Uolter e Maxino, risate e solidarietà

imagazine livio nonis

Livio Nonis

24 Giugno 2022
Reading Time: 4 minutes
Condividi

Furian e Cernecca

Condividi

I loro video e le loro gag spopolano in tv e, soprattutto, sulla rete, dove raggiungono milioni di visualizzazioni. Loro sono Flavio Furian e Massimiliano “Maxino” Cernecca, autentici mattatori della comicità triestina che hanno saputo abbinare anche a personaggi di calibro internazionale (una su tutte l’imitazione di Donald Trump).

Una collaborazione artistica sorta ormai dieci anni fa e rafforzatasi ogni anno di più come il gradimento del pubblico che li ha condotti a un successo che non sembra conoscere limiti. Ma nonostante la fama, Furian e Cernecca restano con i piedi piantati a terra, con un’attenzione rivolta alle persone meno fortunate del territorio, sostenendo quelle realtà che operano in loro favore. Come nel caso del baskin, il basket inclusivo capace di far giocare insieme atleti normodotati e con disabilità.

Flavio Furian e Massimiliano Cernecca, partiamo dall’inizio: quando è nata la vostra collaborazione artistica?

Massimiliano: «Mi arrivò un messaggio messenger da Flavio, che conservo tuttora, in cui mi diceva se potevamo vederci per fare qualcosa insieme. Io lo seguivo già e mi ripromettevo spesso di contattarlo: lui mi ha anticipato. A quel tempo avevo una collaborazione a Radio Dj e dovevo fare una canzone natalizia per il Trio Medusa. L’ho chiamato per registrare la canzone. La nostra collaborazione è quindi nata con una sigla di una canzone natalizia, ed è andata molto bene».

All’epoca avreste mai pensato di diventare una “coppia” di successo?

M: «No».

F: «Si!»

Perché i vostri personaggi e la vostra comicità hanno così tanta presa sul pubblico?

«È un fatto inspiegabile, nonostante anche noi lo notiamo. Probabilmente dev’essere un insieme di cose: qualcosa nella memoria delle persone, l’atteggiamento di qualche amico, c’è qualcosa di vero in qualche personaggio, le dinamiche esatte sono impossibili da stabilire, ma magari è semplicemente una questione di “magia”. Ognuno dei nostri personaggi ha una sua propria comicità, qualche spettatore magari si ritrova in uno ma non sopporta l’altro. Aver ampliato talmente il target aiuta, qualcuno è anche trasversale: Uolter o Trump hanno una comicità più popolare, altri sono più di nicchia».

A proposito di personaggi, a quali siete più affezionati?

«Innanzitutto dobbiamo dire grazie a Uolter che ci ha aperto molte strade e ha fatto molto clamore, ma siamo affezionati anche ad altri personaggi. Se uno di loro ci fa ridere ci affezioniamo, ma anche se qualcuno non è tanto ricorrente gli vogliamo bene lo stesso. Ansielmo lo abbiamo fatto due o tre volte ma ci è rimasto nel cuore esattamente come Trump che c’è sempre. Ansielmo è un personaggio che non parla, ansima, è l’ansia del momento storico, vive la sua vita con la paura di uscire da casa e il suo verso è… un grugnito disumano. Non è stato facile scrivere un versaccio animalesco».

La vostra è una comicità in continua evoluzione, sia nella scelta di nuovi personaggi da proporre sia nel modo comico di raccontare la quotidianità. Da dove traete i vostri spunti?

«La realtà di questo momento storico è superiore a qualsiasi nostra fantasia, apri il giornale, apri Facebook, parli con le persone, certi eventi sono talmente assurdi che alle volte bisogna contenerli. Ci sono cose oltre al limite della comicità, basta una piccola spinta: in sintesi spesso ti ritrovi a cambiare di pochissimo la realtà».

Cosa rappresenta per voi Trieste?

«Trieste è la base delle nostre storie, che poi si allargano a tutta la regione, ma gli spunti del nostro lavoro arrivano dalla nostra città, i personaggi internazionali che inseriamo nei nostri spettacoli si “triestinizzano”. Trieste è la nostra casa a 360 gradi nella comunicazione, perché parliamo e facciamo gli sketch in dialetto triestino, perché ci sentiamo più liberi, perché questa sensazione di casa viene esportata. Una cosa che sembrava impossibile: lo hanno fatto i romani o i napoletani, tutti utilizzano il proprio dialetto per parlare a livello nazionale. Funziona».

Riuscireste a immaginare i vostri personaggi al di fuori di questo contesto?

«Nel futuro faremo personaggi diversi, a prescindere dal contesto: qualcuno è legato al territorio, ma vogliamo pensarli in modo diverso, con respiro nazionale. Certi personaggi si adattano meglio, altri no. Il nostro sindaco, per esempio, per quanto potrebbe funzionare a livello nazionale nel nostro territorio diventa più potente».

Oltre che nella comicità, il vostro rapporto con la comunità di Trieste è molto forte anche in ambito sociale, venendo voi chiamati a essere testimonial anche in contesti benefici. Che significato ha per voi questo riconoscimento popolare?

«Questo è estremamente gratificante e inaspettato. Qualsiasi ringraziamento che riceviamo da ogni persona, soprattutto nel periodo che abbiamo superato, è un appagamento. Possiamo parlare a tanta gente grazie anche al fatto che siamo dei testimonial. L’importante per noi è far ridere le persone, perché è già una vittoria. Se in modo collaterale facciamo del bene a qualcuno, possiamo essere solo che felici».

A proposito di testimonial, siete stati coinvolti anche nel progetto baskin in Friuli Venezia Giulia: il basket inclusivo in cui atleti normodotati e disabili giocano insieme. Cosa ne pensate?

«Questo progetto è una delle più belle idee che abbiamo avuto modo di vivere. Abbiamo visto giocare i ragazzi: il fatto che sia un’invenzione tutta italiana è emozionante e geniale, così come colpisce vedere l’emozione dei giocatori che superano i propri limiti, ognuno dà il proprio meglio, ognuno ha un ruolo fondamentale. Portare questo modello in ogni sport, in qualsiasi situazione della vita, sarebbe una evoluzione umana incredibile. Andrebbe replicato dappertutto, anche se difficile, ma sarebbe un grandissimo esempio».

 

Visited 86 times, 1 visit(s) today