Occupazione femminile: difficile binomio tra mamme e lavoro

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Report in FVG: continuano le difficoltà per le donne con figli piccoli. Divario di genere nel part time e nelle lauree STEM

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(ph. pixabay.com)

UDINE – In Italia la situazione dell’occupazione femminile registra una serie di profili critici, ma in Friuli Venezia Giulia – rispetto al contesto nazionale – le dinamiche sono migliori.

Secondo le analisi dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine su dati Eurostat e Istat, il tasso di occupazione (rapporto tra occupati e relativa popolazione di riferimento) delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni, nel secondo trimestre 2024, è pari al 57,6% in Italia e al 69,4% in FVG, mentre la media UE27 è del 71%.

Se in Italia, pertanto, il tasso è più basso di oltre 13 punti rispetto alla media europea, in FVG il dato è di poco inferiore. Risulta, viceversa, un divario maggiore se lo si confronta con quello della Germania (77,7%) e di alcuni Paesi del Nord Europa: Olanda (79,9%), Svezia (80,8%), Islanda (85,4%).

Nel nostro Paese si registra, inoltre, una forte discrepanza tra il tasso di occupazione femminile e quello maschile, pari al 76,8% in Italia e all’81,6% in FVG, anche se il divario risulta minore: il tasso 24/64 anni riferito ai maschi si attesa nella UE27 all’80,9%, in Germania all’84,9%, in Olanda all’87,4%, in Svezia, all’84,3% e in Islanda al 90,5%.

Questa situazione in Italia dipende anche dal fatto che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità, determinata per oltre il 52% da esigenze di conciliazione e per il 19% da considerazioni economiche (Indagine INAPP).

Sempre in Italia, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari al 55,5%, mentre quello delle donne della stessa età senza figli è del 76,6% (Rapporto Istat SDGs2023).

Dal punto di vista delle caratteristiche del lavoro svolto, la bassa partecipazione al lavoro delle donne è determinata da diversi fattori: impegni familiari, occupazione in parte precaria, in settori a bassa remuneratività o poco strategici e una netta prevalenza del part time, che riguarda, nel secondo trimestre 2024 in Italia, il 31% delle donne occupate, contro il 7,1% degli uomini.

Si consideri, inoltre, che nel 2023, in Italia il 54,8% dei lavoratori a tempo parziale tra 15 e 64 anni vorrebbe lavorare di più e l’incidenza sale fino al 69,3% tra gli uomini (e fino al 74,2 nella fascia di età tra i 25 e i 54 anni), contro il 50,2% per le donne, che sono la maggioranza.

La scarsa partecipazione della popolazione femminile al mondo del lavoro è ascrivibile anche alla bassa quota di lauree STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) tra le donne laureate. Infatti, secondo l’Istat, il 25% dei giovani adulti (25-34enni) con un titolo terziario ha una laurea nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche.

Ma la quota sale al 37% tra gli uomini e scende al 16,8% tra le donne, evidenziando un importante divario di genere.  L’indirizzo di studio determina importanti differenze nei tassi di occupazione dei laureati, che è maggiore per chi ha una laurea Stem.

Michele Nencioni

“Una riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro – afferma il direttore generale di Confindustria Udine, Michele Nencioni – porterebbe benefici non solo in termini di equità e uguaglianza, ma anche di crescita economica. Le stime della Banca d’Italia suggeriscono che, a parità di altre condizioni, un aumento del 10% della forza lavoro, dovuto alla convergenza del tasso di partecipazione femminile italiano al livello attuale dell’Ue, aumenterebbe il Pil di circa la stessa percentuale nel lungo periodo”.

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