Il signore della musica

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Margherita Reguitti

16 Settembre 2016
Reading Time: 4 minutes

Claudio Mansutti

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Il friulano Claudio Mansutti si è diplomato in clarinetto al conservatorio di Udine e successivamente si è perfezionato con maestri internazionali in direzione orchestrale e studio interpretativo. Da altre 20 anni la sua carriera segue un doppio binario. Da una parte l’attività di musicista e in particolare di solista che lo ha portato a esibirsi, tra gli altri, con l’Ensemble d’archi dei Berliner, il Quartetto di Cremona, con Bruno Canino in duo all’Emilia Romagna Festival, ma anche negli Stati Uniti alla Carnagie Hall e alla Filarmonica di Berlino, assieme ai Berliner Symphoniker. Un friulano di casa nei più importanti teatri e sale da concerto in Europa e in altri continenti. 

Allo stesso tempo il maestro Mansutti svolge un’intensa attività di organizzatore e direttore artistico. Attualmente dirige il Teatro-Fondazione Luigi Bon di Tavagnacco e il festival Carniarmonie, forte anche delle esperienze maturate al Teatro Giovanni da Udine, in varie orchestre regionali, alla Fondazione Città di Gorizia e al festival Mittelfest. Molti i premi che gli sono stati assegnati in regione e all’estero, fra i più recenti il Moret d’aur e il premio Fabbricatore di Idee.

Maestro Mansutti, si sente di più musicista o manager?

«In me le due attività coesistono, anzi si arricchiscono in uno scambio di conoscenze delle criticità e di esperienza nelle strategie per le loro risoluzioni al meglio. Emotivamente posso dire che la direzione artistica è “lavoro” al quale abbino il piacere e il privilegio di far musica. In questo periodo riesco a suonare di più, ricevo interessanti proposte internazionali e questo mi fa piacere (il maestro è appena rientrato da una serie di concerti a Bangkok e nei prossimi mesi sarà negli Usa, ndr)».

Quali generi e autori preferisce come interprete, spesso da solista?

«Senza ombra di dubbio la mia preferenza va alla musica da camera, dove spazio da Brahms a Mozart, ma sento molto anche il repertorio contemporaneo. Valuto di volta in volta a seconda dei progetti e delle proposte».

In questo momento a cosa sta lavorando di inedito?

«Un progetto davvero bello: un repertorio che mi stanno scrivendo due compositori e che eseguirò a New York alla Carnagie Hall a fi ne marzo 2017».

Chi sono i due autori?

«Un friulano che vive a Roma, Cristian Carrara, e Marcello Fera di Bolzano. Entrambi giovani autori con già una grande esperienza. Saranno brani molto legati all’attualità, di forte impatto emotivo».

Dal suo entusiasmo e dal ritmo dell’attività desumo che in FVG la musica goda di ottima salute. E nel resto del Paese?

«Da noi la varietà e la qualità dell’offerta musicale sono buone, migliore rispetto al panorama nazionale, anche se pecchiamo di poca attenzione al contemporaneo. Ritengo che la produzione italiana sia di non altissimo livello a causa degli scarsi finanziamenti. Siamo ultimi in Europa per investimenti a sostegno della musica».

Quale la cura possibile?

«È necessario cambiare la mentalità e il modo di gestire le molte realtà in sofferenza. La nostra regione sta investendo in cultura e speriamo che i prossimi regola menti in questo settore valorizzino davvero il merito nel decidere l’assegnazione dei fondi. A livello nazionale la situazione non è ottimale. Penso agli enti lirici, gestiti in maniera vecchia, che assorbono grandi risorse a fronte di risultati non proporzionati. Naturalmente non generalizzo, non sono tutti così, ma sono troppo pochi quelli che lavorano bene».

Un suo sogno da realizzare in Friuli?

«Avere risorse per produzioni in loco, per creare un collegamento fra i nostri musicisti e quelli che vengono da fuori. Alla Fondazione Bon abbiamo già fatto delle prove. Ne cito un esempio: Mario Brunello, grande violoncellista e direttore d’orchestra, assieme al Coro del Friuli Venezia Giulia ha fatto tutto il lavoro preparatorio di un progetto scelto per il cartellone del Festival di Ravenna di quest’anno. Noi abbiamo reso possibile tutta la fase preparatoria per la realizzazione ma poi non siamo riusciti a produrlo. Questo mi piacerebbe fare in regione, per poi far girare i progetti nei grandi teatri a livello internazionale. Vorrei avere i fondi per fare in modo che le nostre idee mantengano la loro paternità, per proporci come una regione-incubatore di progetti».

Quali saranno le novità della stagione al Teatro-Fondazione Bon di Tavagnacco?

«Posso dire che apriremo entro la prima decade di novembre con Giovanni Sollima, uno fra i più grandi e geniali violoncellisti e compositori del panorama internazionale, questa edizione importante dei 120 anni dalla fondazione dell’ente. Sollima è un maestro e un amico, con il quale siamo rimasti in contatto in oltre 20 anni di conoscenza. Fu nostro ospite molti anni fa e possiamo dire che da subito ne intuimmo la grande personalità artistica, non solo la genialità di scrittura e interpretazione ma soprattutto la forza innovativa musicale».

Su cosa punterete per celebrare questi festeggiamenti ultra centenari?

«In calendario avremo artisti di altissimo livello internazionale e allo stesso tempo lavoreremo per il territorio, facendo conoscere la storia d’amore che è all’origine e la cifra oggi della nostra attività. Già nel 1896 Luigi Bon comprese sia il forte legame possibile fra cultura e economia sia il valore sociale della musica. Questo teatro fu costruito seguendo un sogno dalle mani degli abitanti di Tavagnacco. Proporremo progetti di musica terapia per tutte le fasce della popolazione e rafforzeremo i rapporti con altre realtà del territorio».

Fra il Friuli e Trieste perdurano differenze e una certa competitività?

«Io abito a Trieste e lavoro a Udine, ho nel mio passato personale e professionale una bella esperienza a Gorizia. Mi sento bene ovunque: Trieste è meravigliosamente unica. Il Friuli è la mia infanzia, il mio respiro profondo, il ritmo del mio cuore».

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