Emanuela Paulin, il bello di stupirsi

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Dopo una vita trascorsa con i bimbi, grazie al loro insegnamento si dedica a nuove passioni. «Bisogna sempre mettersi in gioco, perché giocando si impara». Come realizzare a mano indumenti in lana per neonati prematuri: «In assenza di incubatrici, possono salvare la vita»

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Emanuela Paulin mentre sfoglia una copia di “La giostra fatata” (ph. Claudio Pizzin)

Nelle sue fiabe c’è sempre il lieto fine. Perché di fronte a ogni difficoltà si può trovare sempre una soluzione.

Un concetto che ha insegnato – ma anche imparato – nella sua ultra quarantennale esperienza di insegnante di scuola dell’infanzia.

Ma le passioni di Emanuela Paulin sono molteplici, spesso integrate tra loro. Come ci racconta in questa intervista.

Maestra, scrittrice, disegnatrice e ora il lavoro a maglia. Emanuela Paulin come si descriverebbe?

«Come un mosaico poliedrico e multicreativo, che porta dentro sé origini e radici familiari di due luoghi e siti storici, dove l’arte è stata protagonista fin dall’antichità: Aquileia e l’isola di Torcello. Una bambina sognatrice caparbia di “bellezza”, con diversi sogni e progetti da realizzare da grande. Il primo è stato diventare maestra d’infanzia. La passione per la didattica mi portò a conseguire, dopo il Diploma di scuola magistrale, anche il diploma di perfezionamento didattico a differenziazione agazziana, con presentazione finale di una tesi riguardante tre fondamentali metodi pedagogici: Agazzi, Frobel, Montessori. Dalla loro analisi e fusione nacque un mio metodo educativo che ho applicato nella mia professione».

Per 42 anni insegnante di scuola dell’infanzia: cos’ha imparato dai bambini?

«Mi sono sempre messa in gioco, senza mai scordare la mia vera essenza interiore. Con i bambini mi sono sentita sempre a mio agio e me stessa, condividendo con loro la “purezza” di pensiero, il donarsi senza secondi fini, la spontaneità e il trovare sempre una soluzione, perché giocando si impara».

Dall’insegnamento alla scrittura di fiabe: com’è avvenuto il passaggio?

«Parlerei di integrazione. Fin da piccola, nutrivo dentro me un vasto mondo fantastico dove mi immaginavo fiabe e personaggi. Dotata di illimitata fantasia, ho sempre “sentito” dentro me la “fiaba”, che in seguito ho potuto raccontare, disegnare e inventare per i bambini e le bambine. Insegnamento e scrittura di fiabe si sono quindi uniti integrandosi. Il libro La giostra fatata, edito da Edizioni Goliardiche, è infatti la raccolta di fiabe e filastrocche scritte durante gli anni scolastici del mio insegnamento».

Che messaggi desidera veicolare attraverso le sue fiabe?

«I messaggi possono variare, come variano le identità dei personaggi e i luoghi attraverso i quali mi proietto e proietto le emozioni. Il messaggio principale che accomuna ognuna è trasmettere il valore della bellezza interiore, dell’armonia con se stessi e con il cosmo, trasformando ogni difficoltà in un punto di forza».

Non solo fiabe, ma anche narrativa e poesia. In quali di questi campi si sente più a suo agio?

«In realtà in ciascuno: mi fanno sentire libera. Iniziai ancora adolescente con la poesia, per un mio bisogno interiore. Poi si fece largo l’esigenza di spaziare maggiormente con emozioni, luoghi, vissuti, personaggi, arrivando così dal breve racconto a una narrativa più elaborata, muovendo poi i primi passi tra alcuni premi e concorsi letterari, ottenendo riscontri positivi».

In passato molte sue poesie hanno preso spunto da opere d’arte: come mai?

«Da molto serbavo dentro di me il desiderio di poter abbinare mie poesie a dipinti. Alcuni anni fa ebbi modo di visitare la mostra pittorica dell’artista Paolo Spagnul.  Seguì, con mia sorpresa, una cascata torrenziale di poesie, ognuna abbinata a un dipinto. Un fiume in piena, così fui definita. Ogni dipinto andò a smuovere un lato interiore nascosto ma pronto a esprimersi. Con gioia e gratitudine vidi le mie poesie accostate ai dipinti durante le loro mostre. Con alcuni abbinamenti poesia/dipinto fu realizzata la pubblicazione “Nuove Stagioni” da PIEMME PHARMATEC. Mentre la poesia “E la luna spunta dal monte”, fu trasformata in un pannello e affissa accanto al murales dello stesso artista Spagnul».

Dipinto di Emanuela Paulin

Una passione per l’arte che l’ha avvicinata al mondo della pittura. Cosa le piace dipingere?

«Tutto ciò che scaturisce da dentro con emozioni, figurativo ma anche astratto. La prima tela che presi tra le mani fu ad Arsiè, durante una giornata di Ex Tempore, dopo aver condotto un laboratorio creativo-pittorico con un gruppo di bambini del luogo. Il dipinto Alberangelo, dai tratti semplici, contiene un profondo significato della vita oltre la morte”, affrontando il viaggio dell’anima e la trasformazione della sofferenza fisica. È stato esposto per un periodo alla locale Galleria Rizet di Diego Rizzo, insieme agli altri dipinti. Durante il periodo pandemico, ho poi rispolverato la passione pittorica, cimentandomi su tele di varie dimensioni, con pittura acrilica o mista. Colori e tele sono stati compagni quotidiani in un periodo di chiusura dal mondo esterno. Muovere il mondo interiore mi è stato di aiuto».

Dalla pittura è nato anche un personaggio speciale: Scarabocchio. Per lei cosa rappresenta?

«Scarabocchio è il mio SÈ Bambino, attraverso il quale posso esplorare nuovi mondi interiori. È la saggezza, la purezza, l’espressività sintetica ma profonda e senza confini. Scarabocchio è il mio cantastorie che ha anche portato alcune delle sue storielle personalizzate a Longarone. Una diga di emozioni accolta con entusiasmo dallo stesso comune, in ricordo del Vajont, e altre due alla locale casa di riposo con simpatico gradimento di tutti. Inoltre il dipinto Scarabocchio Gelataio è stato accolto con piacere al Longarone Fiere Dolomiti in occasione della MIG 2023 (Mostra internazionale del gelato)».

Da un paio di anni collabora con un gruppo di donne che realizza – lavorando a maglia – indumenti per neonati. Come mai?

«Il mio amore per l’infanzia e la neonatologia è innato. Da bambina sognavo di aiutare tutti i bambini del mondo. Venuta a conoscere dapprima Medici con l’Africa Cuamm, iniziai a sferruzzare per i neonati prematuri dei paesi dell’Africa. I piccoli indumenti in lana possono salvare la vita a un nascituro, in assenza delle incubatrici. Poi, venendo a conoscenza del gruppo di Mani di Mamma, mi unii anche a loro. In questo caso le realizzazioni vengono donate ai reparti ospedalieri di neonatologia dei bimbi prematuri».

Lei ha un forte legame con Fiumicello, luogo in cui è nata e vive da sempre. Dal punto di vista “creati vo”, com’è il rapporto con il suo paese?

«Fiumicello mi ha vista nascere, crescere, fare l’insegnante, scoprendo anche il mio lato creativo personale, attraverso le presentazioni dei miei libri. La scorsa estate, durante la Mostra delle Pesche ho avuto la possibilità di esporre i dipinti a una esposizione collettiva organizzata dall’amministrazione comunale».

Tra le sue passioni anche la musica. Come la declina?

«La musica è la colonna sonora della mia vita. Ho sempre cantato, fin dall’infanzia. Ho cantato per e con bambini e bambine a scuola e ora mi piace ritrovare la mia voce e il canto. La musica, anche insieme al ballo, è energia vitale, mentre la voce è l’espansione della nostra interiorità. Mi piace essere libera di farlo nel momento in cui sento il bisogno, così come è per le altre espressioni creative. Cantare è liberatorio e gratificante, è gioia e armonia, e alza le frequenze positive».

Emanuela Paulin è l’esempio concreto di cosa significhi mettersi in gioco sempre. Per il futuro ha già nuovi progetti?

«Non so quale sarà il progetto futuro, ma in ogni progetto e scelta ciò che seguo sono le emozioni e le affinità con luoghi e persone. Mi piace essere e stare dove mi sento libera di sentirmi me stessa, senza disperdere energie».

La società odierna tende ad “adultizzare” sempre prima le giovani generazioni. Cosa possiamo invece imparare dall’essenza dei bambini?

«Possiamo imparare una cosa fondamentale: mantenere sempre “viva” la nostra parte e dimensione ludica, dove giace il meglio di noi stessi, continuando a guardare alla vita con lo stupore dei bambini».

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