Marco Petean: siamo noi in fuga

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La scultura dell’artista cervignanese esposta nella mostra dei finalisti del Premio Suzzara. “Ho modellato la dignità silenziosa che grava sulle spalle di chi fugge”

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Marco Petean (© Elia Falaschi)

CERVIGNANO DEL FRIULI – L’artista cervignanese Marco Petean dallo scorso 21 settembre è tra i protagonisti della mostra dei finalisti del Premio Suzzara, presso il Museo Galleria del Premio a Suzzara (Mantova).

Il Premio Suzzara è uno dei più storici e prestigiosi premi d’arte contemporanea in Italia, istituito nel 1948 grazie a Dino Villani, Cesare Zavattini e Tebe Mignoni ed oggi giunto alla sua 52ª edizione.

L’edizione di quest’anno dal titolo “Inferno riflesso. La guerra nello specchio dell’arte” riprende un aspetto che caratterizzava la manifestazione fin dalle sue origini: la tradizione del Premio richiamava infatti per vocazione un’arte impegnata, capace di interrogarsi e riflettere sui grandi temi che coinvolgono la società nel corso della storia.

Pertanto, in occasione dell’edizione del 2025, promuovendo il tema dell’impegno sociale degli artisti, è stata chiesta una riflessione sul tema generale, ma più che mai attuale, della guerra. Guerra combattuta sul fronte, in diverse parti del mondo non tanto distanti da noi, guerra quotidiana contro nemici invisibili, ma ugualmente mortali come la povertà, la discriminazione, l’odio, guerra interiore, contro le angosce, la paura, l’ansia.

Petean ha presentato la sua opera inedita dal titolo “Siamo noi in fuga”, un dittico in terracotta policroma che raffigura trentatré persone, uomini, donne, bambini, neonati in cammino, costrette ad abbandonare la propria terra; l’opera è stata apprezzata dal folto pubblico che ha presenziato all’inaugurazione e ai primi giorni di apertura del Premio e dalla critica e ambisce a entrare nella collezione permanente del Museo.

“In questa mia scultura – spiega Petean – non è rappresento semplicemente un esodo, ho modellato la disperazione collettiva, la dignità silenziosa, il peso materiale ed emotivo che grava sulle spalle di chi fugge, vuole essere una riflessione universale sulla fragilità umana e sulla forza che ci spinge a sopravvivere. Le mie figure, famiglie intere, madri velate, bambini stanchi, neonati trasportati anche all’interno di valigie, uomini curvi sotto sacchi e silenzi, carri carichi di persone ed oggetti, portano con sé le ferite invisibili della guerra. Siria, Afghanistan, Iraq, Ucraina, Palestina nomi diventati simboli di distruzione, ma che qui tornano a essere luoghi umani, concreti, abitati da vite che resistono”.

Marco Petean sezione1
L’opera di Marco Petean, sezione 1

“Ho voluto rappresentare – aggiunge l’artista – la migrazione non come evento lontano, ma come riflesso speculare, vivendo in una terra di confine, che oggi è interessata dai flussi migratori della rotta Balcanica e ricordando i vissuti personali e famigliari di chi ha lasciato la propria patria alla ricerca di un futuro migliore. Perché, a guardarli bene, quei volti ci somigliano. Non sono “loro”, siamo noi. Noi che fuggiamo da guerre evidenti o interiori, da notizie che non vogliamo vedere, da responsabilità che non vogliamo assumere. Noi, che abitiamo una modernità anestetizzata eppure ancora profondamente fragile”.

“In un tempo in cui l’immagine spesso consuma la realtà – specifica Petean – ho voluto restituire presenza e memoria attraverso la materia. Il gesto plastico, denso e corale, invita a fermarsi: non per osservare, ma per riconoscere. Questa scultura non chiede pietà, ma coscienza. Non offre risposte, ma connessioni. Vuole ricordare che l’arte, nel suo ruolo sociale più profondo, non consola: inquieta. E nel farlo, ci rende umani. Ho voluto invitare lo spettatore a fermarsi, a guardare senza distacco, a cercare negli occhi di quei volti un riflesso possibile di sé”.

Marco Petean sezione2
La seconda sezione dell’opera

“L’intento della mia opera – sottolinea ancora – è quello di rendere visibile ciò che si preferisce ignorare, toccare il cuore prima della ragione, creare empatia. Ogni figura scolpita è un racconto muto, ma eloquente. Chi osserva l’opera non resta fuori dalla scena: è dentro, cammina insieme a loro, tutti possiamo essere quella madre che tiene stretto un neonato, quel padre con il sacco sulle spalle, quella bambina in maglia rossa che cammina. Perché siamo tutti, in fondo, in fuga da qualcosa”.

“Mi sono approcciato al tema proposto quest’anno dal Premio di Suzzara – conclude Petean – con un linguaggio realista, restando fedele alle immagini delle migrazioni contemporanee. Ogni dettaglio, dagli sguardi abbassati ai corpi accalcati, nasce da fotografie e reportage di guerra. Ho posto molta attenzione all’uso del colore: infatti se il paesaggio della fuga è spesso fatto di macerie grigie e polveri nere, in queste sculture i colori riemergono, vibranti, negli abiti, nei volti, nelle mani strette. Sono i colori della vita che resiste, che continua a camminare anche in mezzo alla distruzione; ho cercato di restituire umanità a chi ne è stato spogliato. E ho voluto ricordare che ogni volto in cammino ha una storia che merita di essere vista, compresa, accolta”.

foto Museo Premio 1
Il pubblico in mostra a Suzzara davanti alle sculture di Petean

Marco Petean prosegue la tradizione di artisti friulani che negli anni hanno preso parte al Premio Suzzara come Armando Pizzinato, che fu tra i protagonisti del realismo sociale e partecipò a varie edizioni del Premio, in linea con l’ideologia del lavoro e dell’impegno civile; Sergio Altieri, artista attivo nel panorama regionale e nazionale, anche lui da sempre vicino alle istanze sociali e del linguaggio del realismo, Cesare Mocchiutti, Franco Dugo, fino a Giuseppe Zigaina, suo illustre concittadino  che vinse l’edizione del 1950 con l’opera Bracciante (Erba ai conigli) ottenendo in premio una barca a remi, in linea con la caratteristica distintiva del Premio Suzzara che era di premiare gli artisti vincitori non in denaro, ma con beni tangibili, come salami, forme di formaggio, vino, frumento, maiali, vitelli, mattoni, riflettendo lo spirito dello “scambio” tra arte e lavoro.

Zigaina inoltre, ottenne anche nel 1956 un riconoscimento con l’opera “Operai che escono dalla fabbrica”, contribuendo così al prestigio storico della manifestazione che attualmente annovera nella collezione permanente del Museo Galleria del Premio opere tra gli altri di Renato Guttuso, Aligi Sassu, Antonio Ligabue, Renato Birolli, Remo Brindisi e di prestigiosi scultori come Agenore Fabbri, Alik Cavaliere, Augusto Murer e il più recente Giuseppe Bergomi.

La mostra dei finalisti del Premio Suzzara rimarrà aperta fino a gennaio 2026 presso il Museo Galleria del Premio a Suzzara (Mantova).

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