Addio al “Modello Friuli”?

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redazione

1 Febbraio 2016
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Inaugurato a Udine il Future Forum

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Addio “modello Friuli”, finito perché si è chiuso il suo ciclo, ma anche perché le condizioni sociali, politiche e la forte fiducia nella sussidiarietà e la capacità di rigenerare dal basso il territorio, così forti in passato, oggi non appartengono più alla dialettica politica.

Una “riterritorializzazione” sarà possibile solo con un “new deal” complessivo, un new deal territoriale – sintetizzato anche in un coraggioso piano di riqualificazione di edifici vetusti, che potrebbe valere circa 6 miliardi in interventi di riqualificazione complessivi, tra risorse private e pubbliche in regione – da portare avanti nel medio-lungo periodo e in cui individuare le priorità di intervento, ma indispensabile ora per affrontare la situazione in modo sistemico e anticiclico.

La proposta arriva di Sandro Fabbro, docente dell’Università di Udine, intervenuto insieme al “territorialista” Alberto Magnaghi dell’Università di Firenze, partendo proprio dal tema del territorio, per l’avvio dei dialoghi di Future Forum 2016. Il Forum, organizzato dalla Camera di Commercio di Udine (con la collaborazione di Comune e Ateneo e il coinvolgimento della Regione) è partito dalle introduzioni del sindaco di Udine Furio Honsell e del rettore Alberto Felice De Toni e dalle parole del presidente camerale Giovanni Da Pozzo.

«Il Friuli – ha detto il presidente – è terra di ricostruzione, su cui in questi cinque giorni ragioneremo nella sua accezione economica, grazie a un inedito confronto fra economisti affermati e giovani emergenti. Con questo dibattito vogliamo dare un contributo per individuare le linee guida di una nuova ricostruzione che da qui parta. Il Friuli – ha aggiunto – è infatti anche territorio di idee e d’innovazione e lo è da secoli: l’esempio di Jacopo Linussio, imprenditore carnico pioniere della rivoluzione industriale, ne è simbolo, per far crescere l’attività di impresa e il territorio».

Magnaghi e Fabbro hanno condiviso un’idea di territorio da considerare come “bene comune” nel senso di entità complessa, da valorizzare come patrimonio territoriale nel suo insieme, ma Magnaghi nel suo intervento è arrivato a conclusioni più positive e ottimistiche di quelle di Fabbro. Per Magnaghi, infatti, «c’è una cittadinanza attiva straordinaria, movimenti civici dal basso con grande capacità di auto-organizzazione per una valorizzazione del territorio, una ricchezza cui dovremmo guardare meglio perché è ancora poco ascoltata dalle istituzioni e anzi marginalizzata. Andrebbe invece ascoltata e riorganizzata, per consentire un vero cambiamento di paradigma e una nuova crescita del patrimonio territoriale». E un’identità territoriale, secondo Magnaghi, «deve sopravvivere alla globalizzazione. Il futuro, dovrà basarsi sulla capacità delle popolazioni di riappropriarsi dei loro patrimoni territoriali».

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