Premio Terzani, ecco i finalisti

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redazione

20 Febbraio 2015
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Proclamazione ad aprile

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Svetlana Aleksiević per Tempo di seconda mano (Bompiani); Glenn Greenwald per No place to hide (Rizzoli), Alexandar Hemon per Il libro delle mie vite (Einaudi); Marie-Luise Scherer per La frontiera dei cani (Keller) e David Van Reybrouck per Congo (Feltrinelli) sono i cinque finalisti del “Premio letterario internazionale Terzani 2015”, promosso dall’associazione culturale vicino/lontano di Udine e dalla famiglia Terzani.

La giuria, riunitasi nei giorni scorsi a Firenze, a casa Terzani, ha selezionato i titoli che andranno in votazione a partire da un elenco di oltre quaranta opere: «Una scrematura difficile – commenta Angela Terzani, presidente della giuria – perché anche quest’anno i libri segnalati dai giurati nella prima fase, tutti ottimi lavori, evocano o descrivono situazioni e temi attuali, degni di approfondimento e riflessione.  Ed è proprio questo lo spirito del Premio Terzani: portare all’attenzione e alla consapevolezza del grande pubblico, attraverso lo sguardo dei testimoni, mutamenti che investono il nostro presente e sono destinati a condizionare in modo significativo il futuro di tutti». I giurati – Giulio Anselmi, Enza Campino, Toni Capuozzo, Andrea Filippi, Milena Gabanelli, Álen Loreti, Ettore Mo, Carla Nicolini, Paolo Pecile, Peter Popham, Marino Sinibaldi, Valerio Pellizzari – si sono ora riservati un ulteriore tempo di lettura prima del voto, per poter valutare al meglio la cinquina dei finalisti. Il vincitore sarà annunciato nel mese di aprile e sarà protagonista a Udine sabato 9 maggio (Teatro Nuovo Giovanni da Udine, ore 21), in occasione della serata clou del Premio Terzani, come sempre in programma nell’ambito del Festival vicino/lontano, quest’anno alla sua XI edizione. Dal 7 al 10 maggio, il festival proporrà un calendario ricco di incontri, eventi, dialoghi, lezioni magistrali, spettacoli, proiezioni, workshop e percorsi espositivi. Info www.vicinolontano.it

Svetlana Aleksiević è una scrittrice e giornalista russa. Nata in Ucraina nel 1948 da padre bielorusso e madre ucraina, è sempre stata fortemente critica nei confronti del regime dittatoriale bielorusso. Per questo è stata perseguitata e i suoi libri banditi. Solo da poco è tornata a vivere a Minsk. Tradotta in oltre quaranta lingue, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. La sua ultima opera, Tempo di seconda mano, è un vero e proprio dramma corale. Decine di protagonisti, donne e uomini, vittime e carnefici, raccontano in prima persona il crollo dell’Unione Sovietica e la tormentata nascita di una “nuova Russia”. Un fiume di voci riemerge come un fenomeno carsico dalle macerie, materiali e spirituali, della storia russa recente e prende corpo nella sua scrittura.

È giornalista anche Gleen Greenwald. Americano, da anni in prima fila nella difesa delle libertà civili, è stato una delle firme più autorevoli del Guardian fino all’ottobre 2013. Da allora si dedica alla testata online The Intercept.org che ha fondato e dirige. No place to hide è il racconto di prima mano della vicenda Snowden e dello scandalo NSA. Perché nel dicembre 2012, con una email firmata “Cincinnatus”, Edward Snowden – disposto a rinunciare a tutto, rischiando l’ergastolo e forse anche la vita – contattò proprio lui per far conoscere al mondo il più gigantesco programma di sorveglianza di massa mai concepito e realizzato. Sembra un romanzo di spionaggio, e lo è. Solo che ciò di cui si parla è successo e succede davvero, e riguarda tutti noi. Il Guardian e il Washington Post, che hanno pubblicato le rivelazioni di Snowden, hanno vinto il Pulitzer 2014.

Aleksandar Hemon è invece esclusivamente uno scrittore. Nato a Sarajevo nel 1964 e trasferitosi negli Stati Uniti per una fellowship nel ’92, non è più rientrato in Bosnia a causa dello scoppio della guerra e dell’assedio alla sua città. È unanimemente considerato uno degli autori più interessanti del panorama letterario internazionale. Il libro delle mie vite racconta il percorso personale dell’autore da Sarajevo a Chicago e narra vicende che hanno a che fare con la sua vita nella ex Jugoslavia, con la guerra, con l’esilio, con il mito e la realtà dell’America. Un’autobiografia in quindici “stazioni” che ha la lucidità del saggio e la pienezza del romanzo di formazione e che si chiude con il racconto della malattia e della morte della figlia Isabel, a un anno di vita. 

È scrittrice e giornalista Marie-Luise Scherer, che per più di vent’anni (fino al 1998) ha scritto reportage letterari per Der Spiegel, la stessa testata che pubblicava gli articoli dall’Asia di Terzani. La frontiera dei cani, data alle stampe dallo Spiegel nel 1994, esce nel 2014 per la prima volta in italiano, opportunamente tradotta da Keller in occasione dei 25 anni dalla riunificazione delle due Germanie. Narra una storia solo apparentemente  inattuale, che si svolge nella zona vietata che per quarant’anni ha separato i tedeschi dai tedeschi. E tra la zona vietata e la Germania Ovest vi era una striscia della morte con torrette di guardia e campi minati, recinzioni di metallo e postazioni di sparo automatico dove abitavano solo i cani.

Fa i conti con il passato – e con le pesanti conseguenze che in parte si abbattono sul nostro presente – anche il libro di David Van Reybrouck, giovane laureato in architettura e ricercatore presso l’Università di Lovanio, firma del quotidiano belga di lingua fiamminga De Morgen. Autore di numerosi libri, con Congo, presentato in anteprima italiana a pordenonelegge 2014, ha suscitato un sorprendente interesse internazionale. Un’opera voluminosa, 700 pagine, che muove dal gigantesco estuario del fiume Congo, per secoli area di accesso al continente africano di colonizzatori, missionari e predatori di ogni risma. Pagina dopo pagina, attraverso centinaia di interviste con congolesi di tutte le età e le etnie, attraverso indagini storiografiche e archeologiche, l’autore ci conduce con una scrittura asciutta e coinvolgente alla scoperta di un paese, di un popolo, di un continente. Un bestseller in Belgio, tradotto in molte lingue (in Italia è già alla 5a ristampa), che è stato da alcuni definito “il più grande reportage africano dai tempi di Ryszard Kapuściński”, il grande giornalista e scrittore polacco morto nel gennaio 2007, che fu tra l’altro tra i membri fondatori della giuria del Premio Terzani.

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