La posta in gioco

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redazione

15 Settembre 2022
Reading Time: 6 minutes

Sistemi elettorali

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Il 25 settembre si voterà per le elezioni politiche. Questa volta si voterà con il sistema elettorale sancito dalla legge cosiddetta Rosatellum in vigore dal 2017, ultima arrivata delle sei succedutesi dal secondo dopoguerra.

Per chi come me non è addentro ai concetti della politologia, capire i tecnicismi di un listino bloccato, dei collegi plurinominali, della differenza tra uninominale e proporzionale, e così via, non è cosa scontata.

Il sistema elettorale è costituito dall’insieme delle regole che si adottano in una democrazia rappresentativa per trasformare le preferenze degli elettori in voti e i voti in posti in Parlamento. Un sistema elettorale è composto da due elementi fondamentali: il sistema di votazione e il metodo per l’attribuzione dei seggi.

La legge elettorale da sempre è chiamata a mediare tra due bisogni della democrazia: quello della rappresentatività, per rappresentare in Parlamento il maggior numero di partiti e quindi di elettori. E quello della governabilità, per far sì che il partito più votato abbia la maggioranza e possa governare. Nel ricordare che la riforma costituzionale approvata in questa legislatura ha ridotto il numero dei parlamentari a 400 deputati e 200 senatori, provo a descrivere le regole di massima delle elezioni politiche di quest’anno per cercare di fornire ai lettori una sintesi, evitando il più possibile i tecnicismi.

Che cosa si elegge. Le due parti del Parlamento, la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica. Camera e Senato sono eletti con una legge elettorale simile, in parte maggioritaria-uninominale (un terzo) e in parte proporzionale-plurinominale (due terzi). Pertanto, per semplicità nel seguito si fa riferimento alle regole per l’elezione dei deputati.

Come si scelgono i 400 deputati. L’Italia viene divisa in 147 zone (chiamati collegi). In ciascuno di questi collegi ci sarà un numero definito di candidati indicati con nome e cognome e saranno associati ai partiti che li sostengono. Nel proprio collegio i cittadini che andranno a votare sceglieranno il candidato contrassegnando il nome oppure il simbolo di una delle liste che lo sostengono (barrare il nome o il simbolo è identico). Nelle liste ci sono però anche altri nomi, quelli dei candidati del cosiddetto “listino bloccato” che vedremo in seguito.

Chi viene eletto. Viene eletto il candidato che ottiene più voti nel collegio. Basta anche un voto in più degli avversari per essere eletto. Questo è il sistema maggioritario.

Come operano il sistema “maggioritario” e l’“uninominale”. Sono complementari nel senso che ogni partito o ogni coalizione presentano un solo nome (uninominale) e vince solo uno (quello che ha la maggioranza relativa nel collegio). Per mettere insieme i voti di più partiti dietro a un singolo candidato si formano le coalizioni. Il primo risultato: si elegge così un deputato per ognuna delle 147 zone in cui è divisa l’Italia. Dei restanti 253, otto sono eletti all’estero e rimangono quindi 245 deputati da eleggere.

Come si eleggono gli altri due terzi dei deputati. Con il sistema proporzionale: si sommano tutti i voti di tutti i partiti in tutta Italia e i 245 deputati restanti vengono eletti in proporzione ai voti ricevuti dai singoli partiti.

Come si individuano i singoli deputati che si attribuiscono al singolo partito con il proporzionale. Con un complicato sistema di ripartizione territoriale, si torna sul territorio che a questo scopo è diviso in zone più ampie dei collegi uninominali (in molti casi corrispondono a intere regioni). Anche questi si chiamano collegi, ma sono plurinominali. Plurinominale vuol dire che si presentano più candidati. E qui torniamo agli altri nomi presenti accanto al simbolo dei partiti: è il cosiddetto listino bloccato.

Come funziona il listino bloccato. Ultimo passaggio. Per scegliere i deputati eletti in un collegio plurinominale si considera la lista dei nomi e si prendono i primi tre. L’ordine della lista definisce l’ordine di elezione: per questo si dice “bloccato”.

Il secondo risultato. A questo punto abbiamo anche gli altri 245 deputati eletti, che si sommano ai 147 uninominali e agli 8 eletti all’estero. La nuova Camera è così formata. Al Senato il meccanismo è molto simile, con numeri dimezzati: 74 senatori eletti nei collegi uninominali, 122 nei collegi plurinominali e 4 all’estero. In più, al Senato la distribuzione dei seggi non avviene a livello nazionale, perché la Costituzione prevede che il Senato sia eletto su base regionale.

Soglie di sbarramento. C’è una ulteriore regola per ottenere dei seggi, ovvero i partiti devono superare un certo numero di voti minimi, altrimenti avranno zero posti in Parlamento. Un partito deve avere almeno il 3% dei voti oppure presentarsi in una coalizione di partiti che ottengono insieme il 10% (con delle eccezioni che tralasciamo).

Per tutto quanto detto sopra, scontando qualche semplificazione che però nulla toglie alla comprensione della logica del metodo elettorale in vigore, si comprende:

– che tale sistema elettorale prevede una sola scheda con un solo voto; l’elettore esprime un solo voto, a partire dal quale gli algoritmi elettorali definiscono la ripartizione dei seggi;

– che 147 deputati e 74 senatori sono eletti in collegio uninominale e che il voto che ricevono si riparte esclusivamente sulla coalizione che li presenta. Una coalizione nazionale, senza possibilità di versioni “locali”;

– che questo aumenta di molto le possibilità di aver votato un’alleanza elettorale non affine rispetto ai propri orientamenti in tema di politiche sociali, economiche, ecc.

– che chi non è candidato in una coalizione ampia rischia di non partecipare al gioco, di non entrare in partita, dovendo far conto solo sulla quota proporzionale, sempre che superi il 3% dei voti validi espressi, soglia di sbarramento per il riparto dei voti nel proporzionale.

La disputa tra sistemi elettorali è questione troppo complessa per potersi schierare in maniera definitiva pro o contro l’uno o l’altro metodo, ma resta un fatto ineludibile: i sistemi elettorali non sono altro che degli strumenti per tradurre i voti in seggi e che un sistema politico più o meno frammentato dipende da una società politica e civile più o meno frammentata e non solo dal sistema elettorale che può introdurre delle correzioni spesso con conseguenze perniciose (instabilità strutturale dei governi, rappresentatività a scapito della governabilità e viceversa, ecc.).

Il Rosatellum, combinato con due Camere inedite, dimagrite di circa il 30% dei parlamentari (riforma costituzionale varata nel 2020), incorpora diverse potenziali conseguenze perniciose. Il rischio che una parte politica abbia i numeri, da sola, c’è tutto: per decidere il cambio della Costituzione o l’elezione dei membri parlamentari di Corte costituzionale, parte del Csm e delle Agenzie nazionali, minando i delicati equilibri dei poteri della nostra Repubblica parlamentare.

I nostri sistemi politici sono stati costruiti su una struttura di base che è il liberalismo, l’hardware su cui girano i diversi software delle diverse dottrine politiche.

Che sono tutte legittime, finché non si pongono l’obiettivo di stravolgere le fondamenta, il codice sorgente che consente a tutti di esprimere liberamente le proprie diverse idee. La nostra è una democrazia di tipo liberale, dove la volontà popolare non può tutto, visto che non può stravolgere le leggi e i principi su cui si fondano i diritti e le libertà di tutti.

Frammentazioni socio-politiche e leggi elettorali frutti di compromessi al ribasso che sbilanciano tali equilibri possono far emergere e premiare partiti e coalizioni che mirano a intaccare le fondamenta liberali su cui si fonda tutta l’architettura istituzionale, con il rischio di trovarci di fronte a partiti antisistema, che non accettano di giocare la loro partita all’interno del sistema liberale.

In conclusione, e il ragionamento non è diretto al caso italiano contingente, la posta in gioco dei sistemi elettorali consiste nel creare pesi e contrappesi di logiche e metodi che consentano di tutelare le strutture di fondo del nostro sistema e il sistema di alleanza con altri Paesi con istituzioni simili.

 

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