Daniela Galeazzi e Giuseppina Minchella: le verità nascoste

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Un ebreo fascista triestino è il protagonista del nuovo romanzo delle scrittrici palmarine. Un libro di guerra ma contro la guerra, che esalta il coraggio delle donne e la forza dell’amore

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Da sinistra Daniela Galeazzi e Giuseppina Minchella

PALMANOVA – Ruben Fano, ebreo fascista triestino, è il protagonista di Le verità nascoste, nuovo romanzo di Daniela Galeazzi e Giuseppina Minchella, edito da Gaspari.

«Con questo romanzo – spiegano le autrici di Palmanova – abbiamo voluto guardare ad aspetti meno conosciuti della storia del Novecento, come il fascismo di confine, il colonialismo, la guerra d’Etiopia, sulla quale soprattutto si è concentrata la nostra attenzione».

Nel romanzo fatti storici acclarati diventano contesto della storia: come si sono svolte le vostre ricerche?

«Non siamo partite dalla memorialistica sulla guerra d’Etiopia, se pur abbondante, ma dalla storiografia in quanto fonte imprescindibile per chi vuole ricostruire la verità storica. Fondamentali in questo senso gli scritti di Angelo Del Boca, frutto di rigorose ricerche d’archivio, scritti che rappresentano una svolta epocale rispetto ai precedenti studi prettamente ideologici. Abbiamo consultato inoltre numerosi saggi che affrontano il tema del fascismo al confine orientale, nonché la legislazione del biennio 38-39 riguardanti i provvedimenti razziali».

Razzismo, antisemitismo, annientamento del diverso: un romanzo ambientato quasi un secolo fa eppure molto attuale

«È proprio vero, perché questi temi rimandano al nostro tormentato e incerto presente. Ancora oggi purtroppo dobbiamo riconoscere che non sono scomparsi stereotipi, pregiudizi razziali, reazioni xenofobe nei confronti dei migranti africani: un retaggio della politica coloniale che ci accompagna da troppo tempo e continua a trasmettere un’immagine autoassolutoria che ha rimosso orrori e responsabilità storiche degli italiani».

Da chi avete tratto spunto per definire i protagonisti della vicenda?

«Molti sono i riferimenti a episodi, luoghi e personaggi storici. I protagonisti del nostro romanzo, invece, non sono mai esistiti pur essendo emblematici del tempo e del territorio in cui vivono. Ad esempio, la camicia nera Vittorio Landi, con la sua fede cieca nel fascismo, rappresenta quanti nel regime trovarono l’occasione di una rivincita sociale dalla miseria e dall’irrilevanza. Ruben Fano, al contrario, incarna chi attraverso esperienze traumatiche e sfide dolorose vede sgretolarsi a uno a uno i suoi ideali fascisti e a condannare il proprio comportamento passato».

Trieste ricopre un ruolo fondamentale nel romanzo. Come mai?

«A parte il fatto che Trieste è una realtà che noi conosciamo e amiamo, è anche una città speciale, una città di frontiera, intreccio di diverse anime e di diverse etnie. Purtroppo con il fascismo diventa una città ingabbiata, irriconoscibile rispetto a quella cosmopolita che era stata, una città dilaniata da un nazionalismo esasperato che disgrega drammaticamente il suo tessuto sociale. La Trieste degli anni Trenta ci è sembrata il contesto ideale per ambientare un romanzo storico che vuole frugare nelle ferite anzi provocarle come recita la frase di Emil Cioran che abbiamo scelto per esergo».

Quali messaggi desiderate trasmettere con il vostro libro?

«Le verità pericolose vuole essere un’occasione per riflettere sul mito bugiardo di italiani brava gente che ancora oggi accompagna l’immagine del nostro passato coloniale e dipinge gli italiani come tolleranti, generosi, incapaci di atti crudeli e di razzismo. Non a caso il razzismo fa da sfondo a tutte le vicende narrate, perfino a quelle amorose, per ricordare quanto i pregiudizi ancora oggi pervadano la nostra società. E non solo, il nostro è anche un libro di guerra ma contro la guerra, un libro che condanna la violenza nei confronti dei più deboli, che mette in guardia da ideali sbagliati, che esalta il coraggio delle donne e la forza dell’amore».

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