Il melodico volo delle farfalle

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Michele D'Urso

23 Settembre 2022
Reading Time: 4 minutes
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Federica Fina

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Dove le parole non arrivano, la musica parla, diceva Ludwig Van Beethoven. Affermare che la musica è un linguaggio è una deduzione a cascata, ma il corpo si esprime anche attraverso il movimento. L’espressività individuale è una rappresentazione ritmica sia di suoni che di movimenti, e quando vedo in azione le atlete di Ginnastica Ritmica trovo la conferma di questa mia definizione su cosa sia l’esprimersi.

Ma di questa disciplina ne so davvero poco, per cui mi farò guidare nella sua scoperta dalla goriziana Federica Fina, allenatrice di questo sport.

Federica, prima di parlare dei dettagli tecnici, le chiedo di darmi una definizione di cos’è per lei la Ginnastica Ritmica.

«Per me la ritmica è un qualcosa di cui non posso fare a meno. L’ho praticata per oltre 15 anni e ora la insegno, e anche quando non sono in palestra in un modo o nell’altro è sempre in testa. È qualcosa che mi ha permesso di esprimere quello che sono e quello che ho dentro, prima da atleta e poi da insegnante. È il tempo in cui esisti solo tu, le tue compagne e le tue atlete, una piccola famiglia in cui fare ciò che ti piace, imparando sempre cose nuove e cercando di raggiungere sempre nuovi obiettivi. Negli anni questa felicità si è trasformata in passione, fino a diventare il mio lavoro».

Una disciplina che, in Italia, è ancora semi sconosciuta.

«Purtroppo si, è considerata come tanti altri uno “sport minore” e personalmente la cosa mi fa sorridere. Basti pensare alla nostra direttrice tecnica nazionale, Emanuela Maccarani: è l’allenatrice italiana più medagliata di sempre. Sotto la sua “guida” le squadre nazionali – negli ultimi anni anche le individualiste – stanno trionfando a livello internazionale in tutte le competizioni a cui partecipano. Le nostre atlete hanno avuto una crescita e raggiunto obiettivi di anno in anno sempre più alti fino agli ultimi risultati della nostra Sofia Raffaeli, che ha scritto la storia della ritmica individuale vincendo per la prima volta 2 medaglie d’oro (a cerchio e clavette) e d’argento (alla palla) agli Europei di Tel Aviv lo scorso giugno».

Ci sono anche altri tipi di ginnastica, perché si sceglie questa disciplina?

«Chi si avvicina a questo sport cerca non solo allenamento, disciplina, fatica. Nella ritmica una grande parte del lavoro è svolto da una componente artistica, musicale, dall’interpretazione, dalla danza, da una serie infinita di combinazioni, di gesti e di movimenti. Penso che la ritmica dia una maggiore possibilità di espressione, al di là dell’effetto scenico dei piccoli attrezzi, come ad esempio il nastro, capace di coinvolgere e affascinare grandi e piccine».

Parliamo dell’aspetto agonistico, come si gareggia?

«A livelli più bassi, essendoci vari tipi di competizioni, c’è la possibilità di gareggiare sia a livello individuale che a squadre. Se parliamo invece di livello nazionale, atlete quindi che andranno a rappresentare l’Italia in competizioni internazionali, c’è una selezione delle ragazze che andranno a specializzarsi o a livello individuale o come gruppo nella squadra, essendo il loro un tipo di allenamento e di una preparazione molto specifici».

Ci vogliono talenti innati per essere bravi o si può diventare campioni con il tempo e la pratica?

«Questo sport permette di far esprimere ogni ginnasta, qualunque sia la sua fisicità o livello. La sfida è mettere in luce le qualità di ogni singola atleta, tirare fuori il meglio di ognuna di loro. Sicuramente essere predisposti aiuta, ma anche sacrificio e determinazione, tanta voglia di fare, di imparare, e soprattutto tanto allenamento sono fondamentali. Poi ci sono i fenomeni come la nostra Sofia Raffaeli, ginnasta davvero eccezionale, una stella impossibile da eguagliare per le sue doti innate di bellezza, bravura e, soprattutto, per la capacità di adattamento e di disinvoltura nel recuperare gli errori che solo un occhio esperto riesce a vedere».

Per un vecchietto come me quante possibilità ci sono di praticare questo sport?

«La possibilità c’è per tutti. Esistono corsi di base per chi si avvicina a questa disciplina per la prima volta, corsi per chi vuole cimentarsi in questo sport qualche ora a livello dilettantistico, corsi per chi vuole solo allenarsi ma non gareggiare, corsi per agonisti di vario livello e, negli ultimi anni, anche corsi per i maschi (essendo sempre stata la ritmica uno sport femminile). Insomma per tutti, dai neofiti agli agonisti di alto livello».

Quando si compiono quelle evoluzioni quali emozioni si provano?

«Da atleta le emozioni sono sempre concentrate prima della gara e subito dopo la sua esecuzione. Prima di scendere in pedana avevo ansia da prestazione, tanta voglia di fare bene, speranza di non deludere innanzi tutto me stessa, la mia insegnante e le mie compagne quando gareggiavamo insieme. Poi quando il giudice chiamava il mio nome: blackout! Un minuto e mezzo in cui non sentivo niente, ho sempre avuto la fortuna di percepire pace totale, di non avvertire la paura e cercavo solo di fare il massimo possibile. Finita l’esecuzione risaliva l’emozione e a seconda di com’era andata, la felicità per la buona esecuzione dell’esercizio o la delusione di non aver fatto come volevo ma pur sempre felice di essere lì a gareggiare. Come tecnica cerco sempre di trasmettere alle atlete la mia passione e far sì che anche loro amino quello che fanno e che siano felici e orgogliose dopo ogni singola gara. La difficoltà più grande è trasmettere loro la serenità mentre fanno l‘esercizio, non il farsi prendere dall‘ansia: far sì che diano sempre il massimo e, soprattutto, che si divertano. Penso che la sensazione più bella in assoluto sia quando, finito l’esercizio, le ragazze corrono ad abbracciarti, con gli occhi che luccicano e ti dicono: sono proprio contenta».

Non vi pare che essere contenti di praticare questo sport sia uno spicchio di felicità? Felicità, quella cosa che ci sorprende ogni volta che vediamo volare una farfalla.

 

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