Conoscenza, l’arma vincente contro l’integralismo

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redazione

1 Aprile 2015
Reading Time: 5 minutes

Daniela Galeazzi e Giuseppina Minchella autrici de “L’abiura”

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Da un documento dell’archivio storico dell’Arcidiocesi di Udine riemerge la vicenda di un processo inquisitoriale tenutosi nella Palmanova del 1600. Imputato un mercenario olandese di padre calvinista e madre cattolica. Le scrittrici Daniela Galeazzi e Giuseppina Minchella ne hanno ripercorso la vita. Realizzando un romanzo storico che aiuta a riflettere sul nostro futuro.

Daniela e Giuseppina, com’è nata l’idea di scrivere questo libro?

«Dalla scoperta nell’Archivio Storico dell’Arcidiocesi di Udine del processo inquisitoriale contro il soldato calvinista olandese Henrick Maler, uno dei tanti mercenari d’Oltralpe al servizio della Serenissima Repubblica, che abiurò il calvinismo per passare al cattolicesimo. Ci ha incuriosito soprattutto la sua deposizione in perfetto latino, con grafia ornata ed elegante, un caso davvero raro nella storia della fortezza».

La vicenda prende avvio dalla cittadina olandese di Campen, luogo che avete visitato personalmente: cosa vi è rimasto impresso di quel viaggio?

«Siamo rimaste affascinate da quella città del Nord, immersa nella nebbia, con uno skyline “antico”: l’alta torre della cattedrale di san Bavone, le guglie delle porte… Abbiamo percorso un centro storico ancora medievale, con le strade parallele al fiume Jissel intersecate da vicoli e limitate da canali come se seguissero la corrente del fiume. Ci è sembrato di respirare il passato. E allora come non fantasticare sulla vita avventurosa di quest’uomo che dal lontano Overjissel, percorsa mezza Europa, era finito a fare il soldato nella fortezza veneziana di Palmanova?»

La storia narrata ne “L’abiura” si sviluppa nell’Europa di inizio XVII secolo: com’era all’epoca il nostro Continente?

«Era un’Europa divisa dalla Riforma protestante, teatro di cruente guerre di religione, un’Europa dove la religione assumeva un forte ruolo pubblico e marchiava la storia politica, sociale e individuale. Infatti il confine religioso attraversava anche le famiglie, come nel caso di Henrick Maler, figlio di madre cattolica e di padre calvinista. Ma quell’Europa fu anche terreno fertile per la nascita di nuove idee; fu percorsa da una rivoluzione intellettuale che gettò le basi del pensiero moderno, scaturito dal dibattito tra intellettuali come Keplero, Cartesio, Galilei. Per la prima volta si parlò di diritti naturali dell’individuo, di modelli politici alternativi, di pluralismo delle concezioni che costituiscono i prodromi dell’Illuminismo».

Torniamo alla vicenda del libro, che raggiunge il suo apice nella fortezza di Palmanova, la vostra città. Che luogo era all’epoca?

«Palmanova agli inizi del Seicento era un luogo poco ospitale, ancora in costruzione, abitato da soldatesche di diversa  nazionalità che ne facevano un crogiolo di costumi, religioni e lingue diversi».

Il vostro è un romanzo storico che trae origine da un fatto realmente accaduto. Nella narrazione complessiva come convivono invece realtà storica e finzione?

«Come in ogni romanzo storico le vicende narrate nascono da uno stretto intreccio tra documentazione e finzione narrativa, ma non va mai dimenticato che alla base di questo intreccio sta un importante patto implicito che lo scrittore fa con i suoi lettori: quello di coniugare sempre e comunque, al di là delle tecniche narrative scelte, la libertà inventiva con la verità storica accertata e rigorosa, che ha sempre funzione di cornice e di contesto delle vicende narrate».

Anche il protagonista principale, Henrick Maler, è realmente esistito. Dai documenti ufficiali cosa sappiamo di lui?

«Dal processo si può ricavare la provenienza dall’Overijssel, una sperduta provincia olandese, l’infanzia problematica per essere figlio di genitori appartenenti a due fedi diverse, il suo viaggiare per l’Europa, il suo arruolamento nella fortezza di Palmanova, la sua abiura. L’estratto Annotazioni genealogiche relative alla famiglia Maler in Kampen, inviatoci dall’Archivio Storico di Campen, ci ha offerto una descrizione dettagliata dell’albero genealogico della famiglia Maler a partire dal XV secolo e abbiamo così scoperto che il protagonista apparteneva a un casato importante ed era figlio del borgomastro della città».

E gli altri personaggi? Quanti sono reali e quanti inventati?

«Tutti i componenti della famiglia Maler e della famiglia della madre di Henrick sono storicamente esistiti. Poi ci sono personaggi, realmente vissuti negli stessi anni di Henrick, che unicamente per nostra volontà sono entrati in relazione con il protagonista perché funzionali alla narrazione. All’interno del romanzo agiscono anche personaggi frutto solo della nostra fantasia, tra questi la protagonista Margherita Gozzi, una raffi nata e spregiudicata cortigiana, dalla quale Henrick, sempre affascinato da persone e situazioni fuori dal comune, si sente attratto».

I luoghi in cui si svolge la vicenda sono numerosi: dall’Olanda ad Anversa, da Parigi alla Spagna, da Venezia a Palmanova all’Europa orientale. Come si è svolto il lavoro della loro descrizione trasposta al 1600?

«Ci siamo servite di diverse fonti storiche, di testi e di dipinti dell’epoca che ci hanno aiutato e accompagnato per tutta la stesura del romanzo».

Restiamo a quell’epoca: l’Europa si presentava lacerata da contrapposizioni ideologiche e religiose. È possibile ipotizzare un’analogia con l’Europa di oggi?

«Purtroppo gli ultimi avvenimenti in Europa stanno dimostrando che esistono ancora fanatismo, intolleranza, pregiudizi… mali che ci impongono serie riflessioni. In questo senso il titolo del nostro romanzo, “L’abiura”, costituisce un invito per noi uomini del XXI secolo ad abiurare, a rinunciare a ogni fanatismo, a ogni preclusione nei confronti del diverso, un invito ad abiurare all’ignoranza, in nome della conoscenza. Ecco perché noi abbiamo immaginato un contatto con l’Oriente, fortemente cercato da Henrick, ossia un ponte gettato tra due mondi e tra due culture, quasi un auspicio a superare il difficile secolare impatto tra Europa e Islam».

Da quegli anni bui di inizio 1600 prese successivamente avvio il “secolo dei lumi”. Sarà così anche per la nostra società attuale?

«Non possiamo che augurarcelo, anche se tanti segnali ci fanno capire che la strada sarà lunga e difficile. Noi riteniamo che solo le armi della conoscenza e della cultura potranno aiutare in questo tormentato percorso».

 

Daniela Galeazzi

Nata e residente a Palmanova, è attiva nel mondo dell’associazionismo culturale e presiede da anni alcuni sodalizi. Ha ideato vari progetti culturali volti alla valorizzazione della città-fortezza di Palmanova e del territorio. Tra le sue pubblicazioni, Il Santo Monte di Pietà di Palma. Nascita e attività iniziale di una pia istituzione (Palmanova 2008) e due romanzi storici, scritti in collaborazione con altro autore: Marietta olim Galla (Padova 2001), La camera del miglio (Padova 2012).

Giuseppina Minchella

Nata e residente a Palmanova, da tempo promuove la conoscenza della storia politica e sociale della città-fortezza. Si occupa dell’attività del Sant’Ufficio nella Repubblica di Venezia, con particolare interesse alle conversioni, ai passaggi di fede e alla coesistenza di cristiani e musulmani. Tra le sue pubblicazioni, Porre un soldato alla Inquisizione. I processi del Sant’Ufficio nella fortezza di Palmanova 1595-1669 (Trieste 2009) e Frontiere aperte. Musulmani, ebrei e cristiani nella Repubblica di Venezia (Roma 2014).

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