di altissimo livello. Mi sto divertendo e allo stesso tempo lavoro per migliorare giorno dopo giorno. Qui l’organizzazione è incredibile: a partire dagli allenamenti, dalla preparazione fisica, dall’attenzione verso i giocatori per la salute e lo stato di forma del proprio corpo. Tutti fattori determinanti per la qualità della prestazione sul parquet».

Un giocatore due volte scudettato rinforza la squadra campione in carica: un binomio che si annuncia vincente?

«Nello sport in generale e nella pallacanestro in particolare non c’è nulla di scontato. Sulla carta siamo la squadra con il favore del pronostico, ma la storia insegna che non sempre i migliori vincono. Lo scorso anno l’Olimpia ha fatto un lavoro eccezionale per riuscire a vincere lo scudetto. Quest’anno ripetersi sarà ancora più difficile. Ora dobbiamo lavorare con intensità per trovare il feeling giusto tra tutti i giocatori, visto che molti di noi sono nuovi».

Nato in Lombardia, torna a giocare in Lombardia. Eppure, la storia cestistica di Stefano Tonut è legata a doppia mandata con il Friuli Venezia Giulia. Com’è stato diventare giocatore sui parquet di Trieste e Monfalcone?

«Sono ricordi belli, parte della mia crescita personale. Ci sono stati alti e bassi, ma fa parte di un percorso. All’inizio non sapevo a cosa potessi ambire. Mio papà e mia mamma mi hanno sempre supportato e io ho sempre pensato a fare un passo alla volta. Ho giocato in tutte le categorie e in ogni occasione ho voluto dimostrare di essere all’altezza della situazione, fino a raggiungere la Serie A. Ora il mio obiettivo è essere un giocatore che può aiutare l’Olimpia a conquistare qualcosa di grande».

Nel tuo percorso di crescita quali allenatori sono stati più determinanti?

«Sinceramente tutti i miei allenatori sono stati fondamentali. Penso ad Andrea Padovan a Monfalcone, a Eugenio Dalmasson a Trieste, a Walter De Raffaele con cui ho lavorato per sette anni a Venezia… Ma anche in Nazionale, specie nei periodi estivi, ci sono state parentesi molto importanti per la mia crescita: Pino Sacripanti mi ha lanciato in Under 20, convocandomi all’Europeo di categoria che abbiamo poi vinto; Attilio Caja mi ha seguito nella Sperimentale; Ettore Messina mi ha convocato in Nazionale A; Meo Sacchetti e Gianmarco Pozzecco sono stati altrettanto importanti nella mia crescita».

A proposito di Nazionale: per Stefano Tonut cosa significa indossare la divisa azzurra?

«Emozione unica e motivo di orgoglio. Ascoltare l’inno prima dell’incontro è qualcosa che dà i brividi. Una sensazione che ti fa sentire sulla strada giusta, ma sempre con la consapevolezza di non essere mai arrivato: uno sprone in più, per imparare sempre qualcosa di nuovo da staff e compagni che non vedi ogni giorno».

In casa Tonut la pallacanestro è questione di famiglia. Avere come padre un campione della Nazionale è stato un vantaggio o un ingombro?

«All’inizio probabilmente è stato un po’ pesante, perché io ero piccolino fisicamente e tecnicamente indietro, e non riuscivo a contribuire come gli allenatori dell’epoca si aspettavano. Giocavo a pallacanestro solo per divertirmi, ma tante volte tornavo a casa con la voglia di smettere, perché magari non mi mettevano in campo poiché si pensava a vincere e basta. Ho tenuto duro e col tempo sono cresciuto sia fisicamente che mentalmente, trovando la mia strada. E da lì, non è stato più un peso. Anzi, avere la possibilità di confrontarmi quotidianamente con mio papà è un’occasione in più».

A differenza di papà Alberto, invece, tu hai già conquistato due scudetti. Quanto è difficile vincere un campionato in Italia?

«Tanto difficile. Anche perché dipende da diversi fattori: dalla condizione in cui la squadra arriva ai playoff, ma anche dal tipo di avversario che si incrocia in quel momento. Io mi ritengo onorato e fortunato per aver vinto due scudetti a Venezia».

Usciamo dal parquet: qual è oggi il tuo legame con il Friuli Venezia Giulia e la “tua” Trieste?

«Trieste è casa mia. Anche se sono ormai via da otto anni, quando ho la possibilità torno sempre a casa. Lì c’è la mia famiglia e ci sono i miei amici. Ho un bellissimo legame con la mia città e sarà lì che vivrò in futuro».

Dal Friuli Venezia Giulia al resto del mondo: ti piacerebbe provare un’esperienza sportiva e di vita al di fuori dell’Italia?

«Ci avevo pensato sia qualche anno fa, sia prima di firmare con l’Olimpia, visto che avevo ricevuto qualche offerta dall’estero. Alla fine però l’esperienza qui a Milano credo sia stata la scelta migliore che abbia fatto».

Quando non gioca a basket, quali sono le altre passioni di Stefano Tonut?

«Mi piace andare al cinema, a teatro, andare a cena fuori. Avevo la passione per la pesca, ma per ora la devo mettere da parte. Noi siamo focalizzati al 100% sulla pallacanestro: il tempo che resta è dedicato principalmente alla famiglia».

Una volta il suo attuale allenatore Ettore Messina al termine di una partita vittoriosa, rispondendo a un giornalista disse: “Un allenatore non è mai contento della prestazione della sua squadra”. Stefano Tonut, in questa stagione, quali obiettivi sarebbe contento di raggiungere?

«Desidero maturare come giocatore e come persona. E, ovviamente, vincere qualcosa, sapendo che non è scontato per niente».

 

Visited 7 times, 1 visit(s) today
Condividi