Al ritmo delle star

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Livio Nonis

18 Settembre 2019
Reading Time: 4 minutes

Simone D’Eusanio

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Molte autorevoli persone, con grande conoscenza della musica e dell’arte, definiscono Simone D’Eusanio tra i migliori violinisti nazionali, e qualcuno si spinge oltre, riconoscendogli una eccezionale capacità di visione musicale e di fresche combinazioni sonore e ritmiche; la capacità di riconoscere sul violino l’intonazione, prerogativa indispensabile per tutti gli strumenti ad arco nei quali le note si creano con la pressione delle dita della mano sinistra e basta un piccolo spostamento per cambiare l’intensità del suono. Riuscire a ottenere buoni risultati richiede tempo, talento e maturazione. Bisiaco al 100%, nato a Monfalcone nel 1974 nel quartiere di Panzano, successivamente si è trasferito con la famiglia nel rione di San Polo, per stabilirsi poi nel centro cittadino.

Monfalconese doc, conosciuto in tutte le platee nazionali e internazionali per le sue doti musicali, è un violinista classico ma allo stesso tempo suona anche un violino elettrico di grande spessore. Ascoltarlo dà l’impressione che tutto questo gli stia cucito addosso, che sia un tutt’uno con il suo strumento musicale, tanto è perfetto il suono e la sua conduzione.

Simone, qual è stato il momento in cui ha deciso di voler studiare musica e, in particolare, violino?

«A cinque anni, mentre guardavo il cartone animato Remì, un personaggio, Mattia, suonava il violino. La cosa mi appassionò, d’istinto chiesi ai miei genitori di permettermi di studiare questo strumento; venni accontentato e il giorno dopo fui iscritto all’istituto di musica “A. Vivaldi” di Monfalcone: così è iniziato il mio connubio con il violino. Vorrei sottolineare con grande gioia che la mia famiglia è stata fondamentale per la mia crescita: mi è stata sempre vicino e le sarò sempre grato».

Qual è stato il suo percorso formativo?

«Il mio è stato un percorso sempre alla ricerca del massimo, cercando il più possibile la perfezione. Il violino non è uno strumento facile da suonare e per questo bisogna sempre dare il massimo, non si può pretendere di fare le cose in modo superficiale. Da bambino, fino all’età di 14 anni, ho avuto come maestro Mario Simini che, dopo un breve periodo con un violino a ¾, mi diede subito uno “intero”, con strumenti professionali, poiché intendeva che sviluppassi il mio orecchio in modo già importante, evitando di musicare con elementi di basso profilo. Simini, da persona pignola e severa ma di grande cuore, mi portò ad affrontare i primi esami di conservatorio in modo esemplare: è stato il primo a credere in me.  Successivamente fino a 18 anni ebbi come professore Giorgio Selvaggio, al “Giuseppe Tartini” di Trieste: alla sua guida superai con successo l’esame dell’ottavo anno di conservatorio. Mi trasferii a Klagenfurt e con il professor Helfried Fister mi diplomai nel ’95. Poi seguii un corso di perfezionamento a Castelfranco Veneto con il Maestro Franco Gulli».

Quando ha capito che la musica sarebbe stata il suo futuro?

«La svolta è arrivata quando, in tre amici, provammo a registrare un Demo di musica inedita “batteria/basso/violino elettrico. Il CD arrivò nelle mani del marito della cantante Alice: gli piacquero molto le sonorità elettriche del violino… Partii così in un lungo tour con Alice dal nome God is my DJ; girammo per due anni in moltissime cattedrali italiane. Nello stesso periodo uscì Elisa e con lei mi esibii in varie trasmissioni televisive. Da lì partì la mia collaborazione in studio e live con moltissimi cantanti, tra i quali: Biagio Antonacci, Stefano Belisari (Elio), Adriano Celentano, Simone Cristicchi, Francesca Michielin, Giusy Ferreri, Mietta, Francesco Renga, Antonella Ruggero, Gianna Nannini, Gianni Morandi, Tiziano Ferro; con quest’ultimo ho partecipato come ospite al Festival di Sanremo 2015, condotto da Carlo Conti, una vera emozione salire su quel palcoscenico».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dietro le quinte, come si vive il prima e il dopo concerto?

«La preparazione per un concerto è importantissima. Innanzitutto la concentrazione, essere concentrati al massimo: Gianni Morandi ad esempio ci responsabilizza tutti (la band era composta a nove elementi), spronandoci per dare il meglio di noi stessi. Il mio ruolo nel suo tour era di tastierista programmatore e violinista elettrico: durante il live dedicavo massima attenzione all’artista e al ritmo che voleva dare allo spettacolo. Una volta pronti e “ben allenati”, tutto viene facile e ci si diverte moltissimo: è una continua emozione esibirsi nelle platee nazionali e internazionali. E alla fine tutti in allegria a festeggiare».

Lei suona il violino classico e quello elettrico: quali emozioni danno?

«Il primo lo senti vibrare, lo senti dentro di te; l’elettrico ti dà libertà, sei libero di suonarlo come vuoi, ti permette maggiore creatività e Rock’n Roll».

Un consiglio a un ragazzo che, leggendo questa intervista, vorrebbe imparare a suonare uno strumento?

«Il mio consiglio è seguire l’istinto, indifferente lo strumento che poi vorrà scegliere, bisogna crederci e studiare. Lo strumento musicale ti porta a essere sempre impegnato nello studio, nell’imparare e nel contempo migliorare: anch’io tutt’oggi,  dopo 40 anni di violino, studio ancora, ho sempre qualcosa da imparare».

Progetti per il futuro?

«La mia intenzione è una formazione musicale a 360 gradi, oltre a lavorare nel mio studio di registrazione ho ripreso il canto lirico vincendo un’audizione alla associazione “Giuseppe Verdi” di Milano per il ruolo da basso Sparafucile nel Rigoletto, un’opera in tre atti di Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratta dal dramma di Victor Hugo, e anche per il ruolo del Re d’Egitto in Aida, un’opera in quattro atti di Giuseppe Verdi su libretto di Antonio Ghislanzoni».

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