L’arte ai tempi dei social

imagazine margherita reguitti

Margherita Reguitti

13 Gennaio 2022
Reading Time: 5 minutes
Condividi

Lorenzo Michelli

Condividi

Lorenzo Michelli è da inizio 2021 il curatore della Galleria regionale d’Arte contemporanea Luigi Spazzapan di Gradisca d’Isonzo.

Triestino, si è laureato al Dams di Bologna con successiva specializzazione a fine anni ’99 in Storia dell’arte contemporanea. Nel suo curriculum un’intensa attività su tutto il territorio regionale e oltre: dalla cura di mostre d’arte, convegni e progetti di ricerca nel settore contemporaneo fino a un’attività editoriale e di redazione di testi.

Come si vive da libero professionista nel mondo dell’arte contemporanea a nordest?

«Da libero professionista mi occupo d’arte contemporanea e comunicazione dal 1997, in stretto rapporto con l’andamento economico generale, le scelte di gestione e di attività di enti pubblici e di gallerie private. Posso dire di essere un professionista in rapporto diretto con la politica culturale e il libero mercato del settore privato. Come imprenditore di me stesso mi sono procacciato committenze, ho avuto idee o sviluppato quelle di altri. Se dagli anni ’90 fino a metà degli anni 2000 vi era una certa disponibilità, il terremoto finanziario del 2008 ha fatto drasticamente diminuire le risorse per le attività artistiche del contemporaneo: la battaglia per tutti è diventata quotidiana per reperire finanziamenti sia pubblici sia privati da destinare a mostre, progetti ed eventi».

Lei è stato curatore di mostre al Museo Revoltella di Trieste. Da oltre un anno è responsabile dell’attività alla Galleria Regionale d’Arte contemporanea “Luigi Spazzapan” di Gradisca d’Isonzo: quale è lo stato di salute della ricerca artistica in regione e oltre?

«Dopo la laurea al Dams di Bologna sono rientrato nella mia città, Trieste, ma devo dire che ho avuto la possibilità di collaborare con i musei di tutta la regione: da Gorizia a Udine a Pordenone. Alla fine degli anni ’90 il panorama dei soggetti in attività nel contemporaneo, frutto di progetti nati negli anni ’70, era numericamente più alto. Alle fiere di settore vi era una presenza significativa del Friuli Venezia Giulia. Oggi realtà storiche private importanti in Italia e all’estero, come le gallerie Plurima di Udine e LipanjePuntin di Trieste, non esistono più. La nascita dei social ha creato nuovi canali per la circolazione dell’arte, sia per la promozione dei singoli artisti che per la diffusione di bandi e progetti ai quali i giovani partecipano numerosi. I rapporti personali sono diventati virtuali, gli incontri avvengono in rete: tutto questo ha creato un nuovo dinamismo di relazioni. La comunicazione è diventata davvero globale, senza confini, e ciò permette ai giovani di partecipare a bandi, concorsi e progetti di residenze creative a livello internazionale. Il mondo e i gusti sono cambiati e forse nell’arte contemporanea si assiste a un ulteriore fenomeno di frammentazione».

Oggi i social permettono agli artisti un’esposizione immediata e senza confini: come è cambiato il loro ruolo nella società?

«Forse l’artista è meno autorevole e temuto rispetto a 30 anni fa quando aveva un maggiore ruolo di contestatore; oggi è un operatore tra i tanti. Esponenziale è stata invece la crescita di nuove figure come gli influencer in grado di indirizzare gusti e mercato. Non sono icone ma guardano alle icone. Non sono creativi ma manipolano situazioni, idee, progetti e prodotti facendo proposte non originali in settori diversi. Hanno milioni di followers, creano opinioni, condivisibili o meno. In questo panorama l’artista contemporaneo rischia di essere messo all’angolo».

Il tempo sarà un buon metro di valutazione?

«Oggi esiste una forbice ampia fra l’artista che si dedica alla ricerca pura e quello legato al mondo del lusso o della moda sull’onda di un mercato che fa muovere ingenti somme. Non voglio dire che questo sia male, vi sono casi, come la discussa mostra di Damien Hirst nelle due sedi di Punta della Dogana e Palazzo Grassi a Venezia, dove l’artista, grazie a finanziamenti faraonici, ha dato vita a qualcosa di affascinante. Un teatro nel quale imitazione e finzione raggiungono un climax stupefacente, dal quale scaturisce un dibattito nuovo, prendendo spunto da vezzi vecchi come creare reperti archeologici falsi. Ne risulta un insieme potente, una meraviglia barocca che è arte anche se non porta a trasformazioni e non accompagna lo spettatore, ma certamente lo affascina oggi come nei secoli passati».

Un gallerista potente fa un grande artista?

«Un gallerista capace può fare un artista famoso, quotato. Senza la grande committenza e i potenti mecenati non ci sarebbero stati né Raffaello né le stanze vaticane. L’auspicabile è trovare persone illuminate che investano sugli artisti giusti».

Recentemente alla Galleria Spazzapan di Gradisca ha curato la mostra fotografica “Behind the appearances” di Vera Lehndorff e Hoger Trülzsch.

«Abbiamo scelto di portare da Berlino questa esposizione per il forte legame con il presente. Come negli anni ’70 l’arte contemporanea cercava nuovi linguaggi per una società in grande cambiamento, così oggi, in una situazione di pandemia non ancora debellata, gli artisti esprimono riflessioni e linguaggi fortemente influenzati dal vissuto. Negli anni ’70 l’arte puntava a trasformare, oggi l’arte è segnata dal mondo. Dopo l’edonismo degli anni ’80, la rinascita della pittura, della decorazione e del colore oggi i temi forti sono la sostenibilità e la solitudine; andiamo forse verso un nuovo espressionismo che esprima i bisogni primari dell’essere umano».

Prossimi progetti dopo questa mostra?

«Sarà un inverno ricco di proposte. Per proseguire quanto iniziato lanceremo con l’ERPAC – Ente Regionale Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia – il progetto “Together” chiedendo agli artisti con curricula di vaglia della regione di realizzare attraverso le loro opere un grande “mosaico” di questo periodo storico di cambiamento imposto dalla pandemia. I lavori scelti saranno promossi prima in rete e successivamente in esposizioni nelle sedi ERPAC. L’evento di punta più recente è stata la generosa e illuminata donazione di cinque capolavori di Spazzapan da parte di Martina Corgnati, storica dell’arte e figlia della cantante Milva e del regista Maurizio Corgnati. Per promuovere il nuovo fondo e l’opera dell’artista la Galleria sarà aperta gratuitamente fino a marzo 2022».

Un suo sogno professionale che spera di realizzare?

«La fusione e il dialogo fra l’arte contemporanea e l’uomo, affinché le opere degli artisti possano entrare in contatto con il quotidiano, migliorando la vita di ognuno. Un dialogo non ecumenico ma necessario, senza contrapposizioni».

A volte è difficile definire un professionista che lavora con l’immateriale: lei in quale etichetta si

riconosce?

«Mi considero un operatore nel settore culturale contemporaneo».

Potremmo dire un regista?

«Perché no! In fondo la mia attività ha a che fare con spazi, linguaggi, atmosfere, artisti, narrazione, in un dialogo fisico e spirituale. Un processo di fusione di singole potenzialità e creatività con l’obiettivo di dare forma a un’opera corale da proporre al pubblico».

Visited 48 times, 1 visit(s) today