Il papà della Pimpa

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Dalla cagnolina più amata dalle piccole generazioni alle vignette che raccontano il nostro Paese con graffiante ironia: Altan si racconta

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Francesco Tullio Altan all’interno della mostra di Tolmezzo

Francesco Tullio Altan, conosciuto come Altan, vive e lavora ad Aquileia.

Nuota due ore al giorno e porta gli occhiali. Scrive e disegna vignette che dagli anni ’70 raccontano l’Italia e gli italiani, compone le storie della Pimpa. In passato è stato anche sceneggiatore per il cinema e illustratore di libri (Gianni Rodari e Roberto Piumini, solo per fare alcuni nomi).

Ascolta molto e parla con morigeratezza. I suoi personaggi sono riconoscibili senza incertezze, dalle pagine di Repubblica e altre testate. Non è giornalista ma ha vinto il premio “è Giornalismo”, perché le sue vignette informano con sintesi, come un articolo di fondo.

La mostra di Tolmezzo (clicca qui per i dettagli) presenta lavori degli anni ’70 che parlano di inquinamento e di degrado, sia atmosferico che sociale. Cosa aveva stimolato questa sua attenzione e volontà di parlarne quando pochi lo facevano, e quale è la loro attualità oggi?

«Me ne sono occupato perché mi sembravano temi importanti già allora. Non erano anticipazioni, purtroppo le cose in questo Paese vanno molto lente per cui ci sono vignette di tantissimi anni fa che sono ancora buone perché, ahimé, non è cambiato niente».

Due giorni dopo l’inaugurazione della mostra ha partecipato a Bologna all’apertura dell’Hospice pediatrico “L’Arca sull’albero”, un’opera filantropica. Si è trovato bene con Isabella Seragnoli, imprenditrice che, con senso di responsabilità, si prende cura delle persone?

«Ho fatto questa cosa dopo aver conosciuto Isabella in occasione di una mia mostra di Cipputi al MAST, centro polifunzionale e museale da lei creato e gestito attraverso l’omonima fondazione filantropica internazionale. All’incontro è seguita la proposta di partecipare al progetto firmato dallo studio di architettura di Renzo Piano. Una bella realizzazione, ma lo sarà ancor di più quando tutti gli alberi che sono stati messi a dimora saranno cresciuti».

Come ha lavorato e cosa ha realizzato?

«Ho accettato volentieri di partecipare per dare colore e forme a una struttura dove la presenza di molto vetro poteva risultare di impronta fredda. Sono partito dell’idea dell’arca e ne ho disegnata una grande nella sala da pranzo dell’Hospice. Poi ho scelto di inserire degli animali fantasiosi e di tante tinte e colori, dappertutto sulle vetrate. Un modo di rendere caldi e allegri gli spazi ma anche separarli, creando dei sipari in ambienti aperti e in comune, realizzando così zone riservate con privacy».

La beneficenza deve essere silenziosa?

«Non è necessario sbandierarla, direi proprio di no».

L’allestimento di Tolmezzo

Come autore si sente più a suo agio come illustratore, scrittore o vignettista?

«Due sono le cose che io faccio volentieri: le vignette e le storie della Pimpa. Le vignette sono disegni con testi. Dunque sì, ci sono della scrittura e dell’illustrazione. Perciò sono un autore, scrittore, narratore e vignettista».

Lei ha affermato in una delle sue rare interviste di avere amici di lunga data nonostante la frequentazione sia sporadica, citando come esempi i registi Bernardo Bertolucci e Stefano Consiglio. Che cos’è l’amicizia per Altan?

«Le amicizie, se sono vere, durano nel tempo e non hanno bisogno di essere alimentate dalla quotidianità. Così è con i miei amici del liceo, quando studiavo a Bologna: ci vediamo poco ma siamo amici da tanto tempo».

L’amicizia vera di cosa si nutre?

«Non saprei. L’amicizia quando la scopri e ce l’hai è facile da riconoscere».

Un poeta solitario” l’ha definita Enzo Biagi. Satira e poesia hanno qualcosa in comune?

«Per entrambe è importante la scelta delle parole. Il linguaggio deve essere preciso, accurato sia nella satira che nella poesia. Altro non hanno in comune».

Paolo Rumiz afferma di lei: “Un uomo capace di diventare bambino”. Quale è il suo rapporto con i bambini?

«Mi diverto a interagire con i bambini. Loro non mi vedono come un autore ma come il papà della Pimpa, una loro amica. Questo basta, altro a loro non interessa. È un rapporto spontaneo, diretto, senza altre implicazioni, che si crea fra me e loro. A Tolmezzo abbiamo realizzato dei laboratori vivaci e divertenti. Poi, per motivi personali, sono stati sospesi, ma spero che si possa riprendere l’attività prima della chiusura della mostra».

Per festeggiare nel 2025 i 50 della Pimpa il Comune di Aquileia le dedicherà uno spazio espositivo e di gioco nella Casa dell’Artista. Che altri progetti sono in cantiere per celebrare il mezzo secolo della sua creatura?

«Ci sono cose in corso di cui si occupa direttamente l’editore Panini. Si stanno studiando delle attività e dei festeggiamenti per questa ricorrenza così importante. Sicuramente nei primi mesi del 2025 si aprirà una grande mostra con laboratori a Bologna».

Bologna è una città alla quale è legato.

«A Bologna mi trovo a casa, ho studiato fino al liceo. Prima vivevo in Friuli Venezia Giulia, a San Vito al Tagliamento, una realtà molto più piccola e assai diversa. Bologna per me è la città, la mia città, dove sono cresciuto».

Da anni lei ha scelto di vivere ad Aquileia.

«Una scelta fatta un poco per caso. A metà anni settanta io e mia moglie Mara siamo ritornati dal Brasile in Italia per starci un anno. Il mio lavoro cominciava a muoversi, e poi si è mosso più del previsto. Qui ad Aquileia c’era la casa di mio nonno per cui abbiamo approfittato di questa opportunità. Inizialmente abbiamo pensato solo di vedere se poteva funzionare qui; e ha funzionato».

In fin dei conti anche qui si coglie il racconto dell’attualità politica, culturale, sociale italiana che lei fa emergere nelle vignette…

«Non ho mai avuto problemi di cercare e utilizzare informazioni dirette, riservate, frutto di relazioni personali o di frequentazione di ambienti elitari. Ho sempre usato i mezzi a diposizione di tutti. Questo mi ha permesso di parlare di cose che anche i miei lettori conoscono. Per questo motivo mi comprendono».

È noto che lei preferisce ascoltare rispetto a parlare. Le sue vignette raccontano una realtà ghermita che diventa testo e disegno. “Altan ha orecchio. Lui capta le parole nell’aria e le trasforma in frasi. Nell’aria c’è tutto” scrive Marco Belpoliti nel librino (così lo chiama la curatrice Giovanna Durì), piccolo ma curato e interessante, aggiungo io, pubblicato per la mostra di Tolmezzo.

«Leggo i giornali, guardo molto la televisione. Attingo gli spunti e le idee per le mie vignette dai mezzi di informazione a portata di ognuno, non ho bisogno d’altro. Frequento i luoghi pubblici dove si incontrano le persone, come tutti».

I turisti di Aquileia, suoi lettori ed estimatori, si informano sulle sue abitudini di vita quotidiana nei negozi. Nella panetteria Sandrigo a un signore bergamasco è stato risposto: “Certo che Altan compra il pane qui”. L’edicolante le dedica una vetrina dove sono esposti i libri della Pimpa. Le fa piacere essere famoso, avere successo ed essere amato?

«(Risponde sorridendo) Davvero! Fa piacere sicuramente essere letto e fa piacere sapere che qualcuno è contento di condividere le cose che scrivo. Amato poi…»

L’edicola di Aquileia con vetrina dedicata alla Pimpa

Le piace questa Italia?

«No, non mi piace più da parecchio tempo, non so neppure da quando, non so come potrebbe essere un Paese migliore e neppure che cosa potrebbe essere cambiato. È un tema troppo complesso».

Che cos’è la fiducia per lei, termine che ha usato a riguardo di Stefano Consiglio, regista e autore del film che la vede protagonista, dal titolo “Mi chiamo Altan e faccio vignette”?

«Non è difficile da definire; è fidarsi di qualcuno in quanto la pensa come te. Affidarsi a qualcuno che non abbia delle cattive intenzioni».

La sinistra italiana ha la sua fiducia?

«La sinistra italiana ha la mia fiducia nella misura in cui si mostra, ma è a sé. Mancano maggiori idee a lungo termine e la capacità di metterle in pratica. La politica si mostra miope e con una visione a breve termine. Oltre a ciò la classe politica oggi, della quale non condivido le idee, mi sembra anche incompetente».

Nelle vignette viene prima il testo o il disegno?

«All’inizio facevo prima il disegno e poi, guardando la faccia del personaggio, mi chiedevo cosa potesse dire. Adesso parto dal testo».

Se non fosse l’autore che è, cosa avrebbe voluto essere?

«A 8 anni volevo fare l’ingegnere navale dopo aver visto sull’Enciclopedia Treccani la prua del transatlantico Rex, un’immagine che mi aveva fortemente impressionato. Non ho fatto molte scelte in vita mia, ho seguito la corrente».

A cosa sta lavorando ora?

«Sto lavorando a vari miei impegni editoriali».

Lei ha soddisfatto le mie curiosità in questa conversazione signor Altan, la ringrazio.

«Ne sono contento».

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