Adriana Iaconcig: humus creativo

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Dal suo Canada ha imparato i concetti di meraviglia e infinito. «Perché il paesaggio in cui nasci ti appartiene geneticamente». Cresciuta a Cividale, con le fotografie cattura l’accezione più selvaggia della natura. Anche nelle “sue” Valli del Natisone. Dove il rapporto tra Italia e Slovenia resta marchiato in modo indelebile dalla storia

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Adriana Iaconcig in mezzo alla natura

Con il sorriso sulle labbra, ama paragonarsi a Benjamin Button, il protagonista del film ispirato al celebre racconto breve di Francis Scott Fitzgerald, che nacque anziano e morì neonato.

«Più divento adulta e più vitale è il sentire, con tanta voglia di dire, fare e farmi sorprendere ogni giorno da tutte le cose che la vita ci propone», confida da Londra durate uno dei suoi impegni artistici.

Adriana Iaconcig, anche il suo percorso artistico è stato all’inverso?

«Amo esprimere ciò che vivo e percepisco nella quotidianità tramite l’arte in tutte le sue declinazioni: è la mia modalità di stare a questo mondo. Un approccio multidisciplinare che ho appreso all’Accademia di Belle Arti, necessario passaggio per la mia crescita artistica, a cui mi sono iscritta a quaranta anni. È questo il percorso inverso a cui accennavo. Sposata molto giovane, ho avuto due bambini, ho lavorato come impiegata e poi ho deciso di studiare arte. Sono inoltre una persona estroversa che ha continuo bisogno di essere in relazione con gli altri per conoscere e approfondire i pensieri, in un dialogo reciproco di crescita».

Lei vive a Cividale del Friuli: qual è il suo rapporto con la città e il territorio circostante?

«Un rapporto conflittuale, come penso lo sia un po’ per tutti quelli che si dedicano alle questioni creative. Qualche volta mi sento contenuta e ho la necessità di uscire, andare lontano, avere contatti e confronti più vitali, stimolanti, che altri contesti offrono. È un allontanamento necessario per frapporre una distanza con il luogo d’origine, in cui viene meno anche l’aspetto emotivo, che molte volte ci blocca. Si guadagna una chiarezza di pensiero che deriva da una visuale nuova, depurata dal quotidiano. Di fatto, poi, i miei progetti sono contestualizzati, tutti, nel territorio in cui vivo e nelle aree geografiche limitrofe in cui mi immergo completamente e con cui sono molto connessa e coinvolta: il mio humus creativo».

Adriana Iaconcig all’interno del bosco

Lei è nata in Canada, dove ha vissuto fino all’età di 9 anni. Dopo il trasferimento in Friuli, solo nel 2016 ha deciso di fare ritorno nel Paese natale, assieme alla sua famiglia, per riscoprire le proprie radici. Che esperienza è stata?

«Fortissima, non lo avrei mai immaginato. Andando a ritroso alla ricerca dei segni delle radici mi sono persa e ritrovata nei grandi paesaggi canadesi, dagli orizzonti con cieli altissimi e le sconfinate e incontaminate foreste. Lì ho ritrovato il mio sguardo lasciato a nove anni e ho trovato il ritmo di un respiro lungo senza fine».

Il paesaggio in cui nasci ti appartiene geneticamente” sono parole sue. Cosa rappresenta per lei il Canada?

«È un Paese in cui non potrei più vivere in quanto troppo grande e impossibile da confinare mentalmente. Di contrappunto sento che ha sedimentato in me i concetti di meraviglia e infinito, così preziosi per avere uno sguardo ampio da applicare come formula alla creatività».

Quali sono gli aspetti che accomunano Canada e Friuli?

«Una fraterna amicizia ed elevata stima per i friulani “grandi lavoratori”, là emigrati per necessità economiche. Quando a nove anni sono tornata per sempre in Friuli il preside della scuola primaria mi regalò diversi libri perché non dimenticassi il posto dove ero nata».

Adriana Iaconcig mentre nuota a Miscek

E gli aspetti che li differenziano?

«In Canada c’è l’ampiezza di un territorio giovane; in Italia la profondità della sua storia millenaria, proprio come le coordinate di un piano cartesiano».

La passione per la fotografia quando è nata?

«Al corso complementare di fotografia all’Accademia di Belle Arti, con Guido Cecere come docente, che aveva la capacità di trasmettere tutta la sua passione per l’arte della fotografia, dagli albori fino ai suoi esiti più concettuali».

Nelle fotografie di Adriana Iaconcig la natura e il paesaggio hanno un ruolo fondamentale: come mai?

«Sono i ricordi della natura del Canada, nella sua accezione più selvaggia. Tornano con tutta la loro fascinazione cristallizzata in un tempo lontano, ricollocati in un nuovo dialogo con il territorio friulano e le sue parti più nascoste e incontaminate, alla ricerca di uno sguardo primordiale, i cui esiti sono stratificazioni temporali tra passato e presente».

Adriana Iaconcig

Quando è immersa nei boschi per scattare fotografie a cosa pensa?

«L’immersione in un bosco permette di liberare momentaneamente le sovrastrutture del pensiero per un ritorno a uno stato di essere umano libero che non dimentica le sue paure, cercando in quello stato originario di dominarle».

Fotografia e natura sono protagoniste del nuovo progetto, promosso dal Circolo Arci Cervignano e finanziato dalla Regione FVG, a cui sta lavorando per valorizzare le tradizioni delle Valli del Natisone. In cosa consiste?

«Montefosca, il paese interessato dalla mia ricerca artistica, ha dovuto sempre relazionarsi con una natura pervasiva. Un bene di sostentamento vissuto nello stesso tempo in un rapporto di rispetto. Lì ho trovato, casualmente, durante il tradizionale Pust (carnevale che ha luogo nelle Valli del Natisone), lo sguardo ancestrale dei Blumarji, vestiti della purezza del bianco e un altissimo copricapo colorato, che corrono leggeri nell’ultimo tempo d’inverno. Una corsa antica, propiziatoria e di saluto gioioso alla primavera in arrivo. Un atto di rinascita, quindi, anche dell’uomo. In quei territori in passato la vita degli abitanti dei paesi era strettamente connessa alle stagioni della natura, sentite proprie dell’uomo».

Le Valli del Natisone sono un territorio di confine e il suo stesso cognome ha origini slovene. Nel 2025 Friuli Venezia Giulia e Slovenia saranno unite dalla Capitale Europea della Cultura: a suo avviso sarà l’inizio di un nuovo futuro nel rapporto tra queste terre?

«Complicato e quasi impossibile. Sono difficilmente riconvertibili. Io comunque vorrei, con questo progetto, essere il testimone di una tradizione ancestrale, quasi magica, con una ritualità risalente a tempi remoti. Sarà un racconto, posto in essere da un punto di vista creativo, non documentaristico, di quella potente relazione tra l’uomo e i luoghi, prima che scompaia».

Descrivendo il suo progetto “Partitura (felice) in quattro tempi” definisce la felicità come “un istante”. Cosa intende?

«La felicità è un insieme di tanti istanti in cui siamo tutti chiamati a essere attori perché avvengano».

La casa ora è dentro di te. Sei tu casa, sei tu custode della memoria della tua famiglia”. Sono le parole usate per descrivere “My house, my life”. Casa e famiglia cosa significano per Adriana Iaconcig?

«Sono un nucleo iniziale al quale aggiungere le relazioni esterne. La casa per me non è un contenitore chiuso, ma una porta aperta sul mondo dove confluiscono persone e cose».

Due protagonisti dei “Ritratti ambientati”

Non solo natura e paesaggi: nelle sue immagini troviamo anche ritratti, spesso di adolescenti. Come mai?

«Hanno uno sguardo puro, ancora non contaminato che ben si inserisce in una natura incontaminata anch’essa. Nelle foto dei “Ritratti Ambientati” cercavo questa fusione totale tra il soggetto e la natura sullo

sfondo».

Nel suo futuro dove si vede Adriana Iaconcig?

«Un po’ girovaga».

Qual è il sogno che desidererebbe realizzare?

«Una mostra in Canada, of course!»

 

Nata a North York (Canada) l’1 giugno 1961, Adriana Iaconcig vive e lavora a Cividale del Friuli. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, è stata due volte finalista del Premio Celeste (2011 e 2013).

Ha partecipato, selezionata, nel 2014, 2015 e 2016 al SIFestOFF, Festival della Fotografia a Savignano sul Rubicone. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive sia in Friuli Venezia Giulia che nel resto d’Italia. È stata protagonista di residenze artistiche e docente in work-shop e conferenze.

Nel 2021 ha ricevuto la Menzione d’onore per la qualità del progetto nel Circuito Off 2021 di Fotografia Europea al Festival Internazionale di Fotografia a Reggio Emilia.

Il progetto in corso Blumari: Maschere del Pust – Tradizione e contemporaneità sul confine orientale, curato da Eva Comuzzi e Orietta Masin, e sostenuto anche dai Comuni di Pulfero e San Pietro al Natisone, dalla Comunità di montagna del Natisone e Torre, dall’Università di Udine e da numerosi sponsor privati.

Info: www.adrianaiaconcig.it

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