La potenza della memoria

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A un anno dalla scomparsa di Enzo Valentinuz, una mostra con tanti inediti ne ripercorre la vita e il percorso artistico. Un’eredità che le tre figlie intendono tramandare, come i messaggi che le opere del padre continuano a trasmettere

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Da sinistra Maya, Magda e Mascia Valentinuz accanto all’opera Un cane sopra tutti, 2019, graffito su intonaco su legno

ROMANS D’ISONZO – “Fare una mostra significa porre un distacco fra me e le mie opere. Una scelta che ha il valore del confronto sul piano estetico ed emozionale. Un momento di sintesi e costruzione di un rapporto fra contenuto e contenitore, tra artista e pubblico, in uno scambio intenso”.

Questo uno dei tanti pensieri che Enzo Valentinuz (1946-2023) ed io ci scambiavano nei nostri incontri, che avevano sì a che fare con la sua attività di pittore e la mia di giornalista culturale, ma non solo.

Noi eravamo amici, e gli amici, quando possono, si incontrano senza motivo, per il piacere di farlo. Alcune nostre conversazioni hanno trovato spazio nel volume “E m’oscuro in un mio nido” edito dal Comune di Romans d’Isonzo.

Un libro nato dalla bella intuizione dell’assessore comunale alla Cultura, Alessia Tortolo, di far incontrare la poesia di Giuseppe Ungaretti, che a Versa di Romans scrisse le sue prime poesie uscite nella raccolta “Il porto sepolto”, pubblicata a Udine nel 1916, con i quadri “dipinti” con le pietre del Carso di Enzo. Sempre a Romans, a Casa Candussi Pasiani è aperta fino a gennaio la mostra Cuki, fogli tele graffiti pietre e colore e in contemporanea le sue opere sono esposte nella sede locale della Banca di Credito Cooperativo Venezia Giulia. Uscirà invece nel 2025 il catalogo dedicato alle due esposizioni.

Oggi la famiglia di Enzo, raccolta attorno alla moglie Nevia, opera per mantenere viva la sua voce. Ecco come vivono questo nuovo ruolo e impegno le figlie Magda, Maya, Mascia che qui raccontano il padre, l’uomo e l’artista.

Padre e artista: chi è Enzo per voi?

Magda: «Padre, anche se non era un rapporto semplice, a volte conflittuale nei miei primi anni, per ritrovarci poi. Lui ci coinvolgeva nel suo lavoro».

Mascia: «Padre, mi ha sempre guidata, mettendomi davanti alla realtà della vita, accompagnandomi e mostrandomi con l’esempio quale fosse la strada».

Maya: «Padre e artista, era severo ma aveva sempre il tempo per parlare con me. Mi mancano le sue parole, il partecipare alla creazione delle sue opere».

Vi siete assunte il compito di conservare e promuovere la sua opera artistica. Questa prima retrospettiva è il vostro battesimo di fuoco. Quali emozioni sentite?

Magda: «Non siamo dell’ambiente artistico ma siamo felici di lavorare per non farlo dimenticare. Le emozioni sono contrastanti: paura ma anche orgoglio di continuare a farlo vivere e parlare».

Mascia: «Mi sento inadeguata rispetto alla potenza di significato del la sua voce e arte. Lui era unico e non trovo le parole per esprimere la forza del suo lavoro. La sua morte è stato uno shock che ancora non ho superato».

Maya: «Io sono ottimista e dunque penso che la forza del suo lavoro, i pensieri, messaggi forti e sensibilità espressi nelle opere rendono il nostro compito “facile”. Certo manca la preparazione, per questo servono impegno e studio».

Il vostro ricordo più forte?

Magda: «Mi affidava il compito di fotografare le sue opere per l’archivio ma anche per i cataloghi. Mi mancano le sue richieste dell’ultimo secondo».

Mascia: «Mi chiamò per tendere delle tele che poi sono diventate opere presentate in una mostra a Udine all’ex manicomio di Sant’Osvaldo. Ci siamo divertiti».

Maya: «Dopo un brutto periodo ricordo il momento forte in cui sono andata a casa dei miei genitori. Mio padre mi ha abbracciata, ho sentito tutta la sua comprensione e abbiamo ricominciato una nuova vita».

  • Festa sui prati, 1968, tempera su tela

Quali le vostre opere preferite?

Magda: «Amo i suoi graffiti su malte, sento che lui mi parla attraverso il gesto di incidere la materia per far emergere figure e colori. In particolare mi piacciono le opere “Davanti alle nostre maschere” e “Castelli di sabbia”».

Mascia: «Non saprei quale scegliere. Amo molto i bozzetti, per capire come nasceva l’opera, prima sulla carta in scala minore e poi sulla tavola nelle misure definitive. Dal pensiero al progetto e all’opera finita».

Maya: «Mi sento serena quando sono nel suo studio e vado spesso a visitare la mostra a Casa Candussi Pasiani. La mia opera preferita è “I colori del Carso”, dove le pietre diventano foglie leggere e il ricordo va alle nostre passeggiate».

In mostra anche delle opere su carta e tela mai viste, quelle degli anni Sessanta e Settanta, della prima fase di arte attiva di Enzo Valentinuz, dopo il diploma conseguito all’Istituto d’Arte di Gorizia, la prima personale del 1968, e i successivi studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Dal 1973 in poi, nonostante l’intensa attività espositiva e i riconoscimenti, decise di fermarsi, senza però allontanarsi dalla frequentazione di musei e gallerie, né dallo studio di quello che era l’evolversi del panorama artistico regionale e nazionale. Riprese l’arte attiva nel 2004 ritornando alle tecniche apprese in gioventù dai maestri, fra i quali Cesare Mocchiutti, Tino Piazza e Mario Sartori.

Queste opere raccontano un Enzo Valentinuz diverso dai dipinti con le pietre e i graffi. Sono inedite in quanto solo le figlie e la moglie avevano la possibilità di averle sotto gli occhi. Corale il loro commento di aver avuto solo oggi la consapevolezza del privilegio di crescere circondate dalle opere del padre.

Un valore di cui hanno compreso l’importanza vedendo i dipinti fuori dalle mura domestiche.

Come definireste l’esperienza di progettazione e realizzazione della retrospettiva curata dal critico Diego Collovini con il sostegno del Comune?

Magda: «Impegnativa e bella. All’inizio ero molto spaventata, paura svanita man mano che l’esposizione

prendeva forma».

Mascia: «Le mie sorelle sono state le vere artefici di questa mostra: a loro la mia gratitudine e stima per il risultato ottenuto, che condivido».

Maya: «È stata un’occasione di crescita, di acquisire consapevolezza e coraggio. Mio padre c’è sempre e ci sta dando la possibilità di conoscere tante altre persone con le quali condividere un percorso. La sua morte non è stata solo una grande perdita ma anche la nascita di nuovi rapporti».

Che cosa avrebbe detto Enzo entrando in mostra?

«Oh! Bravis, bravis piçulis!»

Un’immagine di Enzo Valentinuz

La mostra

Un Enzo Valentinuz – Cuki mai visto quello esposto nella mostra “Cuki, fogli tele graffiti pietre e colore”, aperta fino a gennaio a Casa Candussi Pasiani a Romans d’Isonzo (lunedì 17.30-19.30, martedì, mercoledì e venerdì 15-18, giovedì e sabato 10-12, domenica 10-12/15-18, chiuso 25/26/31 dicembre e 1 gennaio). Tanti inediti soprattutto bozzetti, disegni, incisioni e i lavori degli anni ’60 e ’70.

Esposto anche un quadro dell’amico Luciano de Gironcoli (1947-2024), compagno di esplorazioni nel mondo dell’arte, seguendo un’affinità elettiva che rafforzava l’antica amicizia. Luciano, raffinato e colto artista, convinto che esistesse “Una Scuola di Pittura goriziana” per la ricchezza delle figure di questo territorio, avrebbe dovuto curare questa prima retrospettiva dell’amico. Il destino ha scombinato i piani ma le loro opere si scambiano confidenze e ironia in mostra.

Una sezione di opere di Enzo Valentinuz è allestita nella sede della Banca di Credito Cooperativo di Romans, resterà aperta, al pari della mostra principale, fino al 19 gennaio 2025.

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