Sognando l’Eurolega

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Livio Nonis

20 Febbraio 2020
Reading Time: 4 minutes

Nicholas Pellicani

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La volontà di far rispettare le regole, di applicare e gestire in modo corretto il regolamento dello sport è oramai una caratteristica nel DNA del monfalconese.

Questa può essere la giustificazione che spiega perché sportivi bisiachi riescono ad arrivare ai vertici nazionali e internazionali nel mondo arbitrale. Un esempio per tutti, nel basket, Elio Luglini, che arbitrò due Olimpiadi (Roma ’60, Messico ’68), entrato nella Hall of Fame del Friuli Venezia Giulia, e, nel calcio, Erminio Piemonte unico arbitro italiano a dirigere, nel 55/56, il derby della Madonnina tra Inter e Milan sia all’andata che al ritorno. Continuando nel basket, in coppia con Luglini, c’era anche Mario Plocher.

Gli anni 80 e l’inizio degli anni 90 hanno costituito un periodo particolare, probabilmente irripetibile per la pallacanestro monfalconese. Questo giudizio non è solo influenzato dai risultati che hanno visto la formazione maggiore salire dai campionati regionali a quelli nazionali, riportando il basket monfalconese ai livelli degli anni 70, ma soprattutto dall’incredibile simbiosi creatasi tra le varie componenti: dirigenti, allenatori, giocatori e arbitri. Il motore di tutto furono gli indimenticabili CAMP. Ed è proprio in quegli anni che il basket monfalconese riuscì a sfornare giocatori, allenatori e anche arbitri di Serie A come Nicola e Luca Longo.

In questo settore il Gruppo Comunale Arbitri Pallacanestro Monfalcone poteva contare su moltissimi direttori di gara nelle serie nazionali e alcuni di loro, come Massimo Cosulich e Sandro Bradamante, sfiorarono di poco la massima serie. Questo risultato fu possibile grazie al lavoro di reclutamento di Elio Luglini e, soprattutto, di Renzo Furlan che seguiva e organizzava il gruppo come una vera squadra ma nello stesso tempo come se i componenti fossero tutti suoi figli.

Le riunioni tecniche raggiunsero livelli eccellenti con la partecipazione di moltissimi allenatori. L’impegno, la passione e la qualità nel materiale umano, permisero a molti componenti del GAP (Gruppo Arbitri Pallacanestro) di Monfalcone di raggiungere le categorie nazionali rivaleggiando, in numeri, con realtà caratterizzate da densità demografica ben maggiore.

Dopo questo periodo d’oro, tuttavia, il gruppo perse consistenza. Ma le peculiarità insite nel DNA riaffiorano adesso con un nuovo arbitro di Serie A: Nicholas Pellicani, classe 1990, geometra, libero professionista, fisico asciutto, scattante, veloce, una persona con la testa sulle spalle. Ha fatto la gavetta lavorando assiduamente e nel 2018 è arrivato nel grande basket. Incontrarlo è stato un piacere, cordiale e disponibile a rispondere alle domande.

Nicholas, com’è stato il suo ingresso nel mondo arbitrale?

«Avevo 16 anni e dopo una partita con l’Under 17 a Ronchi dei Legionari, l’arbitro della gara chiese a me e ai miei compagni di squadra se volevamo partecipare al corso per diventare mini arbitri. Io e altri tre partecipammo e nel giro di tre mesi mi ritrovai in campo per la prima volta con il fischietto. La prima partita fu una Under 14 femminile, il collega che mi accompagnò all’esordio era Alberto Dagri, anche lui di Monfalcone. La gara era Monfalcone contro Ginnastica Triestina… il mio primo fischio arrivò, credo, dopo 2 periodi di gioco: ero imbarazzatissimo e molto emozionato».

Oggi il suo nome viene affiancato a quello di arbitri monfalconesi di grandissimo prestigio come Elio Luglini o i fratelli Longo. Che effetto fa?

«Mi fa molto piacere: sono stati arbitri di prestigio a livello nazionale e internazionale, ma rispetto a loro non ho fatto ancora niente, vista la mia giovane carriera. Ho ancora molta strada da fare e molto da imparare».

Quanto lavoro e quanto sacrificio viene richiesto per preparare la stagione e, settimanalmente, la partita?

«I veri sacrifici sono altri, arbitrare per me è un divertimento e un privilegio, visto che mi permette di visitare luoghi e conoscere persone in tutta Italia: sono nate bellissime amicizie in giro per lo stivale. Fortunatamente riesco ad abbinare l’attività lavorativa con quella arbitrale, la libera professione agevola sicuramente il tutto. Oltre all’allenamento fisico curato con sedute in palestra, preparo le partite guardando a video le squadre che andrò a dirigere la domenica. Successivamente riguardo le partite arbitrate per capire e valutare gli errori della gara appena arbitrata, sperando di non ripeterli nei match futuri».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conoscere il gioco del basket aiuta anche ad arbitrare: lei come si mantiene aggiornato?

«Conoscere il gioco è fondamentale per l’arbitraggio, per questo oltre a guardare in TV molte partite, quando posso vado anche a vederle nei palazzetti della zona, anche quelle di categorie inferiori».

Quali sono i suoi obiettivi a livello arbitrale?

«L’obiettivo ovviamente è quello di arrivare in serie A1, sapendo che è difficile e che c’è molto da lavorare. Il sogno invece è arbitrare una gara di Eurolega».

Lei lavora e quasi ogni domenica è in giro per l’Italia ad arbitrare: un impegno notevole anche in termini di tempo…

«Quasi sempre arriviamo nella città dove si terrà la partita il giorno prima del match, in modo tale da essere freschi e riposati il giorno dopo. Pranzo assieme alla terna arbitrale il giorno della gara e faccio un warm up della partita, analizzando assieme ai colleghi quali possono essere le criticità dell’incontro. Dopo di che si va al palazzetto, si arbitra la partita e, finita, si va a cena. Poi se sono abbastanza vicino a casa, rientro subito dopo la cena, altrimenti riparto la mattina seguente».

Qual è il suo rapporto con le giovani leve nel panorama arbitrale regionale?

«Quando non ho partite di serie A2 da arbitrare, nel weekend mi rendo disponibile per accompagnare giovani arbitri nel campionato di promozione, così da dar loro consigli utili che possano servire a crescere dal punto di vista arbitrale. Durante la settimana, invece, mi viene più difficile affiancare i giovani a causa degli impegni lavorativi».

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