Dalla Nuova Zelanda al campo di prigionia 107 di Torviscosa

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Tappa a Villaggio Roma, accompagnati dalla Pro Loco, per i coniugi O’Connor. Qui il padre di Rob venne internato nel 1943

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I coniugi O’Connor con la presidente della Pro Loco, Lorena Zuccolo

TORVISCOSA – Sono venuti dalla Nuova Zelanda per conoscere il sito e la storia del campo di prigionia n.107.

Rob e Diane O’Connor, in vacanza in Europa, hanno deciso di includere nel loro viaggio anche il Villaggio Roma, dove il papà di Rob, Robert O’Connor, è stato internato nel 1943.

Nella visita al Villaggio Roma sono stati accompagnati dai volontari della Pro Torviscosa, che proprio in questo periodo stanno lavorando a un progetto di valorizzazione del sito grazie a un finanziamento del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia e con la collaborazione dell’Associazione Campo.

Ricostruire nel dettaglio la storia della prigionia di Robert O’Connor è difficile, perché morì giovanissimo, a soli 33 anni, addirittura prima della nascita del figlio che porta il suo stesso nome.

Se mancano i ricordi personali, sono però a disposizione le notizie storiche. Come molti altri prigionieri del 107, anche O’Connor, arruolato negli eserciti dell’Impero britannico, era stato catturato in Egitto nel luglio del 1942 durante la prima battaglia di El Alamein, internato dapprima nel terribile campo di Bengasi e quindi trasferito in Italia al campo 57 di Grupignano, frazione di Cividale del Friuli, e infine nel 107.

Il 107 di Torviscosa è un campo di lavoro, anzi, tra i campi per prigionieri di guerra italiani è il primo a configurarsi come campo di lavoro a sostegno delle attività di aziende private.

La costruzione di questi campi era stata decisa dal governo italiano per gestire i prigionieri catturati tra il 1941 e il 1942 nelle battaglie della guerra in Africa. In pratica, le aziende private si facevano carico dei costi di costruzione dei campi di lavoro, ma potevano poi utilizzare i prigionieri nelle loro attività.

Il ruolo della SNIA Viscosa

Nel caso di Torviscosa, le attività in cui sono impiegati i prigionieri sono quelle agricole della SNIA Viscosa, una delle più importanti aziende italiane dell’epoca, che tra il 1937 e il 1938 aveva acquistato in questa zona una vasta quantità di terreni e iniziato la coltivazione su larga scala di canna gentile.

Nel 1941 la SNIA di Torviscosa offre possibilità di lavoro per migliaia di operai e braccianti, ma ha grandi difficoltà nel reperire la manodopera necessaria allo svolgimento delle attività. Ecco, dunque, che la proposta del governo viene facilmente accolta.

Il campo è ultimato nel corso dell’estate 1942, a metà settembre arrivano i primi 500 prigionieri e altri 500 si aggiungono in ottobre.

Dagli elenchi dei prigionieri britannici conservati nei National Archives of the UK, O’Connor risulta al 107 prima del 22 ottobre del 1942.Vi rimane, come gli altri, fino all’armistizio del settembre 1943: in seguito, circa la metà dei prigionieri del 107 decide di abbandonare il campo e di cercare di raggiungere le linee alleate, mentre gli altri scelgono di rimanere, sperando nell’arrivo degli eserciti britannici.

Anche O’Connor è tra questi e, come gli altri, il 30 settembre 1943 sarà deportato dai tedeschi in un campo di prigionia del Reich.

L’esercito tedesco riesce infatti a occupare l’Italia nord-orientale ben prima dell’arrivo degli alleati. O’Connor rimane nel campo 18A di Wolfsberg, in Austria, fino alla fine della guerra: sarà liberato infatti solo nel maggio1945.

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