Il borgo che rinasce

imagazine michele tomaselli

Michele Tomaselli

13 Marzo 2015
Reading Time: 6 minutes

Dordolla

Condividi

La Val Aupa

In una dimensione fuori dal tempo, ci tuffiamo nell’atmosfera atavica della Val Aupa del Friuli Venezia Giulia, dove la modernità non è uno stile di vita. Ecco che, dinanzi ai nostri occhi, appaiono borghi abbandonati o addirittura città fantasma, con strade deserte, botteghe serrate e case silenziose. Le abitazioni sono spesso cadenti e in abbandono, e si sorreggono su muri dall’equilibrio precario che perdono sassi a ogni intemperie.

Ma, seppure in rovina, conservano storie e segreti che a pochi è dato di sapere. L’atmosfera è impalpabile, si respira “la ricchezza del borgo” e se siamo alla ricerca di un luogo dove poter staccare la spina dalla quotidianità e dallo stress, per accedere a un’altra dimensione dello spirito, è senz’altro il posto giusto.

Dordolla

All’interno della Val Aupa, a circa sette chilometri da Moggio Udinese, capoluogo della vallata, spunta tra gli alberi, sopra uno sperone roccioso, al di là del torrente Aupa, il bianco campanile di Dordolla (Dordole). È il paese più vivo della valle, ci sono una cinquantina di abitanti, fra cui diversi giovani e un’osteria, “da Fabio”, aperta sette giorni su sette, cuore pulsante del borgo.

Il bel sorriso di Lavinia, gestrice del bar, ci dà il benvenuto. Qui, da diversi anni, si sta verificando un fenomeno di ripopolamento, a differenza di quanto avviene nel resto della Carnia e nel resto della montagna, grazie all’interessamento di alcune persone intraprendenti che hanno deciso di rilanciare questo luogo, fino a ieri considerato inospitale e abbandonato.

«I vicoli stretti, i cortili ciechi, le scalette in legno esterne, gli archi e i balconi in pietra, e la piazzetta con l’inconfondibile fontana in pietra, ricordano vagamente uno scorcio di Venezia», racconta Cristopher Thomson, londinese arrivato qui per caso, assieme alla compagna Sarah, nel 2008, per girare un documentario sulla valle, e che poi non ha più lasciato Dordolla.

«Il luogo – aggiunge – è inoltre abbracciato dalla natura e in pochi minuti si può raggiungere il bosco».

In questo borgo l’esistenza scorre lenta, avvolta dai sapienti ritmi della terra. Sembra un presepe adagiato a cornice della Creta Grauzaria, la principale montagna della zona, che indossa abiti e colori sorprendenti nelle varie stagioni. Molte case sono state ristrutturate e si respira un’aria nuova. Si ha per di più l’impressione che l’architettura spontanea del borgo non segua un piano prestabilito, ma realizzi il desiderio di tessere una rete di rapporti umani.

Anch’io, nella brezza dei colori d’autunno, entro e vivo il borgo. Nell’osteria “da Fabio” assaggio le prime cucchiaiate bollenti di brovedar, la minestra della Val Aupa, preparata con le rape fermentate e tipico piatto dell’inverno. La temperatura è rovente ma il sapore è delizioso, e deglutendola ho la sensazione di far ballare lo stomaco e il palato! Dopo aver degustato la cucina locale, decido di aspettare il pomeriggio per raggranellare storie e vite del borgo. Armato di taccuino e penna stilografica inizio l’avventura. Mi suggeriscono di rivolgermi a Kaspar Nickles, guida naturalistica e agricoltore arrivato qui nel 2005, dopo aver frequentato la facoltà di agronomia a Vienna, e che poi non ha più lasciato Dordolla.

Sono fortunato, perché lo vedo arrivare con indosso una gerla in vimini. Sta venendo a piedi dalla frazione di Drentus. Arrivare a Drentus da qui è una bella impresa, ci vogliono quasi 12 km di strada carrozzabile, ma se utilizziamo il ripido sentiero bastano solo 15 minuti a piedi… «Dordolla ha un’energia tutta sua», mi racconta il giovane austriaco Kaspar. «In questa piccola borgata ho conosciuto mia moglie Marina, ex giornalista di Radio Onde Furlane, e poi, assieme a lei e a qualche altro amico, abbiamo recuperato la vecchia casa dei nonni di Marina proprio a Drentus. Qui abbiamo avviato l’azienda agricola “Tiere Viere” dove viviamo con i nostri tre figli. Siamo riusciti a far rivivere l’agricoltura di montagna, con l’aiuto dei woofer, i ragazzi alla pari dell’agricoltura».

In questi ultimi anni Kaspar è diventato il vero animatore del borgo e assieme ad altri amici del paese ha fondato l’associazione culturale “Cort dai Gjats”, gruppo di volontari che si prefigge l’obiettivo di ripristinare sentieri, muretti a secco, rifasciare i prati e ripulire il sotto bosco. Come se non bastasse l’associazione contribuisce, assieme all’Università di Klagenfurt, all’organizzazione del festival “Cantiere Continuo/Ewige Baustelle”, rassegna internazionale di installazioni curata da Moreno Miorelli, l’ideatore di “Stazione Topolò – Postaja Topolove”, il famoso laboratorio culturale sul confine italo-sloveno, nelle valli del Natisone, in cui gli artisti si ritrovano nel mese di luglio per cercare l’arcaico e sperimentare il nuovo.

«Raggiungere la fama del festival di Stazione Topolò per Cantiere Continuo è un’impresa impossibile con le attuali disponibilità finanziarie – spiegano gli organizzatori – ma molto spesso sono i piccoli numeri a far partire i grandi progetti e, così, nel maggio 2014, è stata inaugurata la I edizione dell’evento, incentrato sui temi dell’utopia e della scelta di abitare in un luogo “periferico” ma non “disagiato”: Dordolla è ritornata a vivere insieme a tanti artisti giunti da mezza Europa».

Le installazioni di arte nel borgo non sono però una novità: Gianna Genero ed Ernesto Paulin hanno creato Anima Montis, una meditazione artistica tra natura e cultura che dà vita a espressioni di land art nel territorio, già alla sua terza edizione. L’idea della natura è profondamente legata alla visione del cosmo, all’origine del mondo e dell’uomo e alle tematiche universali; vengono proposti ad artisti e visitatori paesaggi stimolanti, spazi che divengono luoghi di espressione e di riflessione artistica, alla riscoperta della dimensione naturale. La mostra esterna raccoglie opere realizzate in legno che vengono collocate sui prati, sugli alberi, sul torrente, nei punti più strategici di Dordolla.

E ancora, è merito di Kaspar e dei suoi amici, se nella piazza di Dordolla è stato inaugurato il book crossing, una pratica libera e volontaria che permette di far circolare i libri di mano in mano, senza prestito o acquisto e senza restituzione. Si rilasciano i libri in un vecchio frigorifero, affinché possano essere ritrovati e letti da altre persone nella condivisione dei saperi. «Quale luogo migliore se non Dordolla?», afferma Kaspar. «Per ora arrivano soprattutto austriaci che fuggono da montagne tutte uguali, case di legno e gerani ai balconi. Vogliono vivere qualcosa di diverso, sentieri meno battuti, luoghi più rilassati».

Anche per questo è probabile che con il tempo Dordolla diventi un modello di turismo sostenibile per il rilancio di altri siti periferici o disagiati della montagna. Non resta che un consiglio: affrettatevi a visitare questo luogo magico.

 

L’esperienza di “Tiere Viere”

È un’orticoltura biologica racchiusa in una decina di fazzoletti di terra (complessivamente circa 3.000 mq), sparsi fra Dordolla e Drentus, dove vengono piantati patate, fagioli, mais e ortaggi di stagione. Per aumentare la fertilità del terreno si ricorre all’utilizzo del letame di pecora, prodotto durante l’inverno e molto ricco di azoto, nonché all’applicazione della tecnica del sovescio con l’aggiunta di particolari leguminose (colture a perdere).

Dal 2013 l’azienda dispone di una piccola serra per proteggere le culture dalla stagione invernale, così è possibile favorire la germinazione delle semenze locali, cadute in disuso, o addirittura scomparse. Nel campo zootecnico è stata reintrodotta la pecora plezzana o Bovska, una vecchia razza originaria dell’alta Valle dell’Isonzo (Plezzo è il nome italiano di Bovec) che un tempo brucava e produceva grandi quantità di latte nella valle. In Friuli è considerata una razza rara, così, in contro tendenza, Kaspar ha deciso di acquistarne diversi capi.

Oggi ne possiede un piccolo gregge, di venti unità, che s’implementa sempre più, grazie all’impiego di prodotti naturali per l’alimentazione. A rendere originale questa pastorizia è l’usanza di non ricorrere mai alla mungitura, tutto questo per preservare il latte di pecora per la crescita degli agnelli. Fanno parte della fattoria anche due asinelle, Tire (la madre) e Mole (la figlia) che hanno saputo adattarsi all’aspro terreno di montagna. Inoltre, per compensare la mancanza di api nel territorio sono state installate diverse arnie in legno per l’apicoltura, dove vengono allevate tra 5 e 10 famiglie di api della razza carnica.

Ma “Tiere Viere” è sopratutto un programma di sviluppo sostenibile nel settore agro-alimentare che attrae e seduce i turisti austriaci e tedeschi, offrendo la possibilità di vivere a stretto contatto con la natura. Un progetto di valorizzazione della natura e sviluppo della comunità locale, che dimostra l’importanza dell’agricoltura biologica.

Per salvare la “vivibilità” della valle “Tiere Viere” offre un servizio agrituristico a stretto contato con la natura, (l’azienda ha una decina di posti letto), oltre a proporre visite guidate nel territorio.

 

Info:

Kaspar Nickles – Marina Tolazzi

Drentus 4 (Dordolla – Val Aupa) 33015 –  Moggio Udinese 

Tel. 0433 51063 – 334 3953313, kaspar@tiereviere.net, www.tiereviere.net

Visited 1 times, 1 visit(s) today
Condividi