Elena Bulfone (ph. Lara Perentin)
Elena Bulfone è la presidente della Fondazione Progettoautismo, che attualmente supporta più di 90 famiglie al cui interno ci sia un componente, dall’infanzia fino all’età adulta, con sindrome autistica, disturbi pervasivi dello sviluppo o Sindrome di Asperger.
Una realtà nata come associazione nel 2006 dalla necessità impellente e inderogabile di rispondere alle difficoltà di essere madre di un figlio con autismo.
«Ho compreso – confida in questa intervista – che era un obbligo studiare e pianificare fin da subito un futuro speciale per Alessandro, ma questo non era sufficiente. Ho realizzato che era necessario unire le forze di altre mamme come me per affrontare insieme la sfida della riabilitazione e dell’inclusione dei nostri figli autistici. Così è nata Progettoautismo, da un gruppo di genitori che si sono trovati ad accogliere la sfida dell’autismo dei loro figli lasciando da parte paura e rabbia e indirizzando le loro energie al bene. In un momento in cui le risorse e il supporto erano limitati, abbiamo deciso di unire le forze per creare un’organizzazione che potesse fare la differenza nella vita delle persone con autismo e delle loro famiglie in Friuli Venezia Giulia».
Quando si parla di autismo in Friuli Venezia Giulia, quali sono i numeri e le difficoltà che bisogna tenere sempre in mente?
«In Friuli Venezia Giulia, come nel resto del mondo, i casi di autismo sono in costante aumento. Si stima che oggi circa 1 bambino su 60 riceva una diagnosi di autismo, numeri che rappresentano una vera emergenza sociale e sanitaria. Questa condizione presenta sfide complesse che coinvolgono non solo la persona con autismo e l’intera famiglia, ma tutta la società in cui vivono: scuola, salute, tempo libero e sport, servizi essenziali e sostenibilità economica. Le difficoltà delle persone autistiche possono riguardare la comunicazione, l’interazione sociale, i comportamenti ripetitivi e la sensorialità atipica. È fondamentale comprendere che l’autismo non è un problema isolato, ma una questione che interroga tutti noi. È necessario affrontare questa sfida a 360 gradi, garantendo supporto e servizi adeguati dalla diagnosi precoce al trattamento fino all’età adulta con i temi dei servizi speciali, del lavoro e del gruppo amicale, per favorire una reale inclusione e una migliore qualità della vita per le persone con autismo e le loro famiglie».
Lei è madre di un figlio con autismo: questa condizione come ha influito e influisce sulla sua vita e su quella della famiglia?
«In maniera profonda. Ci ha messo di fronte a sfide inaspettate, a un lavoro incessante e non privo di cadute e delusioni, ma ci ha anche regalato una forza e un amore che non sapevamo di possedere, ci ha resi migliori, dei supergenitori. Abbiamo imparato a guardare il mondo con occhi diversi, ad apprezzare ogni piccolo progresso e a celebrare l’unicità di nostro figlio. Inoltre, questa esperienza ci ha dato la spinta per aiutare altre famiglie che affrontano le stesse difficoltà. Vedere le nostre vittorie e aspettative, le nostre delusioni e amarezze riflesse negli occhi di altri genitori ci ha motivato a diventare innovatori ed erogatori di servizi mai attuati, ci ha spinto a creare un dipartimento di ricerca per offrire nuove soluzioni e nuove sfide. Progettoautismo è un ecosistema in evoluzione dedicato a fornire servizi, supporto, informazioni e risorse, nuova cultura dell’inclusione alle famiglie con bambini autistici. Vogliamo condividere ciò che abbiamo imparato nel nostro percorso, per evitare che altri vivano le stesse grandi difficoltà che abbiamo passato noi nei primi anni di vita dei nostri figli. Attraverso Progettoautismo, speriamo di creare una comunità solidale dove le famiglie possano trovare conforto, comprensione e strumenti pratici per affrontare le sfide quotidiane dell’autismo».
Da mamma quali sono stati i momenti più difficili sia nella gestione interna sia nel confronto con il mondo esterno?
«I momenti più difficili sono stati molteplici e hanno toccato sia la sfera familiare che quella sociale. all’interno della famiglia, la sfida più grande è stata trovare un equilibrio nella crescita della nostra secondogenita, Martina. Inevitabilmente, è cresciuta in fretta, “vivendo all’ombra” dell’autismo di suo fratello Alessandro, cosa che vi garantisco non è per nulla facile. I fratelli e le sorelle delle persone autistiche soffrono molto e subiscono la necessità di crescere in fretta. Fortunatamente, Martina è diventata una giovane donna forte, matura e indipendente, che ora studia Giurisprudenza a Trento, ma molte famiglie risentono in maniera pesante il loro impegno quasi esclusivo per il figlio autistico. Un altro aspetto difficile è stato ed è affrontare le lunghe notti insonni di Alessandro. Dorme pochissimo e vuole solo me accanto a lui durante quelle ore, che passiamo parlando, ascoltando musica fino al mattino… Anch’io ho qualche anno sulle spalle e comincio a sentire la fatica. La gestione di Alessandro, oggi ventottenne, rimane complessa, nonostante sia un ragazzo sereno, soddisfatto e felice. Nel confronto con la società civile, mi sono spesso sentita sola e incompresa, scontrandomi con pregiudizi e stereotipi sull’autismo. La mancanza di servizi adeguati e la difficoltà di trovare professionisti preparati hanno reso il percorso ancora più impegnativo. Tuttavia, ho avuto la fortuna di trovare un appoggio fondamentale in mio marito Enrico, che mi ha sostenuta nella mia idea e nella mia missione. Insieme abbiamo creato Progettoautismo, con l’obiettivo di aiutare altre famiglie e diffondere una maggiore consapevolezza. Le difficoltà di una famiglia con autismo non finiscono mai, ma l’amore, la forza e la solidarietà prosociale possono fare la differenza».
I casi di autismo sono in costante aumento: come mai?
«è un fenomeno complesso che non ha ancora una spiegazione definitiva. Diversi fattori possono contribuire, tra cui una maggiore consapevolezza e migliori strumenti diagnostici, ma determinanti sono le influenze epigenetiche. La ricerca in questo campo è fondamentale per comprendere meglio le cause e sviluppare interventi efficaci. Tuttavia, indipendentemente dalle cause, il nostro compito come società è dare una risposta concreta all’autismo negli aspetti sociosanitari. Ciò significa fornire supporto e servizi alle famiglie, promuovere l’inclusione sociale a scuola e sul territorio delle persone autistiche e investire nella ricerca applicata per migliorare la qualità della loro vita. Non possiamo permetterci di aspettare che la scienza scopra tutte le risposte prima di agire. Dobbiamo affrontare l’autismo come una realtà presente, impegnandoci a costruire un mondo più accogliente e inclusivo per tutti».
Una diagnosi precoce può garantire benefici?
«Assolutamente sì. Una diagnosi precoce è fondamentale per garantire un intervento tempestivo e personalizzato, che può fare la differenza nello sviluppo e nella qualità della vita della persona con autismo. Attraverso terapie e programmi educativi mirati e un forte impegno e investimento familiare, è possibile potenziare le abilità, ridurre le difficoltà e favorire l’inclusione sociale. È importante sottolineare che dall’autismo non si guarisce, ma attraverso un lavoro attento, assiduo, adattato all’età e alla persona, e condotto da professionisti qualificati, si possono ottenere fattivamente dei grossi miglioramenti. Progettoautismo crede fortemente in questo e affronta l’autismo a 360 gradi: dalla riabilitazione dei piccolini, alla scolarizzazione, all’indipendenza, all’inserimento lavorativo, alla scoperta delle abilità di ognuno di loro. Inoltre, essendo anche Ente di Ricerca riconosciuto, affronta vari filoni di ricerca applicata proprio in questo ambito, con l’obiettivo di sviluppare nuove strategie e interventi sempre più efficaci. Una diagnosi precoce, quindi, apre la porta a un percorso di crescita e sviluppo che, seppur impegnativo, può portare a risultati straordinari, permettendo alle persone autistiche di raggiungere il loro pieno potenziale e vivere una vita ricca e soddisfacente».
In base alla vostra esperienza di cosa hanno maggiormente bisogno le famiglie con figli autistici?
«Di supporto, informazioni, servizi adeguati e, soprattutto, di essere ascoltate e comprese. Hanno bisogno di professionisti competenti che possano accompagnarle nel percorso, di scuole inclusive che valorizzino le potenzialità dei loro figli e di una società che accolga la diversità con rispetto e apertura».
Il mondo delle istituzioni e la società civile in generale che comprensione reale hanno della problematica?
«Negli ultimi anni c’è stata una maggiore attenzione, ma c’è ancora molta strada da fare. La comprensione reale della problematica è spesso superficiale e legata a stereotipi e pregiudizi. È necessario promuovere una cultura dell’inclusione che riconosca il valore e i diritti delle persone con autismo ed espandere la capacità ricettiva dei servizi sul territorio: in questo senso la nostra Regione ha compreso che solo una forte alleanza pubblico-privato potrà dare risposte concrete e tempestive».
Quali sono a suo avviso i passi necessari per una reale inclusione delle persone con autismo?
«Ce ne sono diversi: penso alla sensibilizzazione e informazione per diffondere una corretta conoscenza dell’autismo; alla formazione di professionisti qualificati in tutti i settori, dalla sanità all’educazione, al mondo del lavoro; garantire l’accesso a servizi continuativi, specialistici e personalizzati, dalla diagnosi precoce all’età adulta; creare scuole e ambienti di lavoro inclusivi, che valorizzino le capacità e i talenti di ogni individuo; offrire supporto concreto alle famiglie, attraverso servizi di consulenza, gruppi di auto-mutuo aiuto e agevolazioni economiche e supporto economico ai caregivers dotandoli di una futura pensione. Solo attraverso un impegno congiunto di istituzioni, famiglie, professionisti e società civile possiamo costruire un futuro in cui l’autismo non sia più sinonimo di esclusione, ma di diversità valorizzata e accolta».
Da diversi mesi avete avviato il progetto di cohousing con la realizzazione di un villaggio di co-residenza. In cosa consiste questa progettualità?
«Rappresenta una vera e propria rivoluzione nel panorama dell’assistenza alle persone con autismo in Italia. Il Villaggio “Enzo Cainero” (clicca qui per scoprire il progetto), che prende il nome dall’amico della Fondazione, filantropo e patron della Tappa Friulana del Giro d’Italia, sarà molto più di una semplice struttura residenziale: sarà un ecosistema solidale, un luogo dove l’inclusione e il benessere delle persone autistiche e delle loro famiglie saranno al centro di tutto».
Garantire il “dopo di noi” alle persone con autismo è una delle angosce più grandi dei loro genitori. Come si possono fornire risposte concrete per un bacino di persone in costante crescita?
«Il “dopo di noi” è una preoccupazione condivisa da molti genitori di figli con autismo e non solo. Per fornire risposte concrete a un bacino di persone in costante crescita, è necessario un approccio multidimensionale che combini soluzioni abitative, servizi di supporto e percorsi di inclusione sociale. Progetti come il nostro Villaggio “Enzo Cainero”, che prevede la convivenza di genitori e figli autistici in una cohousing abitativa adiacente a un centro specializzato, rappresentano un modello innovativo e promettente. Questa soluzione offre un ambiente protetto e accogliente, garantendo supporto e assistenza continua anche quando i genitori non potranno più occuparsene direttamente. È poi fondamentale sviluppare una rete di soluzioni abitative diversificate, come residenzialità leggera e appartamenti supportati, che favoriscano l’autonomia e l’indipendenza delle persone adulte con autismo. Parallelamente, è necessario promuovere percorsi di inserimento lavorativo protetto, che valorizzino le capacità e i talenti di ciascuno, offrendo opportunità concrete di realizzazione personale e sociale. Fin dalla giovane età è cruciale promuovere una cultura dell’autonomia e dell’indipendenza, attraverso programmi educativi e riabilitativi mirati. Questo permetterà alle persone con autismo di acquisire le competenze necessarie per affrontare le sfide della vita adulta con maggiore fiducia e sicurezza».
Se dovesse lasciare un messaggio a famiglie con persone con autismo, cosa direbbe loro?
«Non sentitevi soli, rialzate la testa e guardatevi intorno. L’autismo può essere una sfida, ma è anche un’opportunità di crescita e di amore incondizionato. Abbiate fiducia nei vostri figli, celebrate le loro unicità e non smettete mai di lottare per i loro diritti e la loro felicità. Solo insieme possiamo costruire un mondo più inclusivo e accogliente per tutte le persone con autismo, solo una pro-socialità impegnata potrà portarci verso nuovi orizzonti di riscatto sociale».